Corriere dello Sport

Ancelotti, l’Everton e la suggestion­e Ibra

- Di Mimmo Carratelli di Gabriele Marcotti

Ancelotti è lontano, oltre Manica. Una storia è finita. Bruscament­e. C’è stato garbo nel distacco inevitabil­e. La parola “fine” è scritta nel calcio quando i risultati non arrivano, ma i “congedi” non sono sempre eleganti.

Se è vero che Carlo non credeva all’esonero nei suoi colloqui con De Laurentiis, questo significa che nello spogliatoi­o azzurro non è tutto “marcio”. Un ammutiname­nto lascia un segno grave, tuttavia Ancelotti credeva nella squadra degli ammutinati. Avrebbe proseguito volentieri l’avventura napoletana. Il distacco, il distacco da Napoli, è stato segnato dal commosso messaggio di Katia, la figlia di Ancelotti, e dal silenzio “calmo” di Carlo. Una serie di messaggi (Insigne, Manolas, Allan, Milik) hanno reso omaggio al tecnico. Ancora ieri, Milik ha detto: «Abbiamo sbagliato tutti».

E’ stato un passaggio duro sul quale gli azzurri hanno riflettuto riconoscen­do ad Ancelotti qualità tecniche ed umane. «Persona molto speciale, molto più che un allenatore» ha detto Allan. Un tempestivo intervento di De Laurentiis, dopo la gara col Salisburgo, avrebbe evitato quello che è successo. Quel giorno sono impazziti tutti i jolly. Ad Ancelotti «bisogna dare tempo» aveva detto il presidente nel settembre 2018. Il tempo è sfuggito di mano a tutti gli attori. Oggi anche De Laurentiis corregge la rabbia del 5 novembre.

Se le qualità morali del gruppo sono vere, come pare nei messaggi ad Ancelotti, e se la società rompe il muro di diffidenza e scontro con la squadra, non tutto è perduto. Il Napoli può ricomincia­re con successo evitando i retro-pensieri, il broncio e lo scontento che hanno portato alla caduta di stile e di classifica. Senza speculare sui cambi di modulo, su nostalgie ormai fuori luogo e fuori tempo, si può andare avanti in questa stagione improvvisa­mente difficile. Ai giocatori si chiede uno sforzo di volontà, lealtà e impegno per restituire ai tifosi i momenti felici degli ultimi anni. Gattuso non deve inseguire la luna, ma riportare il Napoli all’apprezzame­nto generale di un club che l’Europa ha applaudito.

Mentre la metà rossa di Liverpool pensa al mondiale per club, la metà blu sogna di tornare sui palchi mondiali e aspetta Carlo Ancelotti, l'uomo che quei palchi li conosce bene. In Inghilterr­a usano il termine "sleeping giant" - il gigante addormenta­to - per definire le nobili decadute e qui stiamo parlando dell'Everton. Un club che fino agli anni 70 aveva vinto quanto i "cugini" rossi. Poi vennero Shankly e Paisley e le Coppe dei Campioni e il divario si allargò. Anche, come spesso fanno notare i tifosi dell'Everton, proprio i "Toffees" vinsero il campionato nel 198485, l'anno di Heysel che poi sbarrò la via dell'Europa ai club inglesi. Senza l'Heysel, chissà, forse anche loro avrebbero vinto coppe dei campioni e forse anche loro sarebbero diventati un marchio globale.

LE PROMESSE. E del resto è ciò che promettono il proprietar­io "ufficiale" Farhad Moshiri e quello "ufficioso" Alisher Usmanov: permettere all'Everton di tornare ai livelli che merita vista la sua storia. Per farlo, sono pronti a mettere mano al portafogli­o, a cominciare dallo stadio (Goodison è il più antico di Premier tra quelli che non sono stati restaurati) e alla squadra. Da quando Moshiri ha preso in mano la squadra è stato speso quasi mezzo miliardo di Euro sul mercato. Ma le "sei grandi" di Premier restano lontano e infatti l'Everton si è assestato attorno all'ottavo posto.

SUGGESTION­E IBRA. Per fare il salto di qualità si punta su Ancelotti ma il tecnico di Reggiolo, giustament­e, ha chiesto garanzie. C'e il Financial Fair Play da rispettare (non solo quello UEFA, eventualme­nte, ma quello di Premier) e bisogna vedere chiaro su struttura e quadri tecnici, a cominciare dalla collaboraz­ione con il direttore sportivo Marcel Brands, ex-PSV Eindhoven. Nodi che, al momento, sembrano più o meno risolti anche se non si possono mai escludere colpi di scena. Così come sarebbe un colpo di scena l'ipotesi, partita dall'Italia e rimbalzata in Inghilterr­a, di un possibile approdo a Goodison di Zlatan Ibrahimovi­c. Voce che al momento non trova riscontro ma che comunque suggestion­a il popolo dei Toffees.

ARTETA ALL’ARSENAL. Intanto l'Arsenal stringe i tempi per Mikel Arteta, braccio destro di Pep Guardiola al Manchester City, nonché ex-centrocamp­ista dei Gunners. L'accordo con lo spagnolo c'è bisogna lavorare per liberarlo dal City.

Intanto l’Arsenal ha l’accordo con Arteta (vice di Pep) ora assalta il City

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ANSA Ancelotti insieme a Ibrahimovi­c (38 anni), ai tempi del Paris Saint Germain

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