Conte: Vado al massimo
Alle 18 c’è il Verona, Sensi ko. Il tecnico: Critiche costruttive
«All’inizio in estate fatti gravi errori di programmazione Di più non si può fare Ora venga la società a dare le spiegazioni»
«Io porto aspettative è inevitabile. Se creo difficoltà a qualcuno non posso cambiare»
Afreddo possono cambiare i toni, ma non la sostanza. Nel senso che ciò che ha detto a Dortmund, Conte, continua a pensarlo e non si fa problemi a ribadirlo. Precisa solo che «qualcuno l’ha preso per uno sfogo, ma il mio era una discorso costruttivo per il bene dell’Inter». Per il resto, conferma tutto, aggiungendo anche una sorta di avvertimento, di cui lascia in sospeso la conclusione, comunque facilmente comprensibile… «Penso di essere stato chiamato per cambiare qualcosa – spiega -. Per 9 anni l’Inter è rimasta fuori da ogni situazione, ad eccezione degli ultimi
2 anni durante i quali Spalletti ha svolto un grandissimo lavoro, alla luce delle difficoltà che anche io sto trovando. Io porto aspettative, è inevitabile. Ma non posso portarle solo su me stesso. Tutti quanti dobbiamo aumentare i giri se vogliamo che questa squadra torni ad essere protagonista. Se poi creo difficoltà a qualcuno o se spingo qualcuno a giri a cui non è abituato a lavorare, mi dispiace. Io non posso snaturarmi. Dobbiamo andare sempre alla ricerca dell’eccellenza e dobbiamo farlo tutti assieme, uniti e compatti, perché altrimenti finirebbe per essere tutto uguale al passato. Guai ad accontentarsi o accettare di vivacchiare. Se dovessi accorgermi che non può essere fatto, allora… diventerebbe difficile».
RECRIMINAZIONE E SUPERFICIALITÀ.
Non siamo nemmeno metà novembre. Se, nonostante la possibilità, battendo oggi il Verona, di tornare in testa alla classifica almeno per una notte e con la qualificazione alla seconda fase di Champions compromessa («Vincere a Dortmund ci avrebbe cambiato la vita, ora le chance si passare sono molto esigue…»), ma non certo chiusa, Conte sente l’urgenza di dire determinate cose e di ribadirle pure, significa che ha raccolto determinati segnali. L’urgenza di vincere è senz’altro una spiegazione, ma probabilmente c’è anche dell’altro. «Sento questa squadra come mia. Le scelte di mercato si facciano sempre in collaborazione con il club sapendo cosa si può e cosa non si può fare. La mia unica recriminazione è che nel momento in cui abbiamo programmato la rosa non abbiamo messo in preventivo alcune situazioni che potevano ripetersi perché erano già accadute in passato (qualche giocatore a rischio?, ndr). In privato, i dirigenti sono i primi a riconoscere che ci sono cose che dovevano essere fatte meglio e su questo siamo in sintonia. A livello numerico siamo stati superficiali e oggi, purtroppo, in maniera serena, qualcosa la stiamo pagando».
A GALLA NELLA TEMPESTA.
Il mercato di gennaio potrà servire per sistemare, almeno in parte, la situazione. De Paul, per il centrocampo, e Kouame, per l’attacco, sono i nomi in cima alla lista per i rinforzi invernali. Ma mancano comunque due mesi. E poi è tutto da capire se Conte sarà soddisfatto. Intanto, fino a Natale dovrà tenere botta in campionato e inseguire la seconda fase di Champions, avendo a che fare con una serie di assenze. Significa che dovrà chiedere ancora di più ai suoi giocatori, che ricopre di complimenti («Sono affidabili al 110%»), ammettendo però che il lavoro da fare per crescere e maturare è ancora lungo: «C'è da vedere se possiamo fare uno step in più a livello mentale e diventare ancora più forti per affrontare le tempeste. Perché quando inizia la tempesta bisogna essere in grado di tenere la barca a galla». Come non è accaduto nel secondo tempo di Dortmund. E così è stato Conte a scatenare la sua tempesta.