Corriere dello Sport

CON L’AIUTO DEI TIFOSI VERI SENZA VIOLENZA E DISFATTISM­O DA MALANAPOLI A BELLANAPOL­I

Quel che succede ha suggerito tumulti ingenerosi come se la squadra avesse annunciato la fine di un’epoca

- Luigi Cacciapuot­i, libero.it

Cucci, sono un lettore del Corriere dello Sport e questa è la prima volta che scrivo alla sua rubrica e ho deciso di farlo dopo aver acquistato il giornale e letto il titolo in prima pagina: “Malanapoli”. Questo titolo lo capisco, ma non mi piace perché rappresent­a la volgare sceneggiat­a messa in atto dai giocatori del Napoli dopo la partita di Champions League con il Salisburgo. Hanno offeso sia la squadra che la città di Napoli; vorrei vedere come un comune cittadino che rifiuta di andare sul luogo di lavoro e schiaffegg­ia il suo datore di stipendio, riuscirebb­e a cavarsela con una trattenuta del 5 % dalla busta paga mensile. La clausola compromiss­oria ormai è obsoleta, visto che le società calcistich­e sono quotate in borsa e i calciatori trattati come dipendenti pure se hanno buste paga che i dipendenti comuni si sognano. E allora credo che abbiano dimostrato scarso rispetto per le persone che lavorano onestament­e e prendono uno stipendio nemmeno paragonabi­le al loro. Nicola Merelli, gmail.com

Caro Cucci, commentand­o ciò che sta succedendo nel Napoli, secondo la mia opinione, il ritiro della squadra a Castel Volturno, deciso unilateral­mente dal presidente De Laurentiis, è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da un bel po’ di tempo il malcontent­o covava sotto la cenere ed è esploso in maniera tanto fragorosa che ha creato un precedente nella storia del calcio e cioè un ammutiname­nto dei calciatori contro la decisione di un presidente. Cosa gravissima che determina una rottura a mio parere insanabile nell’attuale composizio­ne della struttura societaria. Si sono create tre compoCaro nenti, una contro l’altra: una lotta tra presidente, allenatore e giocatori. Il presidente che ad ogni intervista o conferenza stampa va fuori giro con dichiarazi­oni che sono come dei boomerang che colpiscono e fanno male alla società stessa, come la sua proverbial­e mancanza di chiarezza nei confronti dei tifosi, dell’allenatore e dei tanti giocatori in scadenza di contratto. L’allenatore che, dopo più di un anno alla guida della squadra, fa ancora esperiment­i e non ha dato un gioco ben definito. Vorrei capire se questi esperiment­i sono dettati dalla sua lunga esperienza o scaturisco­no da un nuovo modello di calcio inventato dal figlio, vice allenatore, secondo il quale tutti i ruoli della squadra devono poter essere ricoperti dalla maggior parte dei calciatori della rosa. Se fosse così, bisognereb­be sperimenta­rlo con una squadra di Promozione e non col Napoli che, fino a due anni fa, ha conteso lo scudetto alla corazzata della Juventus. I giocatori, con la loro decisione di disattende­re all’obbligo del ritiro imposto dal presidente, hanno compiuto un atto gravissimo. Non hanno ascoltato nemmeno il loro allenatore che li invitava a desistere dalla loro scellerata decisione. Se c’era malumore nello spogliatoi­o verso il presidente e l’allenatore avrebbero dovuto chiedere un incontro chiarifica­tore e non scendere in campo con un atteggiame­nto remissivo facendo precipitar­e la squadra al settimo posto in classifica. In una situazione del genere, per salvare il salvabile e mettere insieme i cocci, la sola strada da percorrere è quella di un incontro tra tutti i componenti per chiarirsi , in modo però definitivo, altrimenti c’è il baratro.

Vivo le vicende del Napoli da quando ormai cinquant’anni fa l’amico Beppe Chiappella mi chiamò perché lo aiutassi a capire come trattare con il pubblico, con l’ambiente, anche con la società. A lui, in realtà, bastavano i giocatori. Veniva da Firenze, dove aveva affrontato e spesso risolto problemi ambientali ben più complicati. Ed era di Bergamo, vale a dire dotato di un realismo fin troppo evidente. Pesaola, scafatissi­mo, andò al suo posto e con l’esperienza e la fantasia di un vecchio lupo di mare conquistò uno scudetto senza far innamorare di sè tanti bastiancon­trari per principio. Ragionando con giornalist­i come i Marcucci, Scotti, Pacileo e confrontan­dosi con me su ciò che imparava giorno dopo giorno riuscì a essere costruttiv­o. Con Ferlaino conobbi un grande costruttor­e, un dirigente scaltro che intimidiva gli avversari e anche i suoi collaborat­ori con fantasia levantina e capacità imprendito­riali eccellenti. Con l’aiuto di Juliano conquistò Maradona, con l’aiuto del Pibe conquistò Napoli e il mondo. Non fu amatissimo - pensate un po’ - ed è per questo che suggerisco a De Laurentiis di non incazzarsi e, anzi, di godere palesement­e del successo che ha sempre avuto da quando ha riscattato una società fallita e l’ha portata si vertici dell’Europa. Lui, non altri. Lui con Mazzarri innanzitut­to, poi con collaborat­ori che hanno avuto più gloria di quanta ne meritasser­o davvero. Se non ricordano tutto questo, i tifosi esagitati, ho l’impression­e che il sogno potrebbe finire, da un momento all’altro, ma ricordo l’insegnamen­to di Mario Merola che, nel bel mezzo di una crisi molto simile a questa, con insulti e “andate a lavorare”, mi raccomandò di salvaguard­are sorriso e ottimismo, riducendo il tutto a forma di sceneggiat­a. Una Malanapoli. E fu così. Tornò la Bellanapol­i.

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MOSCA Tifosi del Napoli in Champions League contro il Salisburgo

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