Corriere dello Sport

Berrettini alle Finals!

Grazie al ko di Monfils, Matteo tra i primi 8 a Londra: è il terzo italiano nella storia

- Semeraro e Viggiani

Il match che lo ha messo sull’aereo per le Atp Finals - i due set veloci veloci, senza storia, con cui Denis Shapovalov ha spento il sogno londinese di Gael Monfils - Matteo sostiene di averlo guardato, senza agitarsi troppo, in un ristorante di Montecarlo in compagnia di un amico. «E meno male che non c’è stata storia», se la ride (adesso) il suo coach e genitore aggiunto Vincenzo Santopadre. «Così ora possiamo soffrire un po’ di più a Londra..».

«E’ un sogno», ammette papà Luca, ma è tutto vero: 41 anni dopo Corrado Barazzutti, e 44 dopo Adriano Panatta, Matteo Berrettini è fra gli otto maestri delle Atp Finals. Il terzo italiano in 50 anni di storia del torneo. Dal 10 novembre sarà alla O2 Arena insieme a Rafa Nadal, Novak Djokovic, Roger Federer, Daniil Medvedev, Dominic Thiem, Stefanos Tsitsipas e Alexander Zverev. Roba da darsi i pizzicotti, consideran­do che il 2019 Matteo lo ha iniziato da numero 52 del mondo e lo finirà 44 posizioni più in alto, dopo aver vinto due tornei su due superfici diverse (terra a Budapest, erba a Stoccarda), raggiunto un’altra finale sul rosso a Monaco e giocato in totale otto semifinali, compresa quella da incornicia­re agli Us Open. In mezzo qualche delusione, prima su tutte il flop a Wimbledon contro Federer in ottavi.

LEZIONI. Ma il Beretta è uno che impara in fretta, «una spugna» come dice mamma Claudia, e quel passo falso ha saputo prenderlo e usarlo per quello che era: un rito di passaggio. «Qualche mese fa non avrei mai pensato di potermi qualificar­e», confessa il diretto interessat­o. «Adesso sono felicissim­o di essere fra i migliori 8 a Londra. È una soddisfazi­one incredibil­e, la ricompensa per il favoloso lavoro che la mia squadra, la mia famiglia, e chiarament­e anch’io abbiamo fatto durante tutto l’anno. Adesso prepariamo­ci allo show finale: ci faremo trovare pronti».

NUMERI. Matteo chiude l’anno almeno da numero 8 anche nel ranking Atp: il migliore dopo Panatta, n.7 a fine ’76 dopo essere stato 4 in agosto, e davanti a Barazzutti, che fu 10° a fine ’78 dopo aver raggiunto il numero 7, mentre Fognini, n.9 lo scorso luglio, finirà il 2019 da n.12.

Monfils era l’ultimo ostacolo, l’ultima botola piazzata alla fine di una stagione immensa. Caderci dentro, dopo che giovedì si erano chiuse le trappole di Wawrinka e De Minaur, onestament­e sarebbe stata una beffa, anche se Matteo, prima e dopo la sconfitta parigina con Tsonga che mercoledì aveva rimesso in gioco la qualificaz­ione, giurava che «non sarebbe stato un dramma». Adesso tutto il suo staff può esplorare il lessico della felicità.

«E’ la ciliegina su un’annata pazzesca - concorda Santopadre - un risultato e-sa-ge-rato. Ma vanno bene anche tutti gli altri aggettivi che vi vengono in mente…».

OBIETTIVO. Sia Panatta, nel ’75 a Stoccolma, sia Barazzutti, nel ’78 al Madison Square di New York (ma si giocò a gennaio dell’anno successvo), come lui si qualificar­ono da ottavi, anche se in realtà Corrado al Masters ci entrò grazie al forfait eccellente di Bjorn Borg, in polemica con la regola del Grand Prix che imponeva di partecipar­e a un minimo di 20 tornei per poter accedere al cospicuo bonus economico in palio a New York. Matteo ci è arrivato con il cuore in gola - almeno il nostro - ma con pieno diritto, e a soli 23 anni, in netto anticipo sul 25enne Panatta e sul 26enne Barazzutti. I due avi non riuscirono a vincere neppure una partita del girone. Matteo quindi può solo fare meglio, e sarebbe l’ennesimo record. Dopo ci saranno le altre Finali, quelle di Coppa Davis a Madrid, dal 18 novembre, l’anno prossimo il limite - come dicono a Londra e dintorni - sarà solo il cielo e nel 20121 le Finals di giocherann­o a Torino. Insomma, sembra solo l’inizio. Daje, Matte’.

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