Corriere dello Sport

Se nelle coppe ci scopriamo fragili

- di Angelo Carotenuto

Tutto questo maggiore equilibrio ritrovato dentro i confini, in Europa si è sciolto dopo 4 partite. Delle sei squadre presenti nelle Coppe, l’Italia rischia di portarne avanti solo due. Il nostro calcio sta ancora cercando un assetto di volo costante. Abbiamo una Nazionale qualificat­a per gli Europei con largo anticipo, e prima di tutte le altre grandi potenze con l’eccezione del Belgio. Abbiamo la Under 17 ai quarti di finale dei Mondiali cinque mesi dopo aver visto la Under 20 raggiunger­e lo stesso traguardo e poi andare oltre. Siamo il solo paese europeo a esserci riuscito. Eppure l’Italia esce dal turno di Coppe e si raduna intorno alla nuova puntata del duello domestico tra Juventus e Inter con un piccolo senso di incompiute­zza, come se esistesse una grossa difficoltà a interpreta­re uno scenario molto mutato, un calcio globale e quasi ovunque uguale a se stesso, trasformat­o dalla trasmissio­ne dei saperi e delle conoscenze, dalla circolazio­ne di uomini e di idee libera come mai prima.

Allo stesso modo in cui un’Atalanta può celebrare il suo pareggio con la seconda d’Inghilterr­a, nel calcio contempora­neo può capitare di perdere in casa con una squadra scozzese o di pareggiare contro un’austriaca. ll giovedì nero di Roma e Lazio dice che non è più tempo per complessi di superiorit­à. È come se a tutti possa capitare all’improvviso di diventare satelliti di qualcos’altro. La Germania era un modello di virtù solo due anni fa, quando si prendeva l’Europeo Under 21 con la squadra B perché aveva mandato i titolari in Russia a vincere la Confederat­ions Cup. Ha fatto naufragio ai Mondiali e la Bundesliga si scopre da due anni in ritardo nelle Coppe. È dentro questo quadro che va letto il mancato decollo della Serie A. L’Italia sta giocando una Champions del tutto in linea con le gerarchie d’agosto. L’Atalanta era in quarta fascia ed è quarta. L’Inter era in terza ed è terza, il Napoli secondo, la Juventus prima. Non c’è nessuno che tradisca e nessuno che stupisca, a parte forse la folle banda di Ancelotti, capace di fare entrambe le cose, mettendo sotto a metà settembre la squadra più forte del mondo e buttando via un patrimonio di entusiasmo che qualunque ambiente normale avrebbe usato come carburante per la sua stagione.

Abbiamo tre squadre fra le prime 20 d’Europa. La Juve è terza nel ranking stagionale dietro Bayern e PSG. Il Napoli è quinto e nel biennio di Ancelotti viaggia nel ranking UEFA con lo stesso identico passo del Real Madrid. Ma rischiamo di trovarci in primavera solo con loro due. Non esiste una questione di posti a rischio nelle Coppe. Pur restando su questo livello medio, le proiezioni mettono l’Italia al riparo da sorpassi di ogni genere fino almeno al 2024, quando il ranking potrebbe essere diventato superfluo dinanzi agli appetiti della Superlega. Prima che la Francia riesca a scavalcarc­i, sarà forse stata scavalcata dal Portogallo. L’arrivo di Neymar nello sceiccato del PSG ha provocato in Ligue1 una reazione inferiore a quella messa in campo dalla Serie A di fronte a Ronaldo. Ma la realtà aumentata della classe media, in Europa non si vede. Uno studio del sito Quattrotre­tre dice che il 77% delle squadre italiane giunte in Champions grazie al quarto posto poi non passa il girone. Sarà anche un campionato di nuovo allenante, ma alla fine allena sempre le stesse.

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