522 GIORNI SENZA PALLOTTA
Aveva garantito una presenza più assidua Invece delega Ora tutto è nelle mani di Fienga
Il telefono squilla, sono le 8 del mattino: «Che è successo a Parnasi?». James Pallotta, dall’altra parte, ha la voce agitata, inquieta, chiede di capire: ha letto su internet qualcosa ma vuole essere sicuro di aver compreso tutto. «E’ stato arrestato, presidente». Pallotta reagisce con amarezza e preannuncia ciò che dirà poi in pubblico: «E’ stato bello il mio periodo a Roma». Come a dire, è finita. E’ il 13 giugno del 2018, una data a suo modo storica: oltre ad aprire uno scenario fin lì imprevedibile sulla proprietà del club, resterà l’ultimo giorno in cui Pallotta è stato avvistato a Roma. Un mese e mezzo dopo l’ultima volta allo stadio Olimpico, per la semifinale di Champions League contro il Liverpool.
AVANTI ROMA. Da quel momento sono successe tante cose, anche sul fronte più caro al padrone: il dossier Tor di Valle. E’ cambiato per intero il management, dalla stanza dei bottoni ai lettini dei fisioterapisti passando per lo staff tecnico; sono andati via due capitani, Totti e De Rossi, lasciando rimpianti e sollievo; la società ha inaugurato una nuova sede all’Eur alla presenza del premier Conte e del sindaco Raggi, con la benedizione dell’immancabile monsignor Fisichella. Pallotta però non si è visto, nonostante la famosa lettera promulgata il 31 maggio scorso in cui chiedeva scusa ai tifosi per non essere stato troppo presente. «Come sapete - scriveva Pallotta - non sono venuto a Roma nell’ultimo anno. Ero così arrabbiato, già da agosto, per come le cose stavano andando che temevo che la mia presenza non sarebbe stata d’aiuto. Questo è stato un grave errore, la prossima stagione ci sarò. Avrei dovuto essere di più a Roma». Sono passati 522 giorni dalla sua ultima visita, che ha preceduto un blitz vacanziero sull’amata costiera amalfitana, sono passati 6 mesi dalla lettera, sono passate 16 partite ufficiali dall’inizio della stagione: non risulta che Pallotta abbia mai messo piede a Roma.
PARTECIPAZIONE. Questo naturalmente non significa che la governance del club non possa svolgere al meglio il proprio lavoro. Anzi la nuova struttura creata da Pallotta, che delega i poteri nelle mani di Guido Fienga ma si tiene costantemente informato su ogni movimento, ha reso finalmente chiara la divisione dei ruoli. C’è un’aria più pulita e disciplinata negli ultimi tempi, a Trigoria e non solo. Ma la prolungata assenza del padrone sorprende, a maggior ragione dopo le ammissioni di colpa di maggio.
INDISCREZIONI. Pallotta non si avventura a Roma pur avendo visitato diverse volte l’Italia, anche l’estate scorsa, perché preferisce seguire la sua azienda da lontano e gestire altri meccanismi in prima persona, specialmente i rapporti con gli investitori. Da settimane si parla di possibili acquirenti per la Roma, dai fondi del Qatar fino al gruppo americano Friedkin. In realtà per il momento la società non è in vendita: probabilmente andrà sul mercato, in piena coerenza del business plan di Pallotta che è abituato a rivalutare asset per poi cederli al miglior offerente, quando verrà definitivamente chiusa la partita Tor di Valle, in
Negli Usa parla con possibili investitori E forse prepara una futura cessione
«Come sapete, non sono venuto a Roma nell’ultimo anno. Ero così arrabbiato, già da agosto, per come le cose stavano andando che temevo che la mia presenza non sarebbe stata d’aiuto. Questo è stato un grave errore, la prossima stagione ci sarò. Avrei dovuto essere di più a Roma»
un senso o nell’altro. Nella situazione di limbo invece non sono previste scalate, semmai collaborazioni e partnership che possano immettere denaro liquido nella società al di là dell’aumento di capitale approvato (ma impossibile da coprire per intero) fino a un massimo da 150 milioni. Per questo la Roma continua a indebitarsi: continuando a investire e a ristrutturare, nei limiti della legge e dei regolamenti Uefa, può restare competitiva in campo e appetibile fuori.