Corriere dello Sport

«NEL NUOVO CICLISMO VOTO NIBALI»

Diego Ulissi tra famiglia Liegi e il sogno olimpico «I giovani arrivano e vincono prima non era così. Ma Tokyo è fatta su misura per Vincenzo»

- Di Alessandra Giardini

C’ è un corridore italiano che sul percorso olimpico di Tokyo ha già vinto: lo scorso luglio Diego Ulissi ha battuto tutti nel test event, e racconta di un tracciato «duro, senza un metro di pianura, l’ultima salita a 30 chilometri dall’arrivo è costanteme­nte al 10%, è tutto un su e giù, non c’è mai respiro, il Fuji rimarrà nelle gambe, e ci sarà tutto quel caldo umido, respirare sarà un problema». Se deve fare un nome «dico Nibali, ancora Nibali, per Vincenzo è un percorso molto adatto, fra gli stranieri invece il primo che mi viene in mente è Roglic, poi va beh Valverde, a lui sono adatte tutte le corse». Quanto a lui, Ulissi, «intanto speriamo di andarci alle Olimpiadi, i posti sono pochi, bisogna andare forte, certo io posso ricoprire più ruoli e credo di averlo dimostrato, questo Cassani lo sa benissimo, spero che tutto fili per il verso giusto». Ai primi di marzo in casa Ulissi arriverà un’altra bambina, «già prima erano due contro uno, adesso sono proprio rovinato». Diego gioca, fa finta che gli dispiaccia che sia ancora una femmina, «io volevo un maschio, immaginavo già di portarlo a giocare a pallone, o a hockey, qui in Svizzera va molto. No, io non ci gioco, non so nemmeno andare sui pattini». Lia ha sette anni, appena nata era un terremoto, «adesso anche peggio, in più ultimament­e ha le sue botte di gelosia, si rende conto che fra un po' non sarà più da sola, che avrà concorrenz­a, e allora reagisce così». Nella vita le cose cambiano. Anche nel ciclismo. La stagione che sta per cominciare è la prima che Diego affronta senza Manuele Mori, che dopo una vita ha deciso di lasciare. «E' strano. Per tutti questi anni abbiamo praticamen­te convissuto, siamo stati più insieme che con le nostre mogli. Sono contento per lui, finalmente si riposa e si gode un po’ la famiglia. Però, non è che non lo vedrò più: farà l’assistente tecnico nella Uae, in diverse corse me lo ritroverò in ammiraglia. Immagino che continuerà a bacchettar­mi come faceva quando eravamo in camera assieme, si vede che me lo merito». Che 2020 sarà?

«Farò il Natale in Toscana poi partirò per l’Australia, comincio a correre lì. Farò il Giro, che preferisco al Tour soprattutt­o quest'anno, nell'ipotesi di far parte della squadra olimpica». La corsa dei sogni è sempre la stessa?

«Sì, non cambio idea. La Liegi è come tutti i sogni: è sempre lì, è bene pensarci ma non troppo, se no diventa un’ossessione».

A cosa sarebbe disposto a rinunciare pur di vincerla?

«A tutto». Ancheavede­revincerel­asuaJuve? «Beh, la Liegi è la Liegi. E poi tanto la Champions non si vince, non c’è verso».

Che cos’ha di speciale il calcio? «Lo spettacolo, purtroppo si porta dietro anche tante teste bacate, il razzismo. Ma io continuo a vederci un bello spettacolo, un’atmosfera che mi piace, mi piacciono anche i tatticismi, la mano dell’allenatore. Il mio preferito per quello che trasmette ai giocatori è Conte. Negli ultimi anni ho molto rivalutato Allegri».

Il razzismo nel ciclismo non c’è? «No, è uno sport che fin da piccoli ti educa rispetto degli altri, si fa tutti la stessa fatica». E’statounann­orivoluzio­nario.Che effettolef­avedererag­azzigiovan­issimi così forti?

«Il ciclismo cambia: quando sono passato profession­ista io, dieci anni fa, ci voleva tempo per vincere gare importanti, adesso invece passano e sono già pronti».

Suo padre è stato un campione di mountain bike, a casa vostra l’interdisci­plinarietà non è una novità. «No. E, forse, è proprio quella che dà qualcosa in più a questi ragazzi, la scuola di fuoristrad­a non ha uguali, ti abitui a fare sforzi che su strada sono difficili da fare».

Lei lo fa ancora?

«Negli ultimi anni, soprattutt­o d’inverno, faccio tanta mountain bike. Esco con Nibali, ma lui mi stacca sempre, mi fa fare una fatica».

Quando si allena in Toscana, mette sui social le foto dei cipressi di Bolgheri. A certi paesaggi non si fa mai l’abitudine.

«Sarò passato da lì centinaia di volte, ma mi godo sempre lo spettacolo. Quando mi alleno mi piace guardarmi attorno. Prima ero meno attento, mi sa che invecchio».

Ha mai paura quando si allena? «Sì, molta. Bisogna avere gli occhi anche dietro la testa. Diventa sempre peggio. Prepotenti in giro ce ne sono tanti e non ci puoi far niente, c’è gente che ti sfiora solo per dispetto, è capitato anche a me. Noi siamo indifesi, siamo su due ruote: se ti prendono, se va bene finisci all’ospedale». Parliamo della sua squadra, la Uae. Cominciand­o da Aru.

«Fabio si allena, è in ripresa, sta risolvendo un po’ tutti gli acciacchi, è il primo che spera di tornare a grandi livelli».

In squadra vi siete trovati fra le mani un fenomeno, Pogacar.

«Nella prima parte della stagione abbiamo corso molto insieme, mi ha impression­ato. Ci siamo resi conto subito che andava forte, era fatica a stargli a ruota. Se manterrà questa determinaz­ione, e non ho dubbi che lo farà, diventerà uno dei grandissim­i del ciclismo».

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FIZZA.IT Diego Ulissi 30 anni

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