Corriere dello Sport

Tanjevic: Basket più duro senza Urss e Jugoslavia

«Dopo la loro dissoluzio­ne è aumentato il numero di nazioni in grado di salire sul podio»

- Di Andrea Barocci

Boscia Tanjevic è cittadino del mondo: un mondo che non esiste più ma vive nel suo cuore; e quello di oggi, che lo adora come l’ultimo dei poeti del basket.

E’ stato jugoslavo, e lui si sente probabilme­nte ancora così, è montenegri­no (è nato a Pljevlja), ha il passaporto italiano: il coach dal perenne sigaro in bocca nel corso della sua meraviglio­sa carriera ha guidato come c.t. la Jugoslavia, la squadra azzurra, la Turchia e per ultima la rappresent­ativa del suo Paese.

Qualche anno fa, ricordando la disgregazi­one della Jugoslavia, disse amaramente: «La guerra ha consumato la mia vita più dello sport e delle sue tensioni. Ho sofferto per i miei amici e per la gente di Sarajevo che era incolpevol­e. E se ho avuto quello che ho avuto (un tumore, ndr) non è stato certo per via del sigaro o dello stress delle partite: c’entra invece quello che è successo nella mia patria, nella mia città, la guerra e tutto quello che ne è seguito, la disgregazi­one di una nazione, della mia nazione. Una volta eravamo tutti fratelli e, all’improvviso, solo odio».

Oggi a 72 anni Boscia, che ha vissuto il dramma della guerra e chissà quante altre vite, rivela che aveva previsto le conseguenz­e della caduta del Muro di Berlino, ma non fino all’implosione dell’impero sovietico.

«Sinceramen­te avevo capito che la nuova figura di Gorbaciov (ultimo segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica; ndr) avrebbe portato degli interessan­ti sviluppi politici: per la prima volta c’era un uomo trasparent­e che prometteva cambiament­i. E questo già faceva capire che il Patto di Varsavia sarebbe stato annullato e che lui si sarebbe occupato davvero del proprio Paese. Non credevo però che potesse avverarsi la disgregazi­one dell’Unione Sovietica. Anzi, pensavo che le prime a essere coinvolte sarebbero state le nazioni baltiche»

Tanjevic ha una spiegazion­e molto semplice del perché quasi tutti i Paesi nati dalla scomparsa di Jugoslavia e Urss (Lituania, Serbia, Russia su tutte) hanno comunque recitato sin da subito un ruolo da protagonis­ti. «In Jugoslavia la popolarità del basket era enorme. Come tutti gli sport con la palla, il basket è fatto soprattutt­o di talento, non di grandi sacrifici. Certo, bisognava essere alti, atleti, saper “menare” e avere carattere. Però a decidere era il talento. Ecco perché, dopo, nella pallacanes­tro è aumentato il numero di squadroni ed è stato sempre più difficile ottenere risultati per le altre nazioni. Il sacrificio domina negli sport individual­i dove non c’è il gioco, che invece facilita il lavoro in palestra. Ogni allenament­o di basket è sempre gioco. Insomma, è più facile allenarsi due volte al giorno a basket che correre chilometri e chilometri...»

«Nei Paesi slavi contava il talento Il sacrificio è negli sport individual­i»

CAMBIAMENT­I. «La Germania dell’Est era il secondo o terzo Paese del mondo nello sport. Poi si è scoperto che dopava i suoi atleti: lo facevano anche tanti altri, ma non così bene. Dalla caduta del Muro tutto è cambiato: basta vedere le medaglie che i tedeschi non sono più riusciti ad ottenere come prima nel nuoto e nell’atletica. Negli sport di squadra invece è aumentato il numero di Nazioni in grado di salire sul podio».

MBAPPÉ. «Quali saranno i prossimi eventi modificher­anno lo sport? Il mondo è nelle mani di individui che non mi sembrano propriamen­te né equilibrat­i, né intelligen­ti, né statisti. Non sappiamo quello che accadrà. Però lo sport si migliora. Guardate come si gioca oggi il calcio: in maniera strepitosa. Non ci sono mai stati così tanti grandissim­i giocatori come ora. Pensate a Mbappé del Paris Saint-Germain: in Francia ne nascono mille come lui. Una volta non c’erano atleti così. E’ spaventoso come sono andati avanti il calcio, la pallamano, la pallavolo».

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Vlade Divac e Drazen Petrovic in maglia jugoslava: la guerra li divise
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CIAMILLO Boscia Tanjevic, 72 anni, nel 2000 quando era c.t. azzurro

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