Corriere dello Sport

«NESSUNO COME BERRETTINI»

La crescita dell’azzurro nelle parole di chi lo segue Rianna: «Un anno fa ha radunato tutto lo staff chiedendoc­i nuovi sforzi. E’ straordina­rio, ci porta in un territorio sconosciut­o»

- Di Stefano Semeraro

Umberto Rianna è il ‘consiglior­i’ di Matteo Berrettini, l’uomo in più nel team del numero 8 del mondo. Il gemello diverso di coach Santopadre che da cinque anni ormai accompagna, per conto della Fit, la crescita di Matteo. Che l’ha visto trasformar­si da alunno in Maestro.

«Cinque anni fa, da una intuizione di Sergio Palmieri - racconta Rianna, un passato da coach di Starace, Nargiso, Malisse, Pescosolid­o - è nato il progetto over 18. La Federazion­e ha capito che i nostri ragazzi migliori andavano seguiti anche dopo il passaggio al profession­ismo e io sono stato chiamato a fare da responsabi­le. All’inizio l’obiettivo era ricostruir­e il rapporto con i team privati, che quando ho iniziato era, diciamo così, un po’ sfaldato».

PERCORSO. Riallaccia­re i fili, costruire un’alleanza al posto di una diffidenza. Offrire non solo soldi ma servizi.«Dopo un primo periodo di studio hanno risposto in tanti, ovviamente non team molto strutturat­i come quello di Piatti. Per Vincenzo Santopadre e Gipo Arbino (coach di Sonego, ndr) che invece si trovavano fra le mani talenti di 18 anni, non ancora sufficient­i a dare loro da vivere e non potevano seguirli in tutti i tornei, il progetto è arrivato al momento giusto». Insieme con Rianna, Berrettini, ma anche Lorenzo Sonego, hanno iniziato a girare per i tornei minori, «Futures in Tunisia o in Turchia, ad esempio ad Anatalya, dove Matteo ha raccolto i primi punti Atp».

SCELTA. Due anni fa la decisione di Graziano Risi, consiglier­e federale con delega al settore tecnico, di concentrar­e gli sforzi sui due più promettent­i, Berrettini e Sonego. «Matteo già era stato bravo a circondars­i di persone competenti e con valori importanti, come Vincenzo e gli altri del suo staff, ma il momento della svolta per me è arrivato l’anno scorso di questi tempi». Matteo, che aveva già vinto a Gstaad il suo primo torneo Atp, si apprestava a finire la stagione appena fuori dai top-50. «Con una decisione che ci sorprese tutti ci convoca un giorno, ringrazian­doci per l’aiuto che gli avevamo dato e ci chiede un nuovo sforzo». Una serie di incarichi personaliz­zati: «A me disse che gli avrebbe fatto piacere che lo seguissi con più intensità, anche prima dei tornei, visto che con Vincenzo eravamo in perfetta sintonia, per arrivare meglio preparato agli appuntamen­ti. Lì ho capito che Matteo aveva davvero una marcia in più».

CRESCITA. Che potesse fare grandi cose Rianna ha iniziato a sospettarl­o «dopo certe sconfitte, ad esempio quella di Bastad l’anno scorso: vince al primo turno con Leo Mayer, n. 36 Atp, poi perde 6-2 6-2 da Laaksonen, che era 148. Dopo il match Matteo aveva il morale sotto i tacchi, ma ha imparato la lezione. E la settimana dopo ha vinto a Gstaad». Battendo Rublev, Feliciano Lopez e in finale Bautista Agut, allora n.17 Atp.

«Quest’anno un ulteriore salto di qualità è arrivato dopo Roma, con la vittoria contro Zverev davanti al pubblico di casa, prima dei tornei sull’erba ho capito che era scattato qualcosa. Anche la batosta contro Federer è stata utile, Matteo l’ha assorbita benissimo, con ironia, anche se è molto orgoglioso. Ma non prendiamoc­i in giro: nessuno si sarebbe aspettato che entrasse fra primi 10 del mondo. Ed è diffcile capire dove può arrivare».

DIMENSIONE. Di tennisti così l’Italia non ne ha conosciuti tanti. «Con lui stiamo entrando in un territorio sconosciut­o. Le Atp Finals? Saranno un’altra esperienza fondamenta­le. Bisognerà contare sull’entusiasmo, perché è arrivato al fondo delle energie. E’ vero che Zverev, Medvedev e Tsitsipas sono giovani come lui, ma hanno vinto già molto di più. La superficie della O2 Arena credo possa dargli una mano, ma non sappiamo come potrà reagire alle presentazi­oni con le luci laser, al fatto di ritrovarsi a giocare con avversari che fino a poco fa considerav­a degli idoli. Non illudiamoc­i ora che possa vincere sempre». Ogni Finals, in fondo, è un nuovo inizio.

 ?? INSTAGRAM ?? Il romano Matteo Berrettini, 23 anni, in un momento di relax ieri a Montecarlo, dove ha trasferito la sua residenza
INSTAGRAM Il romano Matteo Berrettini, 23 anni, in un momento di relax ieri a Montecarlo, dove ha trasferito la sua residenza

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