«Senza ritocchi il sistema C è destinato a implodere»
Un presidente di club motiva la protesta Floriano Noto, patron del Catanzaro, lancia l’allarme «La defiscalizzazione una goccia nel mare, ma serve»
«V ede, quando parliamo del concetto di formazione, noi società di Serie C sappiamo di essere protagoniste in assoluto. Perché formiamo i giovani tecnici, tutti gli allenatori che vanno per la maggiore hanno fatto la loro prima palestra nella nostra categoria; formiamo anche i giovani arbitri, che ovviamente non possono essere ancora bravi, lo diventano con noi ma nel frattempo qualche errore lo commettono. Formiamo naturalmente i giovani calciatori, quelli che faranno le fortune proprie e delle squadre di categoria maggiore. Tutto questo, però, ha dei costi che si abbattono interamente sulle nostre società. E allora, se non c’è neanche una piccola mano di aiuto persino irrisoria nel complesso di un budget decisamente elevato, la sola opzione che rimane in mano è fermarsi». Floriano Noto, presidente del Catanzaro al terzo anno di conduzione societaria, spiega nel dettaglio le ragioni dell’unanime grido di allarme lanciato dalla Serie C sulla defiscalizzazione. Le risposte non sono più differibili.
Due elementi, fra quelli che Noto trae dalla sua esperienza personale, fanno riflettere. E sono elementi comuni, la cui entità varia minimente in ragione del bacino di utenza e delle dimensioni del club. Spiega Noto: «Un giocatore che pago 100mila euro all’anno, fra tasse e contribuzioni varie in realtà mi costa 230mila euro. Sì, ha capito bene: 230mila euro e questa differenza va applicata per tutti i giocatori della rosa. Altro numero. Oggi noi giochiamo in Coppa Italia (contro il Catania, ndr), sa quando viene a costare questa partita assegnandole un valore singolo nel quadro dell’intera stagione? Dividendo il budget per il numero complessivo di gare di un anno, ci costa 350mila euro. E altrettanti ne costa ai nostri rivali odierni, per dimensione e bacino di utenza. Lei capisce che di questo passo, il sistema può soltanto implodere».
NON BASTA ANCORA. Tasse, solo tasse. «Siamo tenuti a pagare l’Irap, che dovrebbe essere una imposta sui contratti a tempo indeterminato, su rapporti di lavoro che però nel nostro caso possono essere soltanto temporanei, con maggiorazioni che costano. Di più. I contributi previdenziali fino a 100mila euro di ingaggio prevedono il 30%, oltre quella cifra la percentuale contributiva scende intorno allo 0,5%. Sembra quasi un incentivo a pagare di più. Ma che senso ha tutto questo? Si impone a una società di C una tassazione che nella stessa misura netta in Serie A è collegata a contratti milionari».
Insomma, le ragioni per protestare ci sono. «Ciò che vorremmo arrivasse all’esterno è che alla fine con la defiscalizzazione chiediamo un segnale. Perché il risparmio di 240mila euro massimi all’anno da riversare esclusivamente nelle strutture formative, e nella formazione calcistica, al cospetto di perdite che - parlando del mio caso a Catanzaro - sfiorano i due milioni e mezzo annui, è proprio un segnale, non una ciambella di salvataggio».
Il rischio è che lo stop dichiarato per il prossimo turno, diventi l’ultima fermata prima di vedere il futuro di tante società di Serie C entrare in una terra di nessuno. Il presidente del Catanzaro sintetizza ancora lo spauracchio: «Se non si metterà mano a una riforma complessiva il sistema imploderà, e questo non farà bene a nessuno. Non alla passione di milioni di tifosi delle squadre di C, ma nemmeno ai campionati maggiori che dovranno trovare altri palcoscenici per allevare i nuovi talenti».