Nel tempio delle regole dove in otto decidono che ne sarà della passione
Guardiano delle Leggi del Gioco: così si autodefinisce un organismo più antico della federazione mondiale
trario. E quasi per annunciare a chi legge che questa è la frontiera dell’indeterminatezza e dell’arbitrio, fa precedere il suo ragionamento dalla locuzione avverbiale «di solito». Come dire che di solito accade questo, e talvolta accade il contrario.
Di solito - dice il regolamento all’interno della parte evidenziata in fucsia, che disciplina le ipotesi di fallo di mani colposo «le suddette infrazioni si concretizzano anche se il pallone tocca le mani/braccia del calciatore provenendo direttamente dalla testa o dal corpo (compresi i piedi) di un altro calciatore che è vicino». Il lettore tenga bene in mente le parole qui riportate tra virgolette: l’ipotesi contemplata è quella del rigore concesso alla Fiorentina contro il Napoli alla prima giornata: c’è Zielinski che stoppa il pallone con il fianco e allarga le braccia per tenersi in equilibrio, arriva Castrovilli che lo anticipa con il ginocchio e spinge il pallone contro le braccia dell’azzurro. E’ rigore? Per la Sibilla non ci sono dubbi: sì. Anche se, come documenta il fotogramma del Var, tra il ginocchio di Castrovilli e le braccia di Zielinski ci sono meno di trenta centimetri e in mezzo c’è il pallone: è cioè impossibile per il centrocampista del Napoli sottrarsi al contatto.
Ma poche righe più in giù la Sibilla ci ha già ripensato. E quasi a volersi scusare di tanta volubilità fa precedere ancora una volta il suo ragionamento dalla parolina magica: «Di solito». Di solito non è un’infrazione - spiega nel testo del regolamento evidenziato in verde nel grafico se il pallone che tocca le mani/ braccia del calciatore «proviene direttamente dalla testa o dal corpo (compresi i piedi) di un altro calciatore che è vicino». Il lettore adesso confronti il testo in fucsia e il testo in verde del grafico qui sopra: coincidono letteralmente. Ma il primo è posto sotto la dicitura «E’ un’infrazione», il secondo sotto la dicitura «Non è un’infrazione». Come la mettiamo? La mettiamo «di solito», verrebbe da dire. Questo è il calcio nel 2019. Nella torre
Brescia-Fiorentina 0-0 (8ª giornata) eburnea di Londra, gli otto saggi della Sibilla hanno decretato la morte del principio di non contraddizione, con buona pace di Aristotele. E questo verdetto risuona tra l’Australia e l’Argenti
In Europa League na passando attraverso l’Atlantico.
Caro lettore, se avrai avuto la bontà di seguirci fin qui, ti converrà leggere l’intero testo del nuovo articolo 12 sul fallo di mano, riportato nel grafico, e soprattutto le chiose evidenziate in arancio. Potrai constatare che, nel tentativo di conciliare l’inconciliabile, la Sibilla fornisce alternativamente criteri interpretativi colpevolisti e assolutori, da utilizzare per sostenere una tesi o piuttosto il suo contrario. Sembra quasi che siano usciti da una mente diabolicamente al passo con i tempi e consapevole che il più efficace carburante di qualunque iniziativa umana è la polemica. Queste regole sono fatte per moltiplicare i rigori, ma soprattutto per dividere i tifosi, i club, i giornalisti, gli arbitri stessi. Che poi a farne le spese sia proprio la segreta bellezza del calcio è circostanza sulla quale forse si dovrà prima o poi riflettere. Magari tirando fuori un po’ di coraggio e di iniziativa: piuttosto che difendere regole indifendibili, usando parole di verità.
L’
Ifab è un luogo-simbolo che custodisce tutto il sapere del/sul Calcio - esattamente come la biblioteca della famosa abbazia del “Nome della Rosa” dove frate Guglielmo da Baskerville cerca per noi la Verità. Considerato che la conoscenza è potere, ne deriva che sul mondo del calcio regna un governo-ombra composto di sole otto persone. Tutti uomini, facce non riconoscibili, cravatte intonate alla camicia. E l’enorme potere di decidere. Tutto. Il regolamento è nelle loro mani. Apportano innovazioni (poche), smontano rivoluzioni (il Potere è per sua natura conservatore), determinano la nostra passione («E’ rigore!», «No!»), indirizzano - soprattutto - flussi di denaro, che poi la Fifa provvederà a smistare nel mondo.
Ifab sta per International Football Association Board. E’ l’origine di tutto. Prima riunione a Londra, 2 giugno 1886, in Holborn Viaduct. Per capirci: siamo agli albori del calcio, che all’epoca si gioca solo da quelle parti. La prima squadra italiana - il Genoa Cricket and Football Club nascerà sette anni dopo (1893). La Fifa prende forma a Parigi nel 1904. E per prima cosa che fa? Adotta il regolamento stabilito dall’Ifab. Cioè: si mette in mani sicure. La sede attuale è a Zurigo. L’organismo si compone di otto membri, quattro delle federazioni calcistiche del Regno Unito (Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord) e quattro nominati dalla Fifa. Occhio, però: ogni modifica deve essere approvata con sei voti. E quindi: se la Fifa non è d’accordo non si fa nulla (servono almeno due voti), ma la Fifa da sola (con i suoi quattro voti) non può fare nulla. Ergo: la Fifa è l’ago della bilancia, ma la bilancia è dell’Ifab.
Due riunioni all’anno, una a marzo, l’altra a novembre. Da qualche anno ci sono anche due commissioni interne, una tecnica, formata da ex arbitri ed esperti (per la Fifa ci sono anche Collina e Busacca) e una calcistica, composta da ex giocatori e tesserati (tra di loro Nakata per l’Afc, Mboma per la Caf, Maturana per il Conmebol, Figo per l’Uefa, Carolina Morace per la Fifa). Le due commissioni hanno però solo funzione di consultazione. Possono proporre cambiamenti, ma all’atto pratico non contano poi molto.
I CUSTODI DEL TEMPIO. Recita lo statuto ufficiale: «The mission of The Ifab is to serve the world of football as the independent guardian of the Laws of the Game». Ci siamo capiti: servire il calcio, in qualità di custodi delle leggi del gioco. Tira aria di templari, comunque di confraternita segreta; ma sarebbe un abbaglio considerarli cavalieri al servizio di qualche società segreta. Più semplicemente: sono i depositari del sapere. In centotrentatre
Regole scritte così moltiplicano i rigori e dividono: ne fa le spese la bellezza stessa del calcio
Quattro membri britannici e quattro nominati dalla Fifa Due riunioni all’anno
anni di dominio assoluto su regole e competizioni, l’Ifab ha apportato una manciata di modifiche nel perimetro delle 17 regole del calcio. Le più importanti riguardano fuorigioco, sostituzioni, retropassaggio al portiere, utilizzo dei cartellini e - ovviamente - la tecnologia (Var e affini). A lungo osteggiata, infine adottata tra il frusciare dei dollari.
Nel 1996 Sepp Blatter propose le “Porte giganti”, le voleva allargare di 50 centimetri (in larghezza) e 25 (in altezza) per «creare più divertimento». Fu respinto, tra le risate. Quando ad Alan McRae, presidente della Federazione Scozzese (Sfa) e membro Ifab, hanno chiesto se la linea dell’Ifab è conservatrice, il 71enne dal viso rubizzo e lo sguardo del marpione ha sfoderato il più straordinario sorriso del suo repertorio. Certo che lo è, il calcio è semplicità, ha risposto. Eppure: quando ce la prendiamo con i nostri arbitri, dovremmo sapere che - a generare il caos - sono stati questi otto signori, che - quando si parla di errori che comportano la revisione “on field review” e l’utilizzo del Var aggiungono l’aggettivo «evidenti» accanto al già noto «chiari», spostando una regola nel territorio dove tutto è opinabile, soggettivo, confutabile e perciò contestabile. Non lo fanno per un vezzo, o per imperizia. Ma per tenere fede alla prima regola del Potere: meno chiarezza c’è, più facile è comandare. Sappiate che il “Nome della Rosa” finisce con l’incendio nella stanza delle pergamene, tutto prende fuoco, la biblioteca è perduta, la Verità è cenere. Gli uffici dell’Ifab a Zurigo sono ignifughi,a prova di fuoco, di trasparenza e di rivoluzioni.