Corriere dello Sport

Gasp: «Non firmo per il terzo posto»

«Con la Roma poteva nascere qualcosa, ma amo troppo l’Atalanta All’Olimpico sarà dura la Lazio è fortissima»

- Di Andrea Ramazzotti

Domani pomeriggio Gian Piero Gasperini torna all’Olimpico per affrontare la Lazio dopo la finale di Coppa Italia dello scorso 15 maggio. Per il tecnico di Grugliasco non sarà una gara qualsiasi perché quella notte di 5 mesi fa un rigore e un’espulsione non concessi alla sua Atalanta spensero il suo sogno di regalarsi il primo trofeo della carriera.

Domani pomeriggio Gian Piero Gasperini torna all’Olimpico per affrontare la Lazio dopo la finale di Coppa Italia persa lo scorso 15 maggio. Per il tecnico di Grugliasco non sarà una gara qualsiasi perché quella notte di 5 mesi fa un rigore e un’espulsione non concessi all’Atalanta spensero il suo sogno di regalarsi il primo trofeo della carriera e di far impazzire di gioia la città che ama. Quel penalty non visto da Banti e ignorato pure dal Var gli ritornano spesso in mente, più del mancato matrimonio con la Roma. E se non ha rammarichi per aver continuato la sua esperienza a Bergamo e aver detto no a Pallotta, quella finale di Coppa Italia conclusa in modo tanto amaro è un sassolino che difficilme­nte uscirà dalla sua scarpa per un po’ di tempo.

Gasperini, iniziamo da quell’Atalanta-Lazio 0-2. «Rivedendol­a non è stata una grande partita. Le due squadre si sono annullate e il match poteva risolversi, come poi è successo, solo per un episodio. Il gol di Milinkovic ha rotto gli equilibri, ma loro non hanno fatto meglio di noi né viceversa».

Tenta di dribblare l’argomento più spinoso?

«Se si riferisce al rigore, non dribblo niente. Quell’episodio sarebbe stato pesante come un macigno nell’economica dell’incontro. Non mi sembrava un’azione che potesse prestarsi a nessuna interpreta­zione da tanto che era chiara, ma sono comunque riusciti a sbagliare: era al 100% rigore ed espulsione. Il Var ha dimostrato tutta la sua potenza individuan­do l’episodio, ma poi non è stata presa una decisione che poteva determinar­e una svolta nell’assegnazio­ne del trofeo».

Quante volte ha rivisto il mani di Bastos in area?

«Nessuna. Ho guadato le immagini una volta e mi è stata sufficient­e. Non avevo dubbi io». E così le hanno portato via il primo trofeo della carriera... «L’amarezza per non aver vinto è mitigata da quell’episodio. Mi fermo qui, è meglio».

Che Lazio ritroverà domani? Più o meno forte?

«Da diverse stagioni la Lazio è un’ottima squadra. Tare è stato bravissimo a individuar­e e acquistare giocatori non conosciuti, ma di altissimo valore. Affrontere­mo una formazione che non è riuscita recentemen­te a entrare in Champions, ma io l’ho sempre considerat­a tra le più forti».

Se potesse toglierle un elemento chi scegliereb­be?

«Loro di giocatori bravi ne hanno tanti, soprattutt­o in attacco. Come fai a dire un solo nome tra Immobile, Correa, Milinkovic e Luis Alberto?».

Intervista­to dal Corriere dello Sport-Stadio, il presidente Lotito ha chiesto a gran voce di tornare in Champions. «Secondo me può essere l’anno buono, ma la Lazio ha sempre lottato per questo obiettivo».

Che partita si aspetta? «Quando si sfidano due formazioni di questo valore è complicato anticipare che tipo di incontro può venir fuori. Giocare sul loro campo non è facile perché all’Olimpico per fare risultato bisogna esprimersi al meglio. Dovremo essere bravi a fare un’ottima gara e a metabolizz­are in fretta la sosta e un po’ di inevitabil­e “ruggine”».

La partita con la Lazio per lei poteva essere… un derby.

«Con la Roma poteva nascere qualcosa se non ci fosse stato un amore grande già in corso da tempo come quello tra me e l’Atalanta. Le persone che lavorano alla Roma mi sono piaciute moltissimo: di loro ho grande stima e sono certo che faranno un grande lavoro alla guida del club gialloross­o. Ho parlato con loro, ma ero legato felicement­e alla mia società e a Bergamo. Per questo non è stato possibile sviluppare nessun discorso».

Ha mai traballato di fronte alla prospettiv­a di andare in una grande come la Roma?

«No, mai, anche perché il discorso si è fermato subito. C’era l’interesse da parte loro, ma da parte mia non esistevano le condizioni per andarmene da qui. A Bergamo sono a casa».

Un anno fa ci disse che l’Atalanta era il suo top club e che doveva arrivare una proposta super per farle cambiare squadra. Si sente di ripetere la stessa cosa? «Sì perché il rapporto si è cementato ancora di più. Ci sarebbero piazze stimolanti dove lavorare, ma il mio legame con i colori nerazzurri negli anni si è cementato sempre di più. Mi sento molto gratificat­o da lavorare qui e devo tanto a Bergamo. Questo senso di riconoscen­za mi spinge a fare sempre di più: di fronte all’amore di questa città e di questa tifoseria sono in debito».

Il presidente Percassi ha parlato di obiettivo salvezza, ma, a -3 dalla Juventus capolista, qualcuno a Bergamo sogna lo scudetto. Qual è la via di mezzo? «Non c’è una via di mezzo. Siamo all’inizio del campionato ed è presto per capire i reali valori. Siamo partiti bene e questo è positivo, ma il terzo posto attuale significa poco se visto nell’ottica di un’intera stagione. Un primo bilancio potremo farlo solo dopo Paratici pochi giorni fa ha detto che l’Atalanta può fare come il Leicester.

«Ci ha voluto fare un compliment­o però sa benissimo che nella corsa scudetto l’unica avversaria della Juventus è la Juventus stessa».

La favola Leicester in Italia, dunque, non è ripetibile? «Non è ripetibile in nessuna parte del mondo altrimenti non sarebbe una favola. Noi comunque non abbiamo l’idea di essere il Leicester italiano: i nostri pensieri sono più concreti e immediati. Da cose positive nascono altre cose positive e i successi di questi anni lo dimostrano. Il presidente dice che l’obiettivo deve essere la salvezza e ha ragione perché quello è il primo step per poi puntare più in alto. Dire ciò che ha detto lui non significa non avere ambizioni, ma testimonia che i piedi di tutti noi sono ben piantati a terra».

Parla anche di quel che è stato: «Con la Roma poteva nascere qualcosa, ma era già in corso un altro amore. Sono in debito con Bergamo, farò sempre di più»

Firmerebbe per un altro terzo posto?

«Io non firmo mai niente. Con questo non voglio sottintend­ere che un altro terzo posto non sarebbe un risultato straordina­rio, ma conquistar­e un traguardo così sul campo mi piace di più che ottenerlo… con una firma. Sul campo questa città, questa società e questi ragazzi si sono tolti negli anni soddisfazi­oni uniche e lì vogliamo continuare a gioire».

Come ci si sente a essere cittadino onorario di Bergamo?

«E’ una bella sensazione quando tutti ti vogliono così bene».

Che voto darebbe all’inizio di stagione dell’Atalanta?

«Un voto eccellente. Abbiamo raccolto 16 punti in 7 partite, segnato 18 gol e il gioco è stato in crescendo. Purtroppo ci rimane il neo della Champions».

Ad agosto il girone con Shakhtar Donetsk e Dinamo Zagabria autorizzav­a a sognare e invece… «La prima a Zagabria l’abbiamo persa nettamente e la seconda a San Siro immeritata­mente, ma la Champions ci sta dando qualcosa a livello di crescita: è un’esperienza che ci porteremo dietro in campionato e, come l’Europa League di due anni fa ha fatto maturare il gruppo, vedrete che quest’avventura contro grandi

«La Lazio è forte: può lottare per la Champions Noi finora bene in campionato meno in Europa»

«Ha giocatori bravi soprattutt­o in avanti Immobile, Correa, Milinkovic e Luis Alberto: non saprei chi toglierle...»

«Zapata fermo? Spero finisca questo “scempio” delle nazionali Meglio le partite in un’unica sosta»

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L’INTERVISTA
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