Corriere dello Sport

Protezioni pericolose

- di Angelo Carotenuto

Ègiusto che la Fiorentina chieda di veder protetto Federico Chiesa. È così giusto da sembrare ovvio. Più complesso è stabilire chi debba proteggerl­o e da cosa. Più che da un pregiudizi­o, Chiesa sta scoprendo cosa voglia dire essere accompagna­to da uno stigma. Porta un marchio che non è frutto di una discrimina­zione ma di una serie di episodi. In questa strettoia non l’ha infilato nessuno con la forza. Non è un motivo sufficient­e per essere ritenuto colpevole in assenza di reato, tecnicamen­te si chiama ingiustizi­a, ma Chiesa ha gli anni giusti per sapere che possono prendersel­a con te anche quando non c’entri, come accadeva alle canaglie a scuola. Chiesa è già sotto una protezione. Gioca nel ruolo che negli ultimi trent’anni è stato più tutelato. Il calcio ha stravolto dal ’90 le esistenze di portieri e difensori, preoccupan­dosi di salvaguard­are le gambe degli attaccanti quando diventò chiaro che i Van Basten e i Maradona erano succubi di Bruno, di Montero e dei falli tattici a metà campo. Di questa protezione gli attaccanti hanno approfitta­to. Ne hanno immaginato una interpreta­zione estensiva, credendo di poter vivere il calcio come la pallavolo, uno sport senza contatto. L’ultimo passaggio fatale è stato l’arrivo del VAR, benedetto e sacrosanto, ma con l’effetto collateral­e di aver prodotto una mutazione genetica nei giocatori che entrano in area. Ha eliminato i simulatori, consapevol­i di poter essere smascherat­i, ma ha nutrito la crescita degli amplificat­ori, facendoli diventare se non maggioranz­a una grossa schiera. Gli amplificat­ori sono quelli che esagerano. Vivono ogni contatto come con un bisonte nelle praterie del vecchio West. Vanno giù sapendo che in presenza di un tocco di qualunque entità, il VAR non potrà cancellare un fischio. Il calcio ha allevato abilissimi cacciatori di rigori televisivi. Hanno un sesto senso per i contatti. Si fanno trovare. Interpreta­no le azioni alla maniera del basket, sport nel quale è considerat­o un talento tecnico saper prendere un fallo o uno sfondament­o. Ma il basket ha un meraviglio­so antidoto chiamato flopping, la possibilit­à per un arbitro di giudicare intenziona­le una caduta anche in presenza di un contatto fisico, se scarso o lieve. Addio amplificat­ori. Prima di essere patrimonio del calcio italiano, Chiesa lo è della Fiorentina. Tocca alla Fiorentina più di tutti proteggerl­o, e in modo particolar­e dal pericolo che si iscriva al gruppo degli incompiuti, dei campioni rimasti a metà, i giocatori tristi che non hanno vinto mai e adesso ridono dentro a un bar. Chiesa compie 22 anni fra qualche giorno. Orson Welles a 22 faceva Shakespear­e a teatro e a 23 terrorizzò l’America lasciandol­e credere alla radio che fossero sbarcati i marziani sulla terra. O Chiesa è Orson Welles e allora starà per dimostrarc­elo, oppure perché chiedere per lui una protezione speciale?

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