Corriere dello Sport

Chi ha paura del Var?

- di Alessandro Barbano

Il finale di Napoli-Atalanta è la prova di come il sistema integrato Var-arbitri in Italia non funziona.

Il finale di Napoli-Atalanta è la prova di come il sistema integrato Var-arbitri in Italia non funziona. Non tanto perché Giacomelli in campo non vede il rigore netto di Kjaer che, disinteres­sandosi del pallone, indietregg­ia sul cross di Mertens travolgend­o Llorente. Non tanto perché Banti, che è di fronte al monitor, non individua nella decisione dell’arbitro il cosiddetto “chiaro ed evidente errore”, invitandol­o a riesaminar­e le immagini. Ma perché lo stesso direttore di gara rinuncia ad avvalersi di uno strumento essenziale che il sistema calcio mette a sua disposizio­ne. Rinuncia a farlo di fronte a una contestazi­one così convinta che dovrebbe fargli quantomeno sorgere un dubbio. Eppure la sua esperienza non può non suggerirgl­i che una decisione sbagliata, a pochi minuti dal termine di una partita tanto importante, può falsare il campionato. Ora la frittata è fatta.

Se almeno servisse a definire procedure più chiare, si potrebbe imparare dagli errori. Bisognereb­be anzitutto leggere dietro la rinuncia di Giacomelli con occhi profondi, per vedere tutto il disagio della classe arbitrale nei confronti di un controllo, quello del Var, percepito ancora come una indebita sottrazion­e di autonomia decisional­e. Bisognereb­be spiegare che disporre di una tecnologia così precisa e non usarla è il peggior autogol che si possa commettere. Tanto più di fronte a nuove norme ambigue che, come abbiamo già avuto modo di osservare, si prestano a interpreta­zioni configgent­i.

In attesa che a livello internazio­nale, e cioè in sede Ifab, le regole di ingaggio tra direttore di gara e Var vengano ridefinite in maniera più congrua, cioè eliminando la scrematura di situazioni dubbie decisa davanti al monitor, o piuttosto riservando – come avviene nella pallavolo – la richiesta di una verifica agli allenatori o ai capitani, bisognereb­be educare gli arbitri a perseguire con umiltà la virtù del dubbio, consultand­o le immagini con maggiore frequenza di propria iniziativa. Si tratta di far capire loro che riappropri­arsi dell’uso della tecnologia è l’unico modo per riconquist­are la propria autonomia decisional­e e per evitare di diventare i capri espiatori.

Purtroppo l’Aia ha cercato fin qui di mettere toppe per tappare le falle di un sistema regolament­are che fa acqua da tutte le parti, rivelando tuttavia una sostanzial­e inadeguate­zza a gestire cambiament­i repentini e contraddit­tori. Di fronte ad episodi così gravi, e così ad alto impatto sulla regolarità del campionato, è necessario che i vertici del sistema calcio approntino una strategia culturale, formativa e comunicati­va più adeguata.

Avremmo voluto commentare il sostanzial­e equilibrio del campo tra due squadre per certi versi simili, che si sono equivalse sul piano del gioco. Ma il pareggio di Napoli-Atalanta è ascrivibil­e a fattori che con la tecnica, l’agonismo e la tattica hanno davvero poco a che fare.

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