Ancelotti-ADL santa alleanza in casa Napoli
Ore 18, c’è il Verona. Carlo: Dal presidente parole di chiarezza, lotteremo per il titolo
Per fortuna, poi, si può rimettere la palla al centro: ed è una sensazione gradevole, la scorgi nelle espressioni gioiose. Si gioca, ma sul serio, mica più con le parole, e in un clima che sa di nuovo, in cui ancora s’avverte la spruzzata d’una severa paternale ch’è servita per ripulire il Napoli nella testa, sgomberandola dal rischio d’una pericolosa “ipocrisia” e d’un avvolgente, gigantesco equivoco intorno ad Ancelotti. I vincenti si riconoscono alla partenza, disse Noodles in “C’era una volta in America”: e da Ancelotti, onestamente, non ci si può aspettare che vi dica d’essere «andato a letto presto», in questi ultimi venti anni. Né in questi recentissimi quindici giorni. Il Napoli c’è ancora, è ancora lì.
IO E DELA. Il contratto decennale può aspettare, mica c’è fretta, perché ora Ancelotti sa bene che non c’è altro tempo da perdere: c’è Napoli-Verona e chi si ferma, non chi firma, è quasi perduto. «Io ho un ottimo rapporto con Aurelio, ho sentito della sua idea di contratto decennale ma la priorità, adesso, è il ciclo di partite che andiamo ad affrontare. Le parole di De Laurentiis vengono dal cuore: è stato molto diretto con alcuni calciatori, ma tutto ciò è servito per chiarire alcuni aspetti, dopo quindici giorni in cui qualcuno ha tirato fuori un po’ di frottole».
IO E INSIGNE. Altro che poco brillante, a Genk: quella sera, in Belgio, ci fu un’analisi più ampia su Lorenzo Insigne, sulla sua condizione, sul suo rigore comportamentamentale, che ha spinto Raiola a presentare a Castel Volturno. Però è passata. «Lorenzo ha fatto un ottimo inizio di stagione, poi ha avuto un attimo di sbandamento. E glielo ho fatto capire questo con un gesto forte come la tribuna di Genk. Per me, quando è sereno ed è allegro, è un giocatore di fondamentale importanza; quando è ombroso, invece, non tira fuori le sue potenzialità. Io mi aspetto da tutti qualcosa in più».
IO, MERTENS E CALLEJON. Questo, volendo, può sempre esser un paese per “vecchi”, ma saranno loro, i trentatreenni Callejon e Mertens a deciderlo: «Dei loro rinnovi si parla da tempo, ma il rendimento di entrambi è sempre stato notevole. Il Napoli ha la volontà di tenerli».
IO E LE CRITICHE. Bisogna viverla, Napoli, nelle sue esasperazioni, a volte sull’orlo del catastrofismo dal quale Ancelotti si tiene lontano: «Tutto questo dramma non lo vedo. Alcune critiche mi sono sembrate eccessive e persino inventate. Abbiamo espresso livelli di gioco molto alti con il Liverpool e mostrato un’identità chiara sempre. C’è stato un solo infortunio muscolare, quello di Maksimovic, e poi una serie di piccoli fastidi».
MILIK E YOUNES: Milik si scalda, Younes si carica: c’è la luce in quel tunnel nel quale il polacco ci è finito per problemi fisici e il tedesco ci si era infilato da solo, insorgendo a modo suo, quasi estraniandosi. «Milik sta bene, ha bisogno di giocare, è stato fuori un mese per problemi al retto addominale. Younes si è allenato molto bene e ha la possibilità di giocare certamente. E anche lui aveva avuto un periodo un po’ così: ma chi non è reattivo in settimana poi in campo non ci va, come si è visto. Questa è una regola».
NOI, LA JUVE E L’INTER. Sei punti dalla Juventus, cinque dall’Inter, tre dall’Atalanta: e se ne sono andate solo sette giornate, che lasciano Ancelotti (quasi) indifferente. «Il ritardo non mi preoccupa, bruciano i tre punti con il Cagliari e i pareggi di Genk e Torino, dove però non so in quanti riusciranno a vincere, onestamente. La gara con il Verona non è una questione di vita o di morte, ma dobbiamo vincerla. E cominciare a dare continuità ai nostri risultati. La voglia di lottare per lo scudetto ci sarà fino alla fine, non si discute. Come in Champions, dove vogliamo restare primi nel girone».