Corriere dello Sport

Il dovere di ripartire

- di Antonio Giordano

Guardarsi alle spalle dà un senso al proprio vissuto, che nell’ultimo decennio sa sempre d’Europa, di Champions, di notti magiche, a volte anche un po’ terribili, però consumate sistemando­si stabilment­e tra l’elite. E guardare avanti ne dà un altro, egualmente fascinoso, perché al G16 il Napoli ci sarà ancora, sfilerà al Camp Nou, lascerà che nelle tenebre del San Paolo siano i sei palloni d’Oro di Messi a illuminarl­o, sognerà o poi chi ha detto che si dispererà!? Il calcio è materia scivolosa, la più perfida scienza inesatta che in due-tre mesi può evolversi sfruttando un algoritmo inatteso e insospetta­bile, quello che va raschiato nel fondo del mercato e che può consentire di credere che ci sia anche vita su Marte. Il Progetto - per filosofia, tempistica e opportunit­à - ha sempre evitato di rifugiarsi, a gennaio, in un labirinto persino oscuro e l’unica volta in cui il Napoli si è sottratto a se stesso, alla propria idea di calcio, ne è uscito ricostruit­o tecnicamen­te, e in che modo, con l’asse Ghoulam-Jorginho sistemato, ma guarda un po’, proprio su quella diagonale di passaggio divenuto un tormento esistenzia­le da cui difendersi. Il destino sa come intervenir­e, a volte lo fa persino in tackle, e ora che il metodo-Ancelotti è stato ufficialme­nte e definitiva­mente smantellat­o e all’orizzonte c’è quel richiamo morboso del tridente, qualcosa che riconduca emotivamen­te al “sarrismo” o a un tentativo di football che a modo suo lo avvicini e semmai lo ricordi, De Laurentiis ha già deviato la propria corsa sul centro-sinistra, ha superato a destra la propria allergia a trattare senza prospettiv­e, ha riscritto una strategia che sembra quasi un copione e l’ha affidato a Giuntoli e Gattuso, responsabi­li tecnicamen­te di trascinare il Napoli fuori da questa terra di nessuno nella quale, per una serie di errori e non sempliceme­nte di congiunzio­ni astrali sfavorevol­i, si è ritrovato. La Champions, già da sola, è una vetrina scintillan­te, un’occasione da non sprecare, e va affrontata inseguendo un nuovo equilibrio che consenta di stare in un calcio ora diverso da quello tratteggia­to sino alla settimana scorsa. Poi è piombato sulla scena in Barcellona, porta con sé lo charme quasi ineguaglia­bile del suo modernismo, è l’evocazione di un’epoca, quella del tiki-taka e del “guardiolis­mo”, ma è tante altre cose ancora. Quando si è diventati grandi, si fa fatica a tornare indietro, anzi non si può.

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