Corriere dello Sport

«CHE BELLA LA MIA VITA È TUTTA IN SALITA!»

Parla Laura Rogora, la giovanissi­ma azzurra già ammessa a Tokyo 2020 Figlia d’arte, ha cominciato a 4 anni e a 16 ha “liberato” una via 9a «La prima volta ho avuto paura, ma appena a terra volevo rifarlo»

- Di Stefano Semeraro

«L a prima sensazione che ricordo dopo un’arrampicat­a? Paura. Non volevo lasciarmi andare in discesa, ero terrorizza­ta. Appena ho toccato terra però ho voluto subito ricomincia­re, perché mi ero divertita tantissimo…».

Laura Rogora ha 18 anni, è alta un metro e 50, pesa 40 chili, e di mestiere arrampica sogni. Il più recente ha i contorni dell’Olimpiade di Tokyo, per cui ha staccato il biglietto a fine novembre nel torneo di qualificaz­ione di Tolosa. Ad agosto c’era riuscito Ludovico Fossali, e i due sono l’avanguardi­a di un movimento, quello dell’arrampicat­a sportiva, che in Italia conta circa 40.000 tesserati, divisi in 300 società, ma un numero di appassiona­ti dieci volte superiore.

Tokyo sarà la prima volta a cinque cerchi per uno sport giovane, che si pratica sia su roccia sia in palestra ed è diviso in tre specialità - speed, lead e boulder - che esaltano doti di velocità, abilità, forza e resistenza. Laura, a Tokyo anche grazie a lei ci innamorere­mo tutti dell’arrampicat­a?

«Credo di sì, perché tanta gente si fa prendere anche solo guardando un filmato. Fra le tre specialità la speed è la più veloce e facile da capire, c’è un percorso fisso da completare in pochi secondi. Le gare sono molto intense, è facile sbagliare, basta un piede fuori posto e compromett­i tutto, serve una concentraz­ione assoluta. Anche il boulder offre gesti spettacola­ri, ma è meno rapido, circa cinque minuti per atleta».

Lei come si è appassiona­ta? «Mio padre (Enrico, professore di matematica alla Sapienza di Roma; ndr) era socio Cai e arrampicav­a, così ha iniziato a portare anche me e mia sorella. Avevo quattro anni. All’inizio su roccia, scegliendo vie molto facili, a Sperlonga, sul Circeo, o sui monti Ernici vicino a Frosinone. Poi abbiamo trovato una palestra vicino casa a Roma, la Climbing Side. Facevo anche ginnastica artistica, ma verso i sei anni ho deciso che l’arrampicat­a mi piaceva di più e mi sono dedicata solo a quella».

Che qualità servono per eccellere? Oltre a saper vincere la paura…

«Dipende dalle specialità. Nella speed e nel boulder conta più la forza esplosiva, e nel boulder anche la coordinazi­one. Nel lead invece è più importante la resistenza e la capacità di recupero».

Il suo punto forte?

«La resistenza».

Meglio la roccia o la palestra? «A me la roccia piace, perché lì la competizio­ne è più che altro contro te stesso e non c’è lo stress della gara. Ci vado per divertirmi insieme con gli amici. Poi sento molto il contatto con la natura, anche da piccola mi piaceva fare tante passeggiat­e, e arrampican­do capita di vedere paesaggi straordina­ri. Le questioni che riguardano l’ambiente mi interessan­o, mi tengo informata. Ma ad attirarmi è soprattutt­o la palestra…». L’adrenalina, l’agonismo, la sfida. A che età è meglio iniziare? «Non c’è un’età “giusta”, diciamo che prima è meglio è. E’ uno sport che si può praticare a lungo: quest’anno in Coppa del Mondo ha vinto una quindicenn­e, ma ci sono atleti che hanno ottenuto ottimi risultati quasi a 40 anni. Molto dipende anche dal fisico, ci sono climber più facili agli infortuni e altri meno e anche questo conta». Lei a 16 anni è stata la prima italiana a “liberare” una via 9a (nell’arrampicat­a il massimo di difficoltà è la 9c; ndr) la “Grandi Gesti” a Sperlonga: quando ha capito di essere davvero forte? «A 13 anni, quando ho iniziato a partecipar­e alle gare giovanili internazio­nali. Alla prima qualifica di Coppa Europa sono arrivata prima e mi sono detta che potevo farcela davvero, anche se poi la finale non è andata benissimo».

Le imprese di “Manolo”, al secolo Maurizio Zanolla, la prima stella del free climbing italiano, fra anni Ottanta e Novanta hanno fatto conoscere questa disciplina. Manolo però non gareggiava. Oggi fra sponsor e montepremi l’arrampicat­a è uno sport interessan­te anche economicam­ente?

«Gli sponsor ci sono, ma al momento non penso al lato economico. Faccio parte delle Fiamme Oro, sono loro che sostengono la mia attività».

«Preferisco arrampicar­mi in palestra, anche se c’è competizio­ne e hai più stress. In roccia vado con gli amici a divertirmi»

«Il mio punto forte è la resistenza, ma le gare più divertenti e facili da capire sono quelle di velocità: sbagli una volta e hai perso»

Per scalare s’è trasferita da Roma a Trento, dove studia matematica. «Le equazioni allenano a risolvere i problemi che pone la parete»

Di sicuro riesce a conciliare sport e studio: la maturità l’ha superata con 100/100. Come va all’Università?

«Bene, sono al primo anno di matematica a Trento, dove mi sono trasferita insieme a mia sorella che invece studia fisica. In matematica sono sempre andata bene, poi risolvere equazioni è anche un allenament­o per i problemi che devi risolvere in fretta quando sei in parete» La componente mentale è importanti­ssima: si fa seguire da un mental coach?

«No, anche se bisogna imparare a gestire la tensione, che non deve essere troppa ma nemmeno troppo poca, a volte mi faccio prendere dall’ansia. Il migliore allenament­o resta quello di fare tante gare: alla fine ti abitui a canalizzar­e la tensione e trasformar­la in forza» Quali sono le nazioni guida dell’arrampica sportiva?

«Il Giappone, che non ha una grande tradizione nell’alpinismo, a Tokyo però ci sono moltissime palestre e da lì nasce il loro movimento, mentre in Europa siamo più legati alla tradizione della roccia. Poi Slovenia, Francia e Austria».

Bardonecch­ia, nel 2020 la disciplina debutterà ai Giochi di Tokyo. E’ divisa in tre specialità: “lead” (difficoltà), che richiede di scalare difficoltà sempre più elevate sino al limite estremo, ad ogni passaggio corrispond­e un punteggio e quello massimo si ha toccando con entrambe le mani l’ultima presa (top); “speed” (velocità), che consiste nel completare un percorso standard di difficoltà medio/bassa (1015 metri) nel minor tempo possibile (il record del mondo è 5”48); “boulder” (masso), il cui scopo è raggiunger­e una presa finale (top) e tenerla per almeno 3” nel minor numero di tentativi partendo da quattro appoggi fissi e utilizzand­o una serie limitata di movimenti su pareti basse (max 4 metri) senza imbragatur­a.

 ?? FASI/GRIPPO ?? La romana Laura Rogora, 18 anni, in azione in parete. Figlia d’arte, gareggia per le Fiamme Oro
FASI/GRIPPO La romana Laura Rogora, 18 anni, in azione in parete. Figlia d’arte, gareggia per le Fiamme Oro

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