Napolemica Noi stiamo con Carlo
Frena in A ma vola in Europa non è tempo di pessimismo
A dispetto del caldo che, da queste parti, trascina l’estate nell’autunno, spira un maestrale infido sul Napoli, che rallenta in campionato e, tuttavia, corre in Champions come mai aveva fatto finora. Porta un freddo che deprime e divide, fatto di inutili rimpianti. Dietro i quali si legge in controluce la stanchezza di inseguire.
Delle due l’una: perché altrimenti il rischio di ritrovarsi con il cervello in fumo diventerebbe (pericolosamente) serio e bisognerebbe poi chiedere l’intervento di uno psicologo. C’è una squadra, ed è il Napoli, che in Champions League sta andando oltre: sette punti in tre giornate, due vittorie e un pareggio ovviamente e, manco a dirlo, nessuna sconfitta; una lezioncina al Liverpool, sarebbero i campioni d’Europa in carica, una serata un po’ così a Genk, poi la ribellione al destino e all’apatia a Salisburgo, soffrendo ma stando sempre avanti, rialzandosi dopo essere stato ripreso e poi fuggendo a braccia alzate. Ma c’è un’altra squadra, ed è sempre il Napoli, che in campionato barcolla, frena, s’inibisce: 17 punti, la peggiore espressione dell’ultimo quinquennio, un indicatore preoccupante - in una città che vive di calcio - quanto un fiammifero accesso al fianco d’una tanica di benzina piena. DOUBLE FACE. E succede: ma perché succeda, come e quando capiti di ritrovarsi con queste due facce dello stesso Napoli, diventa un tormento dell’anima anche per Ancelotti, che difende ciò che può e come deve il progetto e però, ragionevolmente, sa di dover affrontare questo processo rapidissimo d’involuzione calcistica che in quattro giorni, da Salisburgo a Ferrara, testimonia il paradosso.
MAI COSÌ. Il miglior Napoli di sempre, in Champions, dopo duecentosettanta minuti è questo e martedì prossimo, lo voglia il campo, potrà (potrebbe) persino qualificarsi agli ottavi di finale con due giornate di anticipo: gli basterebbe vincere e poi allungare uno sguardo al tabellone, per capire come sia finita tra Liverpool e Genk, e dovesse andare secondo pronostico, allora non resterebbe che industriarsi per contendere il primo posto ai Reds per provare a regalarsi un sorteggio migliore.
E ANCORA MAI COSÌ. Ma adesso che il pallone è stato risistemato dentro ai confini e la Spal s’è comportata assecondando la propria forza e le rispettabili debolezze, ed ha strappato con dignità un punto, il Napoli ha scoperto quanto sia stretto il campo e quanto sia contraddittorio il calcio: questa squadra che in Europa ha appena abbattuto un tabù, andando a vincere in trasferta dopo tre anni, in Italia va a sbattere contro i pali o comunque resta soffocata in una gabbia che tra Torino e Ferrara, gli ultimi due viaggi, gli ha offerto la miseria di due pareggini, quelli che nascondono in sé il vago sapore di una sconfitta e acuiscono i rimpianti per aver buttato via l'occasione d'avvici
narsi alla Juve, all'Inter ma anche all'Atalanta, la peggiore delle ospiti che potessero presentarsi subito al San Paolo.
IN RITIRO. Il Napoli autorevole e quello un po’ naif stasera se ne vanno in ritiro, uno insieme all’altro chiaramente, scelta dell’ultima ora che non ha (ovviamente) carattere punitivo ma insegue la possibilità di ritagliarsi spazio per guardarsi dentro, per calarsi in questa fase per far luce in se stesso e provare a rimuovere le ombre. Delle due squadre, ne basta semplicemente una.