CE LI HA ADDOSSO
La galoppata di otto vittorie consecutive fa della Lazio il terzo incomodo, tra Inter e bianconeri, per uno scudetto sempre più contendibile E l’attesa della Supercoppa si carica di suspense
Sul campionato spira un vento nuovo
La speranza dei non juventini si è avverata, almeno in questo girone d’andata. Non è un campionato come gli ultimi otto.
La speranza dei non juventini si è avverata, almeno in questo girone d’andata. Non è un campionato come gli ultimi otto. Tre squadre divise da 3 punti, dai 39 di Juve e Inter, ai 36 della Lazio, non è una novità assoluta, ma il timore, in continua crescita, di assistere a un campionato monocolore (o bicolore, bianco e nero) per adesso lo possiamo accantonare. Merito (o demerito, dipende dai punti di vista) della Juve che un anno fa dominava la classifica con 46 punti e quest’anno è sempre al comando ma non da sola e, rispetto al campionato scorso, con 7 punti in meno, esattamente i 7 punti in più dell’Inter, sua compagna di viaggio al comando della Serie A. Ma se la Juve, nella sua storia secolare, non ha fatto altro che seminare scudetti, e se l’Inter si è finalmente riappropriata di un ruolo da protagonista, ciò che colpisce adesso è la freschezza, la forza, la sfrontatezza e l’autorevolezza della Lazio, una novità per la posizione che occupa, ma non per il calcio che gioca da un po’ di tempo a questa parte, né per la natura profondamente tecnica del suo centrocampo.
COME IL MILAN DEI NUMERI 10. Pensando alla Lazio di Inzaghi viene in mente il Milan di Ancelotti, quello dei numeri 10. Non per il modulo, non per lo sviluppo della manovra, ma per il principio che sta alla base della costruzione. La qualità. Quel Milan giocava con Pirlo regista, Seedorf mezz’ala, Kakà e Rui Costa dietro a un attaccante. C’era un solo mediano, Gattuso. Se pensiamo ai centrocampisti della Lazio, Luis Alberto è un 10 puro, Correa può esserlo benissimo, Milinkovic anche e se un giorno, per caso, Inzaghi facesse avanzare di 20-30 metri Lucas Leiva potrebbe diventarlo pure lui. In questo discorso, il numero 10 sta a significare non tanto il ruolo di trequartista ma l’elevata tecnica dei giocatori. La Juve ti conquista quando la palla passa fra i piedi di Dybala,
dell’Inter puoi ammirare la statura e la forza fisica di tutta la squadra, ma della Lazio resti abbagliato, quando gioca tutta insieme come è capitato proprio contro la Juve, da quell’insieme di primi violini.
LA DIFFERENZA. L’affidabilità della Juve è data dalla presenza di soli campioni (o quasi) in ogni ruolo, dal terzino destro alla prima punta. Se si pensa che Sarri, pur facendo giocare un buon centrocampista come Bernardeschi (749') quasi quanto un fenomeno come Dybala (891') è comunque in testa al campionato, significa che le risorse bianconere sono immense. E’ quanto manca sia a Conte che a Inzaghi. La Juve non dà spettacolo, l’Inter gioca ancora peggio, ma se Sarri sta ancora cercando un modo per trascinare la squadra sulla sua via, Conte sta procedendo in un’altra direzione. Un po’ è la sua natura, si vince di forza, tutti insieme, mettendo sotto l’avversario con la corsa, il fisico e l’applicazione, ma un po’ è colpa anche di una serie di infortuni che gli hanno tolto gli unici due centrocampisti di ottimo livello tecnico, Barella e Sensi. Non solo. Non va sottovalutata l’assenza di Sanchez, un tipo di attaccante che renderebbe più divertente la parte finale dell’azione. Se i gol non certificano in modo definitivo la qualità del gioco, di sicuro la illustrano bene: la Lazio ha il miglior attacco del campionato, 38 gol, come l’Atalanta, 6 in più dell’Inter di Lautaro e Lukaku, 9 in più della Juve di Higuain, Dybala e Ronaldo. Parere personale: la
Lazio ha il miglior centrocampo della Serie A, esterni esclusi.
QUANTO DURERA’ L’INCERTEZZA. Negli anni in cui il campionato sembrava più vivo, l’incertezza si scioglieva fra febbraio e marzo, in coincidenza con la ripresa delle Coppe. Ogni volta si diceva che la Juve, sempre più orienta
Sette punti in meno per la Juve e sette in più per l’Inter: così nasce il co-primato
Questa Lazio ricorda il Milan di Ancelotti dei numeri 10, tutta qualità in mezzo
ta sulla Champions, avrebbe disperso un po’ di energie e invece accadeva sempre l’esatto contrario, anche quando arrivava in finale. La Juve attinge forza dagli obiettivi che insegue. Ce l’ha nel sangue. L’Inter dà l’impressione di aver già raggiunto il massimo delle sue possibilità, per vincere ha bisogno di tenere il ritmo altissimo, ha bisogno di intensità, se molla anche di poco rischia di prendere gol come è successo a Firenze, in contropiede e in pieno recupero. Sullo spessore della squadra può incidere il mercato di gennaio, quando le richieste di Conte si faranno pressanti. Ma il vero quesito, su quanto possa reggere l’incertezza in alta classifica, è legato alla Lazio. La Coppa avrebbe costretto Inzaghi a intensificare la rotazione, non potendo schierare eventualmente una squadra B di ottimo livello in certe gare europee avrebbe impiegato anche i “titolaroni”. Così invece non ci sono dubbi: Leiva, Luis Alberto,
Milinkovic, Correa e Immobile giocheranno una gara ogni 7 giorni, potranno allenarsi regolarmente e recuperare. E’ chiaro che è sempre meglio giocare in Coppa, ma in questo caso la Lazio può coltivare una speranza in più, può concentrarsi meglio su un unico traguardo, può gestire e programmare.
Da otto anni a questa parte la Juve vince il campionato perché è la più forte, non la più bella. Ha tentato il Napoli di Sarri a prendersi lo scudetto col bel gioco e non c’è riuscito. Adesso può provarci la Lazio.
L’incertezza resta legata soprattutto alla tenuta laziale: che può resistere