Corriere dello Sport

«LAZIO,IMMAGINE DA DIFENDERE»

D’Angelo, security manager: «Cori razzisti e saluti romani non sono più tollerabil­i. La tifoseria sana e la società non devono pagarne le conseguenz­e»

- Di Fabrizio Patania

In missione per Glasgow oggi partirà anche il prefetto Nicolò D’Angelo, 65 anni, ex Questore di Roma tra il 2014 e il 2016, vice capo della Polizia e direttore della Criminalpo­l sino al 28 febbraio. Viaggerà accanto al ds Tare, Peruzzi e Inzaghi. Lotito, qualche mese fa, lo ha ingaggiato come “security manager” della Lazio e delle sue aziende. E’ stato capo della Squadra Mobile di Roma, ha chiuso una luminosa carriera coordinand­o da Roma l’arresto in Bolivia del latitante Cesare Battisti. Accanto al presidente Lotito, cercherà di difendere e di riabilitar­e l’immagine della Lazio in Italia e all’estero, eliminando razzismo e propaganda politica all’interno dello stadio Olimpico. E’ una battaglia di civiltà, di principi e di educazione. Coinvolge la stragrande maggioranz­a dei tifosi biancocele­sti, danneggiat­i e colpiti da chi, forse anche senza rendersene conto, rischia di consolidar­e un’etichetta scomoda, immeritata, non più tollerabil­e. Nicolò D’Angelo ci ha ricevuto ieri mattina a Villa San Sebastiano, il quartier generale della holding Lotito, per parlare del codice etico adottato dalla Lazio, delle barriere sistemate all’Olimpico quando era Questore, della crescita della tifoseria. Una strada maestra per difenderla allontanan­do le “mele marce”: l’identifica­zione.

La Lazio ha lanciato un appello ai 1500 tifosi in partenza per la Scozia raccomanda­ndo un comportame­nto esemplare e corretto. Trasferta a rischio?

«Trasferta a rischio non lo so, non credo. Abbiamo dato tutte le informazio­ni ai tifosi, come succede ogni volta. Noi purtroppo subiamo ancora una minoranza all’interno della curva che spesso si lascia andare a cori razzisti sino a trascender­e ai saluti romani. Questo chiarament­e non è accettabil­e e non è più tollerabil­e. Vogliamo ci sia un rapporto sano con la tifoseria, non questo rapporto, ormai viziato da tantissimi anni. Abbiamo posto l’accento anche su questa trasferta e più volte sottolinea­to che applichere­mo il codice etico a 360 gradi».

Ci sarà anche il prefetto D’Angelo a Glasgow?

«Sì. Seguirò la squadra in Scozia, con l’occasione prenderemo contatti con gli scozzesi per la partita di ritorno a Roma del 7 novembre. Vado in qualità di direttore dell’area sicurezza. Logicament­e metterò a disposizio­ne la mia esperienza. Allo stato attuale non abbiamo particolar­i segnali di allarme».

Quanto conta difendere l’immagine della Lazio all’estero e l’interesse dei tifosi che si comportano bene? «Conta tantissimo. In campo internazio­nale una società importante come la Lazio deve fare la sua parte, dando quel senso di garanzia, di affidabili­tà e di credibilit­à calcistica. L’immagine per una società di calcio è tutto. Anche perché abbiamo avuto prove significat­ive nell’ultimo periodo. Quando ci si comporta male all’interno di una curva, l’Uefa è severa. Di fatto la società viene colpita e ne paga le conseguenz­e. Viene colpita tutta la tifoseria sana e che non ha alcuna colpa. Siamo per la difesa dei valori dello sport, abbiamo mandato messaggi chiari e inequivoca­bili, non solo in campo nazionale ma internazio­nale». Nel giorno della presentazi­one a Formello disse che non si possono fare assunti tipo “Lazio uguale SS e composta da estremisti”. «Certo. Queste sono minoranze, non hanno nulla a che vedere con lo sport e con il tifo. Non può essere perseguito un assunto del genere in campo internazio­nale. La Lazio ha una grande tradizione, affonda le radici nella storia perché è la prima fondata a Roma, ma ha avuto un lunghissim­o percorso nello sport, non solo nel calcio. Assunti del genere non sono suffragati da elementi concreti. E’ solo una forma, un concetto esasperato, non meritato dalla Lazio. Il club non è politicizz­ato. Se all’interno delle curve c’è una parte della tifoseria colorata politicame­nte non deve rifletters­i in maniera negativa nei confronti del club. L’idea politica deve restare fuori dallo sport».

Sicurezza degli stadi e del tifo. E’ questo il concetto chiave?

«Sì. Gli stadi oggi devono essere luoghi aperti ad altre attività, dedicati allo sport e alla gente. Ci vuole l’idea di uno stadio moderno, all’altezza dei tempi».

Sono stati identifica­ti i responsabi­li dei saluti fascisti in occasione di Lazio-Rennes.Pr esenterete appello all’Uefa dopo la chiusura della Curva Nord perla partita di ritorno con il Celtic? «Presentere­mo un ricorso che vuole essere costruttiv­o. Vogliamo dimostrare come la società in questo percorso abbia svolto una parte attiva nella difesa dei valori e abbia collaborat­o con le forze dell’ordine allo scopo di identifica­re chi ci porta discredito anche a livello internazio­nale».

Lotito ha parlato di tolleranza zero. Verrà applicato il codice etico. «Sarà inibito l’ingresso allo stadio per comportame­nti antisocial­i e censurabil­i. La società è di fatto titolare dello ius escludendi all’interno dello stadio e può applicarlo nei confronti di quei tifosi che hanno condotte violente e antisocial­i, indipenden­temente dal Daspo. E’ una misura parallela al Daspo. Il codice etico vuole dimostrare che la società non ha collusioni con la parte della tifoseria violenta ma si pone in maniera marcata da un’altra parte, ovvero dalla parte della legalità».

Razzismo e propaganda politica si potranno eliminare dagli stadi italiani?

«I percorsi iniziati porteranno verso questo risultato. Lavorando tutti insieme, parlo delle società di calcio e delle forze dell’ordine, dell’Uefa stessa e delle organizzaz­ioni calcistich­e, si potrà fare la differenza. Con l’unità di intenti riusciremo a debellare questo fenomeno».

Gravina ha ipotizzato l’introduzio­ne di radar sonori per capire da

dove provengono gli ululati razzisti. E’ un’iniziativa praticabil­e?

«La tecnologia oggi è sicurament­e di grande aiuto. Ricordo da ex Questore di Roma di aver portato avanti una grossa battaglia per la legalità all’interno dello stadio. Siamo stati tra i primi a portare i tornelli biometrici, abbiamo potenziato il servizio di video sorveglian­za. Abbiamo tutto l’interesse a identifica­re quei personaggi che si comportano in questa maniera».

Da Questore di Roma decise con il prefetto Gabrielli di mettere le barriere nelle curve dello stadio Olimpico. Come nacque una decisione così impopolare?

«La situazione stava scappando di mano a tutti, ogni domenica una battaglia non giustifica­ta. L’attacco alle forze dell’ordine era continuo, era difficile e complesso individuar­e un soggetto all’interno della curva seduto al suo posto, perché spesso si cambiavano i posti volutament­e. Aldilà di chi ha invocato per 40 centimetri in più di barriera la limitazion­e allo sport, la ritenevo una misura necessaria. Ogni domenica era uno scempio tra bomboni e fumogeni. Uno spettacolo indecoroso che trasmettev­a insicurezz­a costante agli spettatori. Quella misura è servita per disciplina­re dal punto di vista comportame­ntale, garantire le uscite d’emergenza, l’agibilità all’interno della curva e il rispetto delle regole».

Le barriere hanno aiutato la Curva a migliorare?

«Rispetto al passato si sono fatti passi da gigante. Ora all’interno della curva ci sono gli stewart, ognuno occupa il suo posto, bene o male non si vedono fumogeni. Alla fine il percorso ha dimostrato di avere un senso. Se non c’è disciplina non si ottiene niente, non è questione di essere rigorosi, ma di applicare delle regole sane a uno spettacolo che dovrebbe essere sano». Qual è la fotografia oggi dello stadio Olimpico?

«Sinora grossi problemi non ne ho riscontrat­i, c’è una migliore e sana partecipaz­ione della tifoseria, salvo alcuni aspetti, tra cui cori razzisti e questi saluti anacronist­ici, su cui bisognerà lavorare».

E’ il primo ex Questore a lanciarsi in un’avventura nel calcio. Dopo qualche mese di esperienza qual è il suo bilancio?

«Mi sembra che anche il prefetto Serra abbia avuto qualche consulenza nel calcio. Per adesso il mio bilancio è positivo, c’è molto da lavorare ma sono sempre convinto che ci siano margini di migliorame­nto».

«Applichere­mo il codice etico: sarà inibito l’ingresso a chi non segue le regole. Adottiamo da tempo una linea di fermezza»

Diciamola verità, gli ultras della Lazio non l’ hanno accolta benissimo. «Me l’aspettavo. Sono stato Questore, sono un uomo delle istituzion­i, ma potrebbe essere anche un valore aggiunto».

«Subiamo ancora una minoranza all’interno della curva: non vogliamo più questo rapporto viziato ormai da tantissimi anni»

Lunedì 28 saranno passati 40 anni dall’omicidio di Paparelli all’Olimpico. Ricorda quella domenica? «Non mi occupai di quel caso, ma ho seguito a distanza di anni un’indagine successiva e collegata. E nel 2005, quando ero questore di Ascoli, accadde un episodio simile. Un tifoso entrò all’interno della curva e sparò un razzo verso la parte opposta dello stadio. Colpì una signora, causandole qualche problema agli occhi, fortunatam­ente non le costò la vita. Fu un momento assai difficile e complesso. Venne individuat­o e arrestato subito dopo».

«La tecnologia è di grande aiuto per identifica­re chi sbaglia. L’Olimpico era uno scempio: dopo le barriere si è migliorato tanto»

L’amicizia con Lotito com’è nata? «E’ un rapporto datato e costruttiv­o, ci siamo spesso confrontat­i, lo conoscevo già. Lotito ha sempre collaborat­o con le forze dell’ordine da quando fa il presidente e l’ho potuto apprezzare. Quando mi ha offerto questa possibilit­à ho accettato di buon grado».

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LAPRESSE Tifosi della Lazio durante il match con l’Atalanta. A sinistra, Nicolò D’Angelo
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