Marchionne ha aperto la strada
Anche se non c’è più, sarà orgoglioso, ovunque sia, che qualcuno abbia seguito il suo esempio. Magari il buon Sergio Marchionne avrebbe preferito un’altra soluzione americana, ma PSA e l’Europa vanno benissimo se risolvono il problema delle sinergie e della sopravvivenza. Aveva lavorato, cioè azzerato il debito, proprio per questo Marchionne. E se pure l’intesa è arrivata dopo 10 anni di ricerca, fa nulla. L’importante era dismpegnarsi, nemmeno tanto, fare profitti e restare sempre nel gioco.
Già, fu proprio Marchionne il primo a porre nel 2014 la necessità del consolidamento per consentire la sopravvivenza del settore: «l’industria dell’auto è troppo frammentata e il capitale necessario per farla andare avanti è eccessivo, antieconomico», spiegava. Il suo sogno era la fusione con General Motors, l’alleanza, secondo il manager, in grado di dare i maggiori benefici in termini di sinergie di costi e possibilità di espansione. La vecchia Fiat era già stata sposata con l’allora gigante di Detroit ma poi era andato tutto a rotoli e le nuova avances di Marchionne non riuscirono a convincere l’ad di G.M. Mary Barra. I due non si sono mai incontrati. Marchionne era così determinato su quella scelta, da considerare l’ipotesi di lanciare addirittura un’Opa (“non ostile”) su G.M., ma la cifra necessaria, 60 miliardi di dollari, era davvero eccessiva per FCA, ancora indebitata. E la questione si chiuse lì.
Tramontato il sogno G.M. si scatenò il “tormentone” Volkswagen. La casa di Wolfsburg aveva da sempre nel mirino l’Alfa Romeo ma il Lingotto nessuna intenzione di cederla, visto che il piano di FCA aveva ed ha tra i suoi punti di forza proprio il rilancio del Biscione destinato anche al mercato americano. Così Marchionne riuscì a respingere le lusinghe dei tedeschi.
Nell’estate 2017 l’attenzione si spostò in Asia: FCA portò avanti trattative con la cinese Geely, ma soprattutto con il gruppo coreano Hyundai Motor che ha tra i suoi punti di forza le soluzioni green dall’ibrido all’elettrico, dal gas fino all’idrogeno. Tutto sempre senza dimenticare di parlare con la famiglia Peugeot, partner storico di Fiat nella joint venture Sevel che produce veicoli commerciali. Dopo l’acquisto di Opel però Peugeot era diventata troppo dipendente dall’Europa e
Marchionne decise di abbandonare anche questo progetto. A quel punto, al manager non restava che l’obiettivo di completare il piano 2018 con l’azzeramento del debito di FCA. «Il consolidamento sarà un problema del mio successore», spiegava mentre siglava partnership per rafforzarsi sul fronte delle nuove tecnologie e dell’auto del futuro. La prima con Google con un accordo che ha permesso di testare sulla Chrysler Pacifica le applicazioni di guida autonoma e poi il consorzio con Bmw e Intel per il software legato alle self driving cars. L’ultima tentazione è stata la trattativa fallita tra maggio e giugno con Renault-Nissan. Nel destino, evidentemente, c’era solo PSA.