CON L’AIUTO DEI TIFOSI VERI SENZA VIOLENZA E DISFATTISMO DA MALANAPOLI A BELLANAPOLI
Quel che succede ha suggerito tumulti ingenerosi come se la squadra avesse annunciato la fine di un’epoca
Cucci, sono un lettore del Corriere dello Sport e questa è la prima volta che scrivo alla sua rubrica e ho deciso di farlo dopo aver acquistato il giornale e letto il titolo in prima pagina: “Malanapoli”. Questo titolo lo capisco, ma non mi piace perché rappresenta la volgare sceneggiata messa in atto dai giocatori del Napoli dopo la partita di Champions League con il Salisburgo. Hanno offeso sia la squadra che la città di Napoli; vorrei vedere come un comune cittadino che rifiuta di andare sul luogo di lavoro e schiaffeggia il suo datore di stipendio, riuscirebbe a cavarsela con una trattenuta del 5 % dalla busta paga mensile. La clausola compromissoria ormai è obsoleta, visto che le società calcistiche sono quotate in borsa e i calciatori trattati come dipendenti pure se hanno buste paga che i dipendenti comuni si sognano. E allora credo che abbiano dimostrato scarso rispetto per le persone che lavorano onestamente e prendono uno stipendio nemmeno paragonabile al loro. Nicola Merelli, gmail.com
Caro Cucci, commentando ciò che sta succedendo nel Napoli, secondo la mia opinione, il ritiro della squadra a Castel Volturno, deciso unilateralmente dal presidente De Laurentiis, è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da un bel po’ di tempo il malcontento covava sotto la cenere ed è esploso in maniera tanto fragorosa che ha creato un precedente nella storia del calcio e cioè un ammutinamento dei calciatori contro la decisione di un presidente. Cosa gravissima che determina una rottura a mio parere insanabile nell’attuale composizione della struttura societaria. Si sono create tre compoCaro nenti, una contro l’altra: una lotta tra presidente, allenatore e giocatori. Il presidente che ad ogni intervista o conferenza stampa va fuori giro con dichiarazioni che sono come dei boomerang che colpiscono e fanno male alla società stessa, come la sua proverbiale mancanza di chiarezza nei confronti dei tifosi, dell’allenatore e dei tanti giocatori in scadenza di contratto. L’allenatore che, dopo più di un anno alla guida della squadra, fa ancora esperimenti e non ha dato un gioco ben definito. Vorrei capire se questi esperimenti sono dettati dalla sua lunga esperienza o scaturiscono da un nuovo modello di calcio inventato dal figlio, vice allenatore, secondo il quale tutti i ruoli della squadra devono poter essere ricoperti dalla maggior parte dei calciatori della rosa. Se fosse così, bisognerebbe sperimentarlo con una squadra di Promozione e non col Napoli che, fino a due anni fa, ha conteso lo scudetto alla corazzata della Juventus. I giocatori, con la loro decisione di disattendere all’obbligo del ritiro imposto dal presidente, hanno compiuto un atto gravissimo. Non hanno ascoltato nemmeno il loro allenatore che li invitava a desistere dalla loro scellerata decisione. Se c’era malumore nello spogliatoio verso il presidente e l’allenatore avrebbero dovuto chiedere un incontro chiarificatore e non scendere in campo con un atteggiamento remissivo facendo precipitare la squadra al settimo posto in classifica. In una situazione del genere, per salvare il salvabile e mettere insieme i cocci, la sola strada da percorrere è quella di un incontro tra tutti i componenti per chiarirsi , in modo però definitivo, altrimenti c’è il baratro.
Vivo le vicende del Napoli da quando ormai cinquant’anni fa l’amico Beppe Chiappella mi chiamò perché lo aiutassi a capire come trattare con il pubblico, con l’ambiente, anche con la società. A lui, in realtà, bastavano i giocatori. Veniva da Firenze, dove aveva affrontato e spesso risolto problemi ambientali ben più complicati. Ed era di Bergamo, vale a dire dotato di un realismo fin troppo evidente. Pesaola, scafatissimo, andò al suo posto e con l’esperienza e la fantasia di un vecchio lupo di mare conquistò uno scudetto senza far innamorare di sè tanti bastiancontrari per principio. Ragionando con giornalisti come i Marcucci, Scotti, Pacileo e confrontandosi con me su ciò che imparava giorno dopo giorno riuscì a essere costruttivo. Con Ferlaino conobbi un grande costruttore, un dirigente scaltro che intimidiva gli avversari e anche i suoi collaboratori con fantasia levantina e capacità imprenditoriali eccellenti. Con l’aiuto di Juliano conquistò Maradona, con l’aiuto del Pibe conquistò Napoli e il mondo. Non fu amatissimo - pensate un po’ - ed è per questo che suggerisco a De Laurentiis di non incazzarsi e, anzi, di godere palesemente del successo che ha sempre avuto da quando ha riscattato una società fallita e l’ha portata si vertici dell’Europa. Lui, non altri. Lui con Mazzarri innanzitutto, poi con collaboratori che hanno avuto più gloria di quanta ne meritassero davvero. Se non ricordano tutto questo, i tifosi esagitati, ho l’impressione che il sogno potrebbe finire, da un momento all’altro, ma ricordo l’insegnamento di Mario Merola che, nel bel mezzo di una crisi molto simile a questa, con insulti e “andate a lavorare”, mi raccomandò di salvaguardare sorriso e ottimismo, riducendo il tutto a forma di sceneggiata. Una Malanapoli. E fu così. Tornò la Bellanapoli.