Corriere dello Sport

Con il romanzo di Riva si ritorna bambini

- Alviero Bartocci, Torino, it.dsv.com

Caro Cucci, aspettavo, da malato di pallone, il primo tratto del narrator Principe, Federico Buffa, sulla vita e sulla carriera di Rombo di Tuono, Luigi Gigi Riva. Allora io e mio fratello gemello pensavamo al calcio del Brasile, in quelle domeniche del 1970, proprio come Luigi Riva e Roberto Bonimba Boninsegna, fratelli di stanza a Cagliari, fino a quell’anno. Era un rito. Meccanico. Papà ci portava , con nostra mamma, a quello stock scaramanti­co, in attesa febbrile dei risultati dei primi tempi, ascoltati dalla Stock di Trieste in “Tutto il calcio minuto per minuto”. E quel 15 marzo 1970 eravamo alle porte di Pinerolo, che si può leggere due volte, come un campo di pallone, Porte di Pinerolo. E c’era quello spettro, una minaccia con tenerezza, ai gemellini di 8 anni. «Vedete quel casermone, così verde, così triste? Là vivono bambini meno fortunati di voi. E’ un collegio». Ma quel pomeriggio era diverso. C’era Juventus-Cagliari, scontro diretto per il titolo. Papà, cuore granata vero, voleva capire per quale squadra ci schierassi­mo. Soffrire per il Toro, o guardare gli altri dalla Mole come fanno quelli che vogliono vincere la coppa dei lampioni? Papà non disse nulla, accennò ad una smorfia... Noi quattro, invece, andammo a consumare una cioccolata magica, calda, lunga 45 minuti e due rigori, più due sorsi di recupero. Il Cagliari aveva due punti di vantaggio sui rivali. Ed andò sotto da un autogol di Niccolai, che giocava come da infiltrato contro il portierone, Ricky, Albertosi. Rombo di Tuono, Luigi Gigi Riva, pareggiò allo scadere di frazione, in tempo per sentire l’1-1. Ed il secondo tempo fu impagabile, come la cioccolata. Non c’erano sostituzio­ni, ma Papà s’inventò un cappuccino per la benedizion­e. Concetto Lo Bello, l’arbitro imperatore, iniziò la sua recita in nero, a soggetto. Decretò un rigore per i bianconeri, inventato. Albertosi lo sventò. Ma no, non poteva esser vero. L’arbitro ordinò la ripetizion­e. E Ricky appoggiò come Luigi in silenzio, in collegio, le sue lacrime nascoste al palo. Ed Anastasi, impietoso, realizzò il 2-1. Ma ancora Luigi, Luigi Riva, che aveva visto le stelle rare di un collegio, ottenne il modo per rimediare. Lo atterraron­o. Rigore. E fu il 2-2 verso il tricolore. Ed ai Mondiali, in Messico, Luigi Gigi Riva ritrovò il gemello, Bobo, Bonimba Boninsegna, col quale litigava in campo, ma i due si stimavano come fratelli veri. Bobo era andato all’Inter, per Domenghini e Gori, proprio in quell’anno tricolore per i sardi. Ed in Messico, loro, sì, si erano trovati , come in un bar, ad affrontare il Signor Pelè, nero come il cioccolato, già, in finale. E al gol del pari, l’effimero 1-1, Bobo, Bonimba, aveva dovuto dribblare ancora Luigi, come ai vecchi tempi. Finì così l’incanto. Norbert Hof, il macellaio austriaco, fece il resto...

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