STRATEGIE E TELAIO DAI FERRARI, SPINGI!
Quest’anno nove pole ma tre vittorie: la Rossa è la migliore in qualifica, poi la Freccia d’Argento in gara si rivela come la vettura più completa Tra i perché c’è anche un Hamilton irresistibile
Siamo arrivati al gomito, e non è il caso di spingerci oltre. Ci siamo giunti a piccoli morsi, gradualmente dal Gran Premio del Bahrain, già il secondo della stagione: fu allora che cominciammo a mangiarci le unghie. Si rosicchia quando la Ferrari mostra sì di avere una bella squadra e un attacco con due punte forti ma non finalizza, non va in gol.
Vero che i numeri possano essere usati al capriccio personale, ma talvolta sono autentica verità: quest’anno nove pole hanno fruttato a Maranello tre vittorie, cioè pochissimo. Lo stesso semplice calcolo, applicato alla Mercedes, dà un risultato diverso: otto pole, dieci successi. Volendo poi tener conto della nuova Ferrari che ha preso forma dopo l’estate, dunque sei gare fa: la Rossa vince tre volte con sei pole, la Mercedes pure tre volte ma con zeru pole, come direbbe Mou. Per non citare le ultime due prime file tutte rosse.
NON SOLO STRATEGIE. Cosa determina l’infertilità ferrarista? In Messico c’è stata la scelta poco felice delle strategie, ma il problema non è tutto qui. Forse Vettel fermandosi come Hamilton al giro 23 sarebbe arrivato in fondo senza più fermarsi? Probabilmente no: al centro del disagio di Maranello c’è dunque ancora la macchina, pur molto cresciuta. In Messico le temperature elevate hanno trasformato le Pirelli hard nelle gomme chiave per la gara.
E Hamilton è riuscito a usarle meglio, nonostante abbia dovuto farle durare 14 giri in più rispetto a Sebastian. Non solo: lo ha fatto nonostante uno squarcio sul bordo del fondo apertogli da Verstappen subito dopo l’avvio. Un danno da due decimi a giro secondo quanto riferito da un tecnico, mentre la Rossa di Seb era sana.
Neanche Hamilton credeva a un pit stop così anticipato, tanto che quando Mercedes ha differenziato le strategie concedendo a Bottas quella teoricamente migliore e riservando a Hamilton quella rischiosa di fermarsi presto (giro 23 di 71) e passare alle hard da mantenere poi fino al traguardo, Lewis si è fatto prendere dall’ansia e s’è attaccato alla radio per lamentarsi. E dovremmo saperlo ormai: Hamilton che fa gne gne con gli ingegneri è una bugia pari al sorriso dei clown. Domenica è stato irresistibile. TRA SENNA E PROST. Ecco: la Mercedes ha avuto coraggio, ed ha un pilota straordinario nella velocità e perfetto, impermeabile a errori anche minimi e cali di concentrazione («lasciami solo!», l’urlo all’ingegnere che lo aveva invitato via radio a resistere a Vettel: “ultimo giro”).
Una combinazione, peraltro già vista quest’anno in altre occasioni, tra il saper essere veloce di Senna e il saper correre di Prost. Un campione assoluto che davvero spreme il cento per cento dalla macchina, un pilota oggi più forte di Vettel (talvolta falloso e incerto), Leclerc (crescita in corso, scusate il disagio) e Verstappen (sorprendente immaturità a dispetto del talento).
A COMPLETA MATURAZIONE. Perché la Ferrari al sabato sa costruire pole e intere prime file, ma poi la domenica tende a perdersi?
Nelle monoposto prima crescono le prestazioni e poi matura la completezza: ecco, la Ferrari è potentemente cresciuta dopo la pausa estiva come testimonia il sei pole in sei qualificazioni, con un incremento di motore che ha dato il “la” a mugugni e sospetti a mezza bocca. Eppure al progetto di Maranello manca ancora quella compiutezza che fa della Mercedes W10 la macchina non più veloce in assoluto (qual è oggi la SF90), ma certamente la più equilibrata, la meno mangia-gomme.
Dunque i pneumatici bisogna consumarli meno ma le suole di più, sulla strada certamente giusta indicata da Mattia Binotto. Serve un altro passo avanti, una nuova completezza a livello di telaio - a questo punto da realizzare nel 2020 - per sorpassare la Mercedes e affidare a Vettel e Leclerc una Rossa superiore, in modo da poter tenere testa a quel demonio con i capelli scolpiti. Non nuocerebbe aria nuova sul fronte della strategia.
Mercedes consuma di meno le gomme Vettel non poteva fermarsi così presto