BALOTELLI POLEMICA SENZA FRENI
Mario replica agli ultrà veronesi «Siete piccoli esseri ignoranti» Tanti con lui, Salvini lo attacca
C’è l’esercito nelle strade. Ma per un’altra storia. Hanno celebrato la giornata delle forze armate e all’ingresso del centro storico si stagliano stand dei corpi dell’esercito e autoblinde svuotate di aggressività. Sorridono tutti, persino il cielo sopra il teatro romano anche se a mezza bocca.
C’è l’esercito nelle strade. Ma per un’altra storia. Hanno celebrato la giornata delle forze armate e all’ingresso del centro storico si stagliano stand dei corpi dell’esercito e autoblinde svuotate di aggressività. Sorridono tutti, persino il cielo sopra il teatro romano anche se a mezza bocca. Per la faccenda di Balotelli più modestamente si sono mosse la polizia e la Digos, raccontano fonti della questura. Risultati degli accertamenti tra qualche giorno. Il giudice sportivo arriva prima, ma non si può escludere decida semplicemente per un supplemento d’indagine. In maniera da arrivare dopo.
Verona è una città che somiglia a un fiore. Prima ti si spalanca davanti, stupenda e morbida com’è, e poi se la tocchi si chiude a pugno. La tesi che ha sposato, fragile come tutti i negazionismi, è che nulla sia accaduto. Gli ululati che domenica hanno scheggiato il delicato equilibrio di Balotelli forse ci sono stati, ma pochi, maledetti e brevi. Suggestione prima di uno e poi, per contagio psicologico, collettiva. Ieri era giorno di pausa anche per i tifosi. C’è un bar sul corso dove fino a un paio d’anni fa si ritrovavano per parlare. Finì devastato in un raid di ultrà avversari e da allora il proprietario non vuole avere più niente a che fare con il calcio. Serve ottimi cocktail. Capita di incontrare in strada qualcuno con una fascia del Verona sulla fronte o su un braccio. Ti dice: «Non è accaduto niente, i cori sono immaginazione, diciamo esagerazione, e comunque io non sono fascista, non ci provare, e i razzisti mi stanno sulle scatole».
LA PROMESSA. Di sicuro è vero, per carità. Il club, dal presidente Setti all’allenatore Juric, ha già stabilito due giorni fa di non avere sentito niente. Ricorda il progetto del Busajo Campus in Etiopia che fa giocare una cinquantina di ragazzi, sottolinea le iniziative per lo sport tranquillo (ci sono) portate avanti sul sito ufficiale ogni vigilia di partita che Dio manda in terra, però una mossa concreta la promette: se saranno individuati, i due, uno o quindici (tanti ne ha contati l’ispettore federale) autori delle provocazioni razziste verranno banditi per sempre dallo stadio. Invocando il codice di comportamento, articolo 1: «L’istituto del gradimento è la facoltà della società sportiva Hellas Verona FC di non vendere il titolo di ace cesso ovvero sospenderne l’efficacia» in caso di azioni discriminatorie o che causino danni al Verona stesso.
QUEL PASSATO. Perché non ricordiamo come eravamo, questo vogliono dire, ma di sicuro siamo cambiati. Non più quelli che nel 1996 appesero un manichino scuro sotto uno striscione che diceva: «Vi hanno regalato il negro, adesso fategli pulire lo stadio». Non volevano Maickel Ferrier, che sarebbe stato il primo giocatore di colore della squadra andò alla Salernitana per poi tornare in Olanda e aprire ristoranti sushi. E non siamo neppure quelli che scrivevano “Gott mit uns” sugli stendardi e che di recente parcheggiavano le macchine a formare una svastica.
Lo dice persino Flavio Tosi, ex sindaco per nulla amabile nei confronti dell’amministrazione in carica: «Questo sindaco non mi piace, retrogrado e oscurantista intorno ad alcuni temi. Però sulla vicenda specifica non mi sento di dargli torto del tutto. Balotelli è stato preso in giro, sì, ma nulla di più. Quindi vanno individuati i quindici o venti colpevoli, oggi che si può, e puniti quelli. Che la tifoseria del Verona si porti dietro una certa fama è storicamente innegabile. Tuttavia il mondo è cambiato e con lui la città, tutte le città. Verona accoglie e integra. Un 15% della popolazione è immigrata e c’è un altro 4-5% almeno che ha già ottenuto la cittadinanza». Sembra cambiato anche Tosi: nel 1996 non votò una mozione di condanna per i richiami nazisti della curva. «Può essere, non rammento. Ma
L’ex sindaco Tosi: «Il mio successore non mi piace, però oggi non gli do torto»
«La tifoseria ha una certa fama, la città però è cambiata: accoglie e integra»
l’età si diventa saggi».
Ieri la perla di saggezza che girava per la politica veronese era l’idea di una diversa mozione: di avvertimento a chiunque incolpi la città di tentazioni razziste. Si potrebbe essere perseguiti per diffamazione. A portare il ragionamento fino alle estreme conseguenze, ci rientra pure lo scatto d’ira di Balotelli. Ma qualcuno all’altro capo di quella pallonata non era innocente. Si può addirittura pensare che nessuno di noi lo sia.