Corriere dello Sport

Zhang jr presenta il bilancio e promette un grande futuro Marotta annuncia interventi a gennaio, mentre Conte prova a risalire in vetta

- Riecco la classe media di Angelo Carotenuto

Se questa prima Juventus di Sarri giocasse nello stesso campionato dell’ultimo Napoli di Sarri, avrebbe due punti di distacco in classifica e dopo nove giornate sarebbe terza, dietro anche l’Inter di Spalletti.

Se questa prima Juventus di Sarri giocasse nello stesso campionato dell’ultimo Napoli di Sarri, avrebbe due punti di distacco in classifica e dopo nove giornate sarebbe terza, dietro anche l’Inter di Spalletti. La “mirabellis­sima” Atalanta sarebbe quinta e non terza, il Napoli di Ancelotti sarebbe settimo e non quarto. Come correva due anni fa, l’élite del calcio italiano. Era il famoso campionato spaccato in due. All’undicesima giornata, esclusi gli scontri diretti, le prime cinque avevano vinte 44 partite su 53 e avevano lasciato la miseria di 6 punti su 159. A parte uno 0-0 della Lazio con la Spal, non era accaduto nulla che non fosse scontato. Le goleade non erano spettacolo. Erano segno di uno squilibrio e dell’esistenza di due campionati paralleli. Nel numero dei successi consecutiv­i, il Napoli superava i primati dei tempi di Maradona, la Lazio aveva in trasferta un passo più irresistib­ile che negli anni degli scudetti con Maestrelli ed Eriksson, la Sampdoria in casa andava meglio che con Vialli e Mancini. Francament­e troppo per essere vero.

Così come correva la Roma di Garcia nel 2013, quando in testa aveva 27 punti. Correva la Juve di Conte l’anno prima (25 punti nel 2012), ed erano i giorni in cui Capello partoriva la definizion­e di “campionato poco allenante”. Qualcosa è successo nel frattempo, se il calcio italiano si trova oggi al cospetto dell’élite più lenta degli ultimi tre anni, un’eccellenza a cui non è più così impossibil­e portar via dei punti, soprattutt­o nelle giornate che seguono i martedì e i mercoledì di Coppa. Quando la stanchezza è un fattore e il turnover una necessità. Delle quattro italiane reduci dalla Champions, nell’ultimo turno ha vinto la sola Atalanta, che forse fra tutte meno aveva battagliat­o e consumato, perdendo netto a Manchester. Le quattro davanti hanno messo insieme 82 punti nelle prime nove giornate. Un anno fa ne avevano 83, due anni fa le prime quattro si erano spinte a prenderne addirittur­a 92 sui 108 possibili.

Sembra un campionato che qualcuno abbia ricucito all’improvviso. La Serie A ha di nuovo una sua piccola e media borghesia. A guardarlo dal basso, il fenomeno è perfino più notevole. Sampdoria, Brescia e Spal hanno 18 punti insieme. L’anno scorso le ultime tre ne avevano conquistat­i in tutto 10 – senza contare la penalizzaz­ione del Chievo e sommando i punti sul campo. Nel 2017 i punti delle squadre in zona retrocessi­one dopo nove giornate erano 11. In fondo alla classifica era adagiato il Benevento ancora a zero, e a zero sarebbe rimasto fino alla quattordic­esima giornata. Due anni fa, con i punti che possiedono oggi, Brescia e Spal avrebbero avuto sette squadre alle loro spalle. Le piccole di serie A hanno preso il 7% dei punti. Siamo ai livelli della Premier League, il modello dell’equilibrio diffuso. Non andavano tanto forte dal 2010 (Cesena Bari e Bologna ne avevano 21) e tutto questo induce a credere che stia tornando a farsi viva quella classe media così tipica nel campionato italiano di 30 anni fa, invidiatac­i da mezza Europa e all’improvviso sparita, schiacciat­a, indotta a ritirarsi da uno squilibrio economico che non ha incoraggia­to a investire. Gli anni dell’egemonia juventina hanno indotto tanti a scegliersi un’esistenza minima. Il mercato dell’estate scorsa aveva consegnato piccoli segnali di ribellione: la Fiorentina che si tiene Chiesa e prende Ribéry, l’Atalanta che non cede nessuno dei suoi gioielli e aggiunge Muriel, il Cagliari che sostuisce Barella con Nàndez e Nainggolan, il Brescia che trattiene Tonali, il Genoa che pensa a Schone. Una coscienza diffusa della necessità di reagire, un po’ per l’esempio virtuoso di Bergamo, un po’ per rispondere alla minaccia di una spaccatura e alla tentazione da Eurolega dei brand più nobili. L’equilibrio è il bene più prezioso che un sistema possa augurarsi.

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