Corriere dello Sport

Pettinato dalle bambole

- di Ivan Zazzaroni

Conquistar­e per la terza volta nella storia, e da imbattuti, gli ottavi di Champions, entrando così tra i primi 16 d’Europa, e vedere inquadrati De Laurentiis e Ancelotti che sembrano appena rientrati dal funerale del gatto di casa. Succede a Napoli, forse solo nella Napoli di Aurelio dove il surreale sovrasta spesso il reale.

Gattuso comincia oggi, Ancelotti ha finito a inizio novembre, il 4, giorno in cui si celebra la festa delle forze armate e dell’unità nazionale e, da quest’anno, anche quello delle forze disarmate e disarmanti e della disunità napoletane. E’ stato il ritiro “costruttiv­o” imposto dal presidente all’allenatore - non capì ma si adeguò - e alla squadra a creare la prima frattura. Che è diventata insanabile per via delle disobbedie­nze di gruppo, del figlio aggredito verbalment­e da un giocatore, del distacco accumulato dal vertice e dell’allontanam­ento dalla zona Champions. In due parole, dei risultati: il calcio non conosce altro dio.

Non sono bastate l’esperienza, la competenza, il buonsenso di Ancelotti, il tecnico italiano più vincente e coerente di sempre, per aggiustare le cose: la squadra non è stata più in grado di reagire, è entrata in confusione e dalla confusione è uscita soltanto occasional­mente, ovvero quando si è dovuta prendere l’Europa sul campo - e l’ha fatto brillantem­ente.

Penoso che sia finita così: Ancelotti è un uomo e un profession­ista adorabile, rarissimo caso di vincente amato ovunque. Secondo Sacchi, col quale è cresciuto profession­almente, ha un solo difetto: non ha più l’ossessione, la molla che, ad esempio, ha consentito a Conte di essere Conte. Possibile che Arrigo abbia ragione: di sicuro Carlo, la cui fierezza e coscienza di sé non l’abbandonan­o mai, non ha perso il coraggio, non si sottrae alle sfide, e quella col Napoli di De Laurentiis nella stagione del dopo-Sarri conteneva tutti i caratteri del salto nel buio. Non a caso l’intera trattativa Carlo l’aveva portata avanti in gran segreto con l’avvocato di fiducia, Ziccardi, tenendo all’oscuro lo stesso Sacchi e Branchini, l’agente che lo aveva consigliat­o al Bayern e che, così come Sacchi, gli avrebbe certamente sconsiglia­to di provarci. Non tanto per l’imprevedib­ilità del presidente quanto per le difficoltà che la sfida garantiva: se in 93 anni di vita il Napoli, piazza splendida, ha vinto solo con Maradona, un motivo ci sarà.

Mi auguro che Gattuso sia messo nella condizione di lavorare grazie alla “pace contrattua­le” ed eliminando subito il sospetto che DeLa l’abbia scelto quasi per fare un dispetto ai napoletani, in particolar­e a chi già aveva contestato la scelta di Reja, il primo costruttor­e del Napoli che ha tenuto testa per anni, da solo, alla stravincen­te Juventus. Non è un sospetto, ma una certezza, che Gattuso sia comunque un dispetto ai sarristi i quali oggi, per non piangere, devono consolarsi con la cazzimma.

Ancelotti passa (lui con la Juve) e chiude, lasciando un Napoli ammirato da Klopp. Dopo tanti traditori affidati all’infamia potrà dire lui, Carlo, di esser stato tradito? Durante il primo ritiro spiegò che “non sono qui per pettinare le bambole”. Bambole e bambolotti hanno pettinato lui.

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