È divertente immaginare un anarchico funambolo che sfida un fuoriclasse dell’ordine. Bologna, Napoli e Milan l’aspettano
Caro Cucci, l’elogio incondizionato di Ronaldo, professionista virtuoso, giocatore obbediente e ligio alle regole ed alle disposizioni degli allenatori, juventino perfetto lascia spazio, in questo periodo di riposo forzato,aunpossibileduello,anche a distanza, con un anarchico brillante e narciso come Ibrahimovic, unocheSarriancheperunnonnulla se lo mangerebbe vivo... Ero a Torino, al Delle Alpi, quando nel 2006, battendo il Cagliari di Zola, con me a mille nell’aver portato uno striscione con su scritto “JUVE REGINA”, mi unii al Club Juve di Monteroni d’Arbia (Siena) dopo un lungo viaggioinpullman,conunoscudetto che poi fu tolto a chi fece troppo lo spaccone e non certo al valore indiscusso di chi era in campo, con Capello allenatore. Ebbene, l’Ibrahimovic che in campo c’era (e vi scese anche Mutu) era al momento solo una novità per il campionato italiano e, se ricordi, nelle partite del girone d’andata fece delle papere clamorose, poi affinandosi pian piano per merito di una Juve che gli fece da rodaggio perché approdasse ai suoi tiri precisi e potenti diventando in seguito in ogni squadra il faro d’attacco assoluto. Ma, sin d’allora, nessuno osò mai rimproverargli uno dei suoi tanti passaggi sbagliati perché rispettò, magari maledicendolo, i suoi passaggi sbagliati che facevano anche ridere... Ronaldo, al confronto, avrà avuto in carriera gesti di stizza ma niente di più e, diciamocelo,dall’altodidoveèarrivato ha ispirato nel suo personaggiopiùsimpatiachecattivipensieri: è per questo che lo assolvo e che sperosiaquelpernoessenzialenella causa juventina, senza dimenticare che l’anno scorso, con Dybala nelprimocalvario,loscudettocelo fece vincere lui coi suoi gol.
Il commento appropriato sarebbe: altro che Ronaldo! Ma il pensiero di Ibra va salvaguardato anche se sembra il rancoroso messaggio di un campione frustrato. È in realtà - nell’agire come nel dire - un dio greco, voglio dire umanissimo più per vizi che per virtù, ma da venerare perché il suo calcio è la summa del meglio e del peggio di uno sport da amare. Sennò è meglio andare al cinema. Spero davvero che Ibra venga in Italia e che a Bologna, a Napoli o a Milano porti il suo calcio guascone e una promessa (pur fallace) di felicità. Quand’è realista, non poeta o saltimbanco, Ibra è ancora molto juventino. Beato chi lo prende.