Il dovere di ripartire
Guardarsi alle spalle dà un senso al proprio vissuto, che nell’ultimo decennio sa sempre d’Europa, di Champions, di notti magiche, a volte anche un po’ terribili, però consumate sistemandosi stabilmente tra l’elite. E guardare avanti ne dà un altro, egualmente fascinoso, perché al G16 il Napoli ci sarà ancora, sfilerà al Camp Nou, lascerà che nelle tenebre del San Paolo siano i sei palloni d’Oro di Messi a illuminarlo, sognerà o poi chi ha detto che si dispererà!? Il calcio è materia scivolosa, la più perfida scienza inesatta che in due-tre mesi può evolversi sfruttando un algoritmo inatteso e insospettabile, quello che va raschiato nel fondo del mercato e che può consentire di credere che ci sia anche vita su Marte. Il Progetto - per filosofia, tempistica e opportunità - ha sempre evitato di rifugiarsi, a gennaio, in un labirinto persino oscuro e l’unica volta in cui il Napoli si è sottratto a se stesso, alla propria idea di calcio, ne è uscito ricostruito tecnicamente, e in che modo, con l’asse Ghoulam-Jorginho sistemato, ma guarda un po’, proprio su quella diagonale di passaggio divenuto un tormento esistenziale da cui difendersi. Il destino sa come intervenire, a volte lo fa persino in tackle, e ora che il metodo-Ancelotti è stato ufficialmente e definitivamente smantellato e all’orizzonte c’è quel richiamo morboso del tridente, qualcosa che riconduca emotivamente al “sarrismo” o a un tentativo di football che a modo suo lo avvicini e semmai lo ricordi, De Laurentiis ha già deviato la propria corsa sul centro-sinistra, ha superato a destra la propria allergia a trattare senza prospettive, ha riscritto una strategia che sembra quasi un copione e l’ha affidato a Giuntoli e Gattuso, responsabili tecnicamente di trascinare il Napoli fuori da questa terra di nessuno nella quale, per una serie di errori e non semplicemente di congiunzioni astrali sfavorevoli, si è ritrovato. La Champions, già da sola, è una vetrina scintillante, un’occasione da non sprecare, e va affrontata inseguendo un nuovo equilibrio che consenta di stare in un calcio ora diverso da quello tratteggiato sino alla settimana scorsa. Poi è piombato sulla scena in Barcellona, porta con sé lo charme quasi ineguagliabile del suo modernismo, è l’evocazione di un’epoca, quella del tiki-taka e del “guardiolismo”, ma è tante altre cose ancora. Quando si è diventati grandi, si fa fatica a tornare indietro, anzi non si può.