LA GUERRA DELLE SCARPE
I prodotti hi-tech della Nike stanno rivoluzionando il mondo del running, facendo guadagnare 4’-5’ sui 42 km. E’ scontro tra puristi ed evoluzionisti L’impresa di Kipchoge, che ha corso la maratona sotto le due ore, e il record mondiale della Kosgei fann
L’ ultima frontiera dell’atletica? Le scarpe super hi-tech di ultima generazione della Nike, con le quali lo scorso 12 ottobre a Vienna il keniota Eliut Kipchoge ha frantumato, con l’aiuto di 41 lepri, il muro delle 2 ore nella maratona, correndo in 1h59’40” a una media fantastica di 21,156 k/h. Il prototipo che ha messo le ali ai piedi del già primatista mondiale ufficiale della distanza, uscito dai laboratori di Beaverton, in Oregon, si chiama AlphaFLYs e ha caratteristiche rivoluzionarie, che già fanno discutere sulla legittimità della ricerca applicata allo sport più naturale: la corsa. Anche perché il giorno dopo l’impresa di Kipchoge, nella maratona di Chicago, un’altra keniota, Brigid Kosgei, demoliva di quasi un minuto e mezzo il vecchio limite della britannica Paula Radcliffe, che resisteva da oltre sedici anni, correndo in 2h14’04” con ai piedi un altro “bolide” Nike, le Vaporfly Next%.
I due eventi, associati all’evoluzione tecnologica delle scarpe, hanno sollevato interrogativi circa l’etica e i limiti normativi del loro utilizzo, riproponendo quanto già vissuto nel nuoto una decina d’anni fa con i famosi costumi interi in poliuretano. Senza dimenticare però i travagli dei puristi quando, per restare all’atletica, si passò dalle piste di tennisolite al tartan, dalle aste di bambù a quelle in carbonio, dalle scarpette con quattro chiodi fissi a quelle avvolgenti con micro tacchetti.
Qualcuno, forse esagerando, ha evocato il “doping tecnologico”. Altri, più semplicemente, si sono interrogati sull’utilità di limitare la ricerca di prodotti sempre più evoluti che, nei limiti dei regolamenti, possano favorire in egual misura le prestazioni di milioni di podisti, non solo quindi dei big, assicurando allo stesso tempo una maggior protezione da infortuni, con un minor logoramento muscolare e articolare rispetto a calzature d’altri tempi.
BOLIDI. Le scarpe utilizzate da Kipchoge a Vienna sono l’ultima evoluzione di un modello prodotto la prima volta nel 2016. Dal look un po’ bizzarro, hanno una suola che al tallone raggiunge uno spessore di 44 millimetri, circa 8 in più di quello della pianta. Quindi uno spessore di 36 mm, contro i 31 delle scarpe da running più comuni. Al suo interno tre lamine di carbonio e due cuscinetti d’aria. La cui funzione è quella di incrementare l’energia “di ritorno” ad ogni appoggio e armonizzare la falcata. Il materiale della suola è in Pebax, un composto di resina ultraleggero. I “bolidi da maratona” pesano solo 180 grammi e dal prossimo anno saranno disponibili al pubblico a un prezzo di 275 euro.
Uno studio elaborato nel 2018 dal “New York Times”, paragonando centinaia di prestazioni cronometriche, ha suggerito un incremento della prestazione sui 42,195 km del 3-4%. Il che equivale per un maratoneta da 2h05’ a un vantaggio dai 4 ai 5 minuti. Mentre per un buon “amatore” il miglioramento sarebbe tra i 6 e gli 8 minuti. Nelle caratteristiche tecniche brevettate dalla Nike, gli scienziati dell’Oregon fanno riferimento a un margine della prestazione del 3%. «All’inizio ero scettico su questi benefici, poi mi sono dovuto ravvedere», ha dichiarato al “New York Times” il professore Ross Tucker, direttore delle rivista “The Science of Sport”.
Le nuove scarpe che fanno volare difficilmente saranno messe al bando dalla Iaaf. «Qui non si sta discutendo di scarpe al cui interno c’è il supporto di un motore, come accaduto con le bici nel ciclismo - scrivono sul “Guardian” di Londra gli studiosi di biomeccanica Goeffry Burns e Nicholas Tam - E’ sufficiente seguire le indicazioni suggerite dal “British Journal of Sports Medicine”: limitare lo spessore della suola a 31 millimetri, assicurandosi così che la scarpa resti solo un accessorio della competizione fisiologica».
Ad agitare però il mondo delle maratone sono le statistiche: le cinque prestazioni più veloci della storia sono state tutte conseguite negli ultimi 13 mesi da atleti con le super-scarpe di nuova generazione.
Lamine in carbonio e cuscinetti d’aria il segreto del modello usato da Kipchoge