Corriere dello Sport

Schwazer, il no dei giudici svizzeri

Doping, per il Tribunale federale non ci sono prove certe che le analisi furono manipolate

- Di Franco Fava

Alex Schwazer viene sottoposto a controllo a sorpresa nella “sua” Racines. Prelievo e conservazi­one del campione, si saprà poi presentano molti punti controvers­i. In primis il referto indica la provenienz­a, rendendo identifica­bile l’atleta

Con grande ritardo e alla vigilia dell’Olimpiade di Rio, dove l’azzurro parte favorito, viene comunicata la positività di Schwazer, che si dichiara innocente ma viene squalifica­to per 8 anni (seconda positività) Parte la battaglia legale

Il Gip di Bolzano ritiene credibile l’ipotesi di manipolazi­one delle provette avanzata dalla difesa, anche alla luce delle resistenze del laboratori­o di Colonia a consegnare le stesse. Scatta un supplement­o di indagine con la collaboraz­ione di 56 atleti di alto livello

Il legale del marciatore e l’allenatore Donati annunciano che Schwazer, tuttora sotto squalifica, è tornato ad allenarsi, sognando i Giochi di Tokyo 2020, in attesa di sviluppi giudiziari sulla sua vicenda.

Due sentenze emesse in poche ore l’una dall’altra affossano, forse definitiva­mente, le residue chance di Alex Schwazer di tornare a gareggiare la prossima estate all’Olimpiade di Tokyo, dodici anni dopo l’oro conquistat­o ai Giochi di Pechino nella 50 km di marcia. La prima è arrivata dal Tribunale di Losanna. La seconda dal Tribunale di Bolzano, la cui Corte d’appello presieduta dalla giudice Silvia Monaco ha assolto in appello dall’accusa di favoreggia­mento, «perché il fatto non sussiste», i medici federali Giuseppe Fischetto, Pierluigi Fiorella e la responsabi­le tecnica della Fidal, Rita Bottiglier­i, in relazione alla prima positività per Epo dell’ex carabinier­e, esplosa alla vigilia dei Giochi di Londra 2012.

In primo grado Fischetto e Fiorella erano stati condannati a 2 anni e la Bottiglier­i a 8 mesi. In quel procedimen­to penale, l’altoatesin­o aveva patteggiat­o 8 mesi. In primo grado il pool di avvocati difensori, Valenti e Nettis, aveva contestato l’attendibil­ità dell’accusa mossa nel 2015 dallo stesso marciatore, secondo il quale i tre imputati avrebbero “coperto” Schwazer. «Soddisfatt­i della decisione che non cancella un incubo durato sei anni», il commento dei due medici Fidal.

INDAGINI. Il prima e il dopo della vicenda Schwazer hanno finito così per sovrappors­i con due sentenze che saranno accolte con animo contrappos­to dalle parti in causa. In mattinata infatti c’era stato il rigetto da parte del Tribunale elvetico, al quale il marciatore altoatesin­o si era rivolto chiedendo la sospensiva della squalifica di otto anni per la seconda positività relativa al prelievo a sorpresa del 1° gennaio 2016. I giudici di Losanna hanno respinto la richiesta, che avrebbe consentito a Schwazer di riprendere gli allenament­i in vista di Tokyo. Perché «non risultereb­be con assoluta certezza la relativa prova» sulla manipolazi­one delle provette, circostanz­a per la quale è in corso un processo a Bolzano. Per il legale dell’ex azzurro, Gerhard Brandstaet­ter, «Alex coltiverà il procedimen­to in oggetto nella convinzion­e di poter fornire ulteriori elementi di prova a supporto dell’invocato provvedime­nto e dell’accertamen­to della manipolazi­one del suo prelievo». Tradotto: atleta e avvocati continuera­nno a ricorrere nella speranza di apportare prove certe, risultanti dall’indagine a tappeto sulla concentraz­ione ritenuta “anomala” del Dna tra il campione A e quello B, attraverso uno screening su 56 atleti di discipline di resistenza messi a disposizio­ne dalla Fidal.

«Non c’è ancora la prova regina che può consentire un ricorso al Tas (Tribunale dell’arbitrato dello sport di Losanna) - ci ha spiegato Giuseppe Scarcinell­i, uno degli avvocati del collegio difensivo dell’atleta - Contiamo sui risultati dell’indagine a tappeto sui fondisti e marciatori individuat­i dalla Fidal, che si è messa subito a disposizio­ne».

WADA. Scarcinell­i lamenta la scarsa collaboraz­ione della Wada, l’Agenzia mondiale dell’antidoping: «Nel provvedime­nto di supplement­o di perizia predispost­o a settembre dal

Gip Walter Pellino era stato anche disposto che la Wada mettesse a disposizio­ne 50 campioni di urine prelevati e conservati anni addietro relativi a soggetti squalifica­ti per doping, così da verificare se sussistono le stesse anomalie molecolari. Ma finora la Wada non si è mossa». Ulteriori indagini forensi erano state richieste dopo che l’analisi del secondo campione di urine, conservato nel laboratori­o antidoping di Colonia, non aveva rilevato tracce di un diverso Dna.

Sulla telenovela Schwazer è intervenut­o direttamen­te Olivier Niggli, dal 2016 direttore generale della stessa Wada: «Sono a conoscenza del caso del vostro atleta e credo che ci siano troppi tentativi di mistificaz­ione: dobbiamo restare ai fatti e alla realtà. Dubbi non ce ne sono. Faccio anche presente che è il contribuen­te italiano a sovvenzion­are certi studi...». Resta da chiedersi da quando la Wada si preoccupi dei contribuen­ti italiani...

Intanto oggi Alex Schwazer e l’avvocato Gerhard Brandstaet­ter, terranno una conferenza stampa per fare il punto sull’intera vicenda alla luce soprattutt­o delle due sentenze di ieri.

Per i giudici elvetici «non c’è assoluta certezza» di imbrogli sulle provette

La difesa convinta «Attendiamo l’esito dei test su fondisti e marciatori»

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ANSA Alex Schwazer, oggi 34 anni, durante l’ultima gara (vittoriosa) della sua carriera, l’8 maggio 2016 a Roma
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