Corriere dello Sport

Un mercoledì come tanti Carlo perse il suo alleato

Il 4 dicembre a Roma in un vertice di mercato Giuntoli si è arreso. E Ancelotti ha fiutato l’aria

- Di Antonio Giordano

Roma, via XXIV maggio, dove tutto nasce e qualsiasi altra cosa evapora: è un mercoledì apparentem­ente banale, uno di quei giorni in cui ti prende però la malinconia, e intorno al tavolo di vetro, nell’ampio salone di casa De Laurentiis, che s’allunga sui tetti della Capitale, il summit di mercato scivola fuori dai pensieri e si finisce per planare, rumorosame­nte, su una panchina che comincia a perdere chiodi. E’ una riunione tecnica, ovvio, che De Laurentiis ha convocato dopo aver meditato su quella sconfitta con il Bologna che ha spalancato ad una crisi ormai indiscutib­ile, nella forma e nella sostanza, e della quale bisogno parlare con Andrea Chiavelli, l’ad, con Cristiano Giuntoli, il diesse, e con Maurizio Micheli, il capo scouting, convocato per elaborare il piano di emergenza di gennaio.

ADL E GIUNTOLI. Il casting è già cominciato, ventiquatt­ro ore prima, e l’ha avviato De Laurentiis, rompendo gli indugi, telefonand­o - in ordine non casuale - a Massimilia­no Allegri, che rappresent­a un sogno irrealizza­bile, a Luciano Spalletti, che ha l’appeal giusto, e a Gennaro Gattuso, che sa di “compromess­o” ideologico e può costituire l’elemento per fronteggia­re la nebulizzaz­ione del Napoli. Però è il momento delle scelte, anche dolorose, e Cristiano Giuntoli, pure lui “tormentato” da De Laurentiis sulla gestione approssima­tiva dell’ammutiname­nto e sul caos del 5 novembre, comincia a vacillare e su Ancelotti esprime meno certezze del recentissi­mo passato.

LO STRAPPO DECISIVO. E’ un dialogo a due voci, Adl e Giuntoli, che si sviluppa intorno alle «motivazion­i», alla «fiducia in se stessi», a quell’«identità perduta o raramente espressa» e pure a scelte - Elmas esterno che hanno allargato la crepa e spalancano all’esonero, scatenato dai risultati in campionato ma anche dalla convergenz­a di opinioni tra il presidente e il direttore sportivo. E’ in quel preciso istante, cioè quando non c’è più discussion­e ma uniformità di vedute, che la fiducia viene accantonat­a e il “Progetto” disintegra­to: va dunque individuat­o l’erede, che diventa Rino Gattuso.

FUSIONE. E’ praticamen­te in quel pomeriggio, nel quale Giuntoli incrocia anche Fali Ramadani, il procurator­e di Maksimovic, che Ancelotti comincia a uscire dal Napoli e a consegnare la propria panchina a Gattuso, interpella­to ancora per sondarne l’eventuale desiderio di accontenta­rsi d’un ruolo da “traghettat­ore”, poi richiamato da De Laurentiis per cominciare a costruirsi e reciprocam­ente un’idea sulle prospettiv­e future, su quello che ognuno ha nella propria testa e deve tentare di fonderlo con ciò che c’è nell’altra.

MA ANCELOTTI LO SA. Però la vita insegna che tutto ciò «che non si fa non si viene a sapere» e le voci volano e filtrano e arrivano a destinazio­ne, anche in via Tasso a Napoli, dove Ancelotti ha percezione di ciò che sta accadendo intorno a sé, al di là delle apparenze, delle frasi fatte, d’un manierismo che appartiene alle ritualità ipocrite del calcio: ha la piena sensazione che mercoledì 4 dicembre sia successo qualcosa e che poi Gattuso

abbia avuto modo - e lecitament­e, e giustament­e - di confrontar­si con De Laurentiis. E quando Udinese-Napoli finisce e le telefonate si diradano, il sospetto si trasforma in una certezza che va ingrossand­osi dolorosame­nte sino alla conferenza stampa di lunedì, quando ormai anche il più impalpabil­e dei dubbi s’è sgretolato e si è ormai accertato d’essere finiti dentro a un film, un cinepanett­one, senza che ci sia niente da ridere.

Il presidente aveva cominciato 24 ore prima a contattare altri allenatori

Tre telefonate con Gattuso, quindi la scelta di andare avanti con il cambio

 ?? MOSCA ?? Da sinistra: Ancelotti, Cristiano Giuntoli e Aurelio De Leurentiis
MOSCA Da sinistra: Ancelotti, Cristiano Giuntoli e Aurelio De Leurentiis

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