VALENTINO FELICE «BRAVO LORENZO!»
Rossi ha lanciato Dalla Porta con il Team Sky VR46: «L’ho visto crescere, merita questa gioia» Si è formato in un kartodromo
Attraversando in auto la zona industriale di Montemurlo, poco fuori Prato, l’attenzione viene catturata da due particolari: le frequenze radio più potenti sono quelle dei network in mandarino, per la folta comunità cinese della zona, e il rumore di piccole moto che sfrecciano ad alta velocità. Impossibile, in teoria, e invece tra aziende e capannoni sorge il Geko, kartodromo costantemente in attività, con frotte di giovani piloti che sognano di correre sulle piste del Mondiale. E da domenica, quel sogno è ancora più forte, perché partire dal Geko per diventare campioni del mondo è possibile: Lorenzo Dalla Porta è la dimostrazione vivente.
IL PICCOLO RANCH. Il Geko sta all’iridato della Moto3 come il Ranch di Tavullia sta a Valentino Rossi: Lorenzo è padrone di casa, non soltanto perché qui si allena, ma è presente anche quando i più piccoli chiedono un consiglio su casco e abbigliamento tecnico. Del resto il kartodromo è del padre Massimiliano. «Il primo tifoso e il primo critico» come dice di se stesso Dalla Porta senior, ma anche il primo a mettere in moto Lorenzo. «La Beta da cross regalata per il quinto compleanno ebbe un primo effetto negativo: Lorenzo pianse. E di nascosto lo feci anch’io. Poi, però, le cose sono andate meglio e io, da appassionato di moto, non l’ho mai forzato. Negli anni, ho assecondato Lorenzo soltanto perché l’ho visto innamorato di quanto stava facendo».
Quel regalo veniva anche da nonna Nicoletta, ferrarista più che tifosa delle due ruote: lei, vero motore della famiglia a cui il nipote ha dedicato il numero di gara (48, come l’anno di nascita), è scomparsa da poche settimane. «E il primo pensiero dopo il titolo è stato per la nonna» aggiunge il campione.
I SACRIFICI. Papà Max è la figura centrale nella carriera di Lorenzo. I Dalla Porta sono da sempre legati allo sport: Max ha giocato a rugby, la sorella maggiore di Lorenzo, Deborah, è stata pallavolista e ha un fidanzato, Michel Galeotti, fresco di tricolore nel biliardo a nove birilli. Per Lorenzo la famiglia ha compiuto sacrifici enormi, a cominciare dall’operazione Geko, datata 2008 e atta a favorire la carriera da aspirante pilota.
Dalla Porta senior è stato fondamentale anche sotto il profilo psicologico: «Fu lui a tenermi tranquillo quando nel giorno decisivo per il Mondialino del CEV, sulla griglia di partenza la mia moto prese fuoco» ricorda il 22enne. «Ed è stato il babbo a darmi serenità in queste ultime settimane così difficili per la scomparsa della nonna». «Gli ho detto di parlare senza tenersi dentro le cose e rimuginare, come faceva in passato» racconta papà Max, il primo ad abbracciare il nuovo campione del mondo a bordo pista a Phillip Island. «L’anno scorso in Australia aveva gettato al vento un’occasione d’oro e al ritorno ai box gli avevo detto “bravo cog….e”, un modo per rimproverarlo e farlo sorridere al tempo stesso. Questa volta gli ho detto “bravo campione!”».
IL SALTO CON ROSSI. Nella sua crescita, Lorenzo non ha vissuto soltanto la gloria dei titoli in Italia (2012) e Spagna (2016), ma anche esperienze iridate con moto non irresistibili come Husqvarna e Mahindra. La prima svolta arrivò nel 2016, quando accanto alla cavalcata nel Mondiale Junior il toscano corse nel Mondiale con lo Sky Racing Team VR46 al posto del reietto Romano Fenati. «Significava correre per Valentino Rossi: poche volte mi sono emozionato come quando l’ho conosciuto». «Purtroppo un problema alla spalla limitò Lorenzo - ha detto Rossi domenica - ma in quel periodo lo abbiamo visto crescere: anche per questo sono felice, perché in Australia ha vissuto il giorno più bello della sua vita».
Le gare con Sky non portarono risultati eclatanti, ma quella parentesi - Dalla Porta non era un pilota della VR46 Academy e non sarebbe rimasto nel team - accompagnò il toscano nel passo più importante: avrebbe lasciato il ruolo di “supplente” per diventare pilota del Mondiale in pianta stabile.
IL MAGO LUNDBERG. Ma per l’ultimo step verso la gloria serviva un mago. Ed ecco comparire Christian Lundberg, capotecnico romano (non inganni il nome) che nelle quattro stagioni in cui il Team Leopard ha schierato le Honda ha vinto tre Mondiali. Lundberg ha svezzato Maverick Viñales, Fabio Quartararo e Joan Mir, tra gli altri. Dalla Porta, forse, non avrà lo stesso talento da predestinato, ma per dedizione e serietà è secondo a pochi, anche per questo ha trovato la sintonia con l’esigente Lundberg: «Nei due anni con noi - spiega il tecnico - Lorenzo è stato bravo a fidarsi del team, è un ottimo ragazzo, intelligente». Sul futuro, che per Dalla Porta sarà in una Moto2 ricca di Under 23 italiani ambiziosi, Lundberg non si sbilancia: «Non voglio creare aspettative. Ma lui ha pregi importanti: disponibilità al sacrificio e tanta voglia di imparare e soprattutto di applicare ciò che apprende». Con questi ingredienti, Dalla Porta ha riportato l’Italia sul tetto della classe più piccola. «Io dopo Capirossi, Rossi e Dovizioso… e chi ci avrebbe creduto?».
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