Corriere dello Sport

LA ROMA ACCELERA IL NAPOLI AL PALO

I gialloross­i, ora terzi, staccano di quattro punti gli azzurri nella corsa Champions. Zaniolo e Veretout a segno, poi Milik

- Di Alfredo Pedullà

La squadra di Fonseca parte forte La difesa degli Ancelotti concede due rigori (uno fallito da Kolarov)

Seguiamo Paulo Fonseca minuto per minuto, lui fa la differenza. La Roma parte bene, sa soffrire, ha qualche episodio a favore, riprende a giocare e raccoglie. Il Napoli buca l'approccio, gestisce male, vive di sprazzi, colpa grave. Il lavoro di Fonseca è un manifesto invidiabil­e. Zaniolo è Nicolò superstar; Mancini metodista sembra Desailly ai tempi del Milan; Pastore rinato; Veretout essenziale, uomo ovunque. Il Napoli ha un ritorno modesto da troppi singoli e non diventa squadra quando dovrebbe. La differenza Fonseca-Ancelotti è questa. Se sbanda Mario Rui, lo seguono in tre o quattro (Callejon, Mertens, Fabian, Insigne), troppi. Il concetto dovrebbe comprender­e la continuità che il Napoli colpevolme­nte non ha. E la classifica oggi è un pianto greco.

Una-parola-una sulla direzione di Rocchi: esemplare. Anche quando, nel cuore della ripresa, ferma il gioco e minaccia la sospension­e per i soliti cori imbecilli e razzisti che partono dal cuore del tifo gialloross­o. Così si fa, sempre.

LA MANO DI FONSECA. La partenza è un'esclusiva Roma, bella e disinvolta. Il 4-1-4-1 è una sentenza: almeno 25 minuti così, il Napoli dormiente e indisponen­te. L'intuizione da urlo: Mancini schermo davanti alla difesa, uno spettacolo. Perché lui, l'ex difensore centrale, spesso accompagna da trequartis­ta consumato. Prima sollecita Pastore che non centra lo specchio, poi avvia l'azione del gol (19') facendo viaggiare Spinazzola a destra, il cross è un babà per Zaniolo che scarica un sinistro sotto la traversa, classe mista a sicurezza del ventenne scintillan­te. La Roma va di pilota automatico, muove i trequartis­ti, lavora per Dzeko che ricambia, organizzaz­ione totale. Però, ci sono momenti che ti condiziona­no, eccone uno al 25'. Rocchi richiamato dal Var concede il rigore per un braccio largo di Callejon, si presenta Kolarov che battezza lo stesso angolo a sinistra scelto da Meret per un tuffo con respinta incorporat­a. Qui sulla partita c'è un interrutto­re: gli umori cambiano.

IL VERO NAPOLI. Non poteva essere creatura di Ancelotti, quella troppo timida e impacciata dei primi 25'. Il cambio di passo, di tattica, di tutto, comporta una supremazia evidente. La Roma ha quel rigore sbagliato in testa e barcolla. Il profitto del Napoli è un altro: migliora la circolazio­ne di palla, la Roma sbaglia qualche uscita e si aggrappa agli episodi fortunati. Se Zaniolo ha appena colleziona­to un'altra perla bellissima, Smalling entra idealmente nel tabellino dei marcatori salvando sulla linea, soltanto lui sa come, su un'inzuccata di Di Lorenzo acceso da Insigne a bocce ferme.

Il vero Napoli macina gioco, sfiora l'approdo con Insigne (due volte) e Milik, ma incassa il bonus della sfiga più nera al 42'. E' il minuto del doppio legno: Mertens al cross pennellato da sinistra, Milik svetta e centra la traversa, Cetin respinge e la rasoiata di Zielinski dalla distanza è da palo pieno, il colmo della sfortuna.

VERETOUT CHIRURGICO. La Roma utilizza l'intervallo per ripartire con la stessa autorevole­zza, enorme pregio. Il nuovo Pastore è uno slalom ogni cinque minuti, come ai tempi del Psg: al 9' conquista il rigore, braccio largo di Mario Ruiz, che Veretout esemplare nel lavoro di cucitura - trasforma. Il Napoli ondivago qui ha il torto di sparire, rischia di imbarcare acqua (traversa di Kluivert), non è squadra nella gioia e nel dolore. I cambi (Lozano e Llorente) sono un'aspirina che fanno scendere la temperatur­a, ma non cancellano la febbre. Milik approfitta di una dormita di Cetin (27' st) su cross di Lozano, una situazione che accende il finale, soprattutt­o quando la Roma resta in dieci per un doppio giallo assassino del turco nel giro di due minuti. Ma Fonseca ha già tolto la maschera di Zorro per indossarne una solo gialloross­a, con un sorriso largo così.

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Javier Pastore, 30 anni, ha conquistat­o il rigore decisivo: suo il cross sul quale Mario
Rui è intervenut­o con il braccio largo
LAPRESSE Ritrovato Javier Pastore, 30 anni, ha conquistat­o il rigore decisivo: suo il cross sul quale Mario Rui è intervenut­o con il braccio largo

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