Schwazer, il no dei giudici svizzeri
Doping, per il Tribunale federale non ci sono prove certe che le analisi furono manipolate
Alex Schwazer viene sottoposto a controllo a sorpresa nella “sua” Racines. Prelievo e conservazione del campione, si saprà poi presentano molti punti controversi. In primis il referto indica la provenienza, rendendo identificabile l’atleta
Con grande ritardo e alla vigilia dell’Olimpiade di Rio, dove l’azzurro parte favorito, viene comunicata la positività di Schwazer, che si dichiara innocente ma viene squalificato per 8 anni (seconda positività) Parte la battaglia legale
Il Gip di Bolzano ritiene credibile l’ipotesi di manipolazione delle provette avanzata dalla difesa, anche alla luce delle resistenze del laboratorio di Colonia a consegnare le stesse. Scatta un supplemento di indagine con la collaborazione di 56 atleti di alto livello
Il legale del marciatore e l’allenatore Donati annunciano che Schwazer, tuttora sotto squalifica, è tornato ad allenarsi, sognando i Giochi di Tokyo 2020, in attesa di sviluppi giudiziari sulla sua vicenda.
Due sentenze emesse in poche ore l’una dall’altra affossano, forse definitivamente, le residue chance di Alex Schwazer di tornare a gareggiare la prossima estate all’Olimpiade di Tokyo, dodici anni dopo l’oro conquistato ai Giochi di Pechino nella 50 km di marcia. La prima è arrivata dal Tribunale di Losanna. La seconda dal Tribunale di Bolzano, la cui Corte d’appello presieduta dalla giudice Silvia Monaco ha assolto in appello dall’accusa di favoreggiamento, «perché il fatto non sussiste», i medici federali Giuseppe Fischetto, Pierluigi Fiorella e la responsabile tecnica della Fidal, Rita Bottiglieri, in relazione alla prima positività per Epo dell’ex carabiniere, esplosa alla vigilia dei Giochi di Londra 2012.
In primo grado Fischetto e Fiorella erano stati condannati a 2 anni e la Bottiglieri a 8 mesi. In quel procedimento penale, l’altoatesino aveva patteggiato 8 mesi. In primo grado il pool di avvocati difensori, Valenti e Nettis, aveva contestato l’attendibilità dell’accusa mossa nel 2015 dallo stesso marciatore, secondo il quale i tre imputati avrebbero “coperto” Schwazer. «Soddisfatti della decisione che non cancella un incubo durato sei anni», il commento dei due medici Fidal.
INDAGINI. Il prima e il dopo della vicenda Schwazer hanno finito così per sovrapporsi con due sentenze che saranno accolte con animo contrapposto dalle parti in causa. In mattinata infatti c’era stato il rigetto da parte del Tribunale elvetico, al quale il marciatore altoatesino si era rivolto chiedendo la sospensiva della squalifica di otto anni per la seconda positività relativa al prelievo a sorpresa del 1° gennaio 2016. I giudici di Losanna hanno respinto la richiesta, che avrebbe consentito a Schwazer di riprendere gli allenamenti in vista di Tokyo. Perché «non risulterebbe con assoluta certezza la relativa prova» sulla manipolazione delle provette, circostanza per la quale è in corso un processo a Bolzano. Per il legale dell’ex azzurro, Gerhard Brandstaetter, «Alex coltiverà il procedimento in oggetto nella convinzione di poter fornire ulteriori elementi di prova a supporto dell’invocato provvedimento e dell’accertamento della manipolazione del suo prelievo». Tradotto: atleta e avvocati continueranno a ricorrere nella speranza di apportare prove certe, risultanti dall’indagine a tappeto sulla concentrazione ritenuta “anomala” del Dna tra il campione A e quello B, attraverso uno screening su 56 atleti di discipline di resistenza messi a disposizione dalla Fidal.
«Non c’è ancora la prova regina che può consentire un ricorso al Tas (Tribunale dell’arbitrato dello sport di Losanna) - ci ha spiegato Giuseppe Scarcinelli, uno degli avvocati del collegio difensivo dell’atleta - Contiamo sui risultati dell’indagine a tappeto sui fondisti e marciatori individuati dalla Fidal, che si è messa subito a disposizione».
WADA. Scarcinelli lamenta la scarsa collaborazione della Wada, l’Agenzia mondiale dell’antidoping: «Nel provvedimento di supplemento di perizia predisposto a settembre dal
Gip Walter Pellino era stato anche disposto che la Wada mettesse a disposizione 50 campioni di urine prelevati e conservati anni addietro relativi a soggetti squalificati per doping, così da verificare se sussistono le stesse anomalie molecolari. Ma finora la Wada non si è mossa». Ulteriori indagini forensi erano state richieste dopo che l’analisi del secondo campione di urine, conservato nel laboratorio antidoping di Colonia, non aveva rilevato tracce di un diverso Dna.
Sulla telenovela Schwazer è intervenuto direttamente Olivier Niggli, dal 2016 direttore generale della stessa Wada: «Sono a conoscenza del caso del vostro atleta e credo che ci siano troppi tentativi di mistificazione: dobbiamo restare ai fatti e alla realtà. Dubbi non ce ne sono. Faccio anche presente che è il contribuente italiano a sovvenzionare certi studi...». Resta da chiedersi da quando la Wada si preoccupi dei contribuenti italiani...
Intanto oggi Alex Schwazer e l’avvocato Gerhard Brandstaetter, terranno una conferenza stampa per fare il punto sull’intera vicenda alla luce soprattutto delle due sentenze di ieri.
Per i giudici elvetici «non c’è assoluta certezza» di imbrogli sulle provette
La difesa convinta «Attendiamo l’esito dei test su fondisti e marciatori»