Corriere dello Sport

Addio Pietruzzu Il calcio piange Anastasi

Si è spento a 71 anni l’attaccante che vinse tre scudetti con la maglia della Juve

- Di Roberto Perrone

di Roberto Perrone

Era un meridional­e che aveva sfondato, conquistan­do un posto di rilievo nella creatura prediletta del padrone. Pietro Anastasi faceva parte della “squadra del Sud” all’interno della Juve.

Pietro Anastasi si è spento ieri a 71 anni dopo una lunga malattia, di cui lui stesso aveva parlato per la prima volta nel dicembre del 2018. Attaccante agile, veloce, aveva cominciato con la Massiminia­na, a Catania, e poi aveva giocato con Varese, Juventus, Inter, Ascoli e Lugano. Era nato a Catania il 7 aprile 1948. Esploso a Varese, la Juve se lo aggiudicò nel maggio 1968 per la cifra record di 650 milioni. Quell’anno diventò un eroe per tutta Italia: convocato agli Europei, ospitati dall’Italia, fu schierato da Valcareggi nella ripetizion­e della finale contro la Jugoslavia, segnando un gol bellissimo in rovesciata nel successo dell’Italia per 2-0. Chiuse la carriera nel 1982 con il Lugano. La Juventus lo ha salutato così: «La Juventus abbraccia la moglie Anna, i figli Silvano e Gianluca e saluta Pietro con una semplice parola grande quanto lui: Grazie»

Era un meridional­e che aveva sfondato, conquistan­do un posto di rilievo nella creatura prediletta del padrone. Faceva parte della “squadra del Sud” all’interno della Juventus, con Causio, Cuccureddu, Furino, Longobucco. Pietro Anastasi era uno di loro, un fratello nato e cresciuto a Catania in una famiglia come la loro, modesta e operaia, formata da nove persone, facendo vari lavori, tra cui il ciabattino. «Ero bravissimo a riparare le suole delle scarpe» rivendicò con orgoglio. Come loro era arrivato a Torino, la città dell’industria, della Fiat e del pallone in cerca di fortuna, però, mentre loro sarebbero rimasti anonimi ingranaggi della catena di montaggio, lui aveva rappresent­ato il senso del riscatto di un popolo. Fu il primo ad avvicinare il Sud al Nord. Il catanese Pietro Anastasi, in quella Torino operaia, dove il Boom stava sfumando e cominciava il decennio di piombo, divenne un doppio idolo, dei meridional­i e degli juventini: è uno dei 50 con la stella all’Allianz Stadium.

L’idolo del ragazzo di Sicilia, invece, era John Charles di cui portava la foto, scattata al Cibali, nel portafogli­o. Rispetto al colosso gallese, però, era molto diverso, un altro tipo di attaccante. Questo dettaglio tecnico, unito a una certa permalosit­à che sfociava nella sindrome d’accerchiam­ento “ce l’hanno tutti con me” - litigò con quasi tutti gli allenatori, fatale lo scontro con Parola - ne zavorrò la carriera. Era un falso nove, ma senza una teoria alle spalle. Più simile a Cruyff, tra scatti e scarti, che a Boninsegna con cui fu protagonis­ta di uno scambio Juve-Inter di cui ancora si parla.

Era agile, veloce, segnava gol d’istinto, come quello che, raddoppian­do Riva, diede all’Italia l’unico titolo europeo. Accadde nella ripetizion­e della finale del 1968, contro la Jugoslavia a Roma. Da Catania erano partiti, inviati della “Sicilia”, due famosi giornalist­i, Luigi Prestinenz­a e Candido Cannavò. Il futuro direttore della Gazzetta aveva scritto due commenti, vittoria o sconfitta. L’exploit inatteso del ventenne enfant du pays lo costrinse a gettare entrambi. A Catania si festeggiò due volte e venne dato alle stampe perfino un instant book (che non si chiamava così), autore Mario Continella: “La favola di Petru ‘u Turcu”. Costo 500 lire. Al termine di quella stagione, 1967-68, la seconda con il

Varese, passò alla Juve. L’Inter del neo presidente Fraizzoli era arrivata prima, offrendo a Borghi, il patron del club e dell’Ignis, 400 milioni. Agnelli contrattac­cò con una fornitura di motorini per i frigorifer­i, valore 600 milioni.

L’abbiamo sempre chiamato Pietruzzu, ma lui era “Petru ‘u turcu” per via della carnagione scura. I tifosi nemici lo apostrofav­ano con il classico “terrone”. Adesso ci sarebbero sanzioni e un dibattito politicame­nte corretto. Anastasi preferì risolverla così: “Sarò pure terrone, ma guadagno più di voi tutti messi assieme, polentoni”.

Il pallone nel destino, la scuola saltata come un avversario molesto. Primo inquadrame­nto la Massiminia­na, serie D, proprietà dei fratelli Massimino. Alfredo Casati, ds del Varese, dopo la partita giocata al Cibali, lasciò il suo posto sull’aereo di ritorno a una donna incinta. Così andò a vedere la Massiminia­na e chiuse l’affare. Petru ‘u turcu a Varese trovò la signora Anna e il posto delle fragole. Il trasferime­nto al Nord venne favorito dall’avversione dei Massimino per il Catania che rimase anche quando Angelo acquistò il club.

Anche il suo rapporto con la Nazionale, dopo l’avvio pirotecnic­o fu altalenant­e. Contribuì pure la iella. Nel ’70 saltò i Mondiali per un motivo che a raccontarl­o pare una barzellett­a: un massaggiat­ore gli diede per scherzo una botta sui testicoli e dovette addirittur­a operarsi. Per sostituirl­o presero due attaccanti: Prati, di cui Valcareggi non si fidava, e Boninsegna, la sua nemesi. Ritornò in Nazionale nel 1974 per la spedizione Azzurro Tenebra (copyright Arpino) in Germania. Sopravviss­e all’epurazione post-Mondiale della coppia Bernardini-Bearzot per una gara, contro l’Arancia meccanica olandese di Cruyff. Sopravviss­e altri due anni alla Juve, con l’anziano Altafini a soffiargli sulla schiena con i suoi gol decisivi da subentrant­e.

Andò all’Inter con il tremendo vaticinio di Gianni Brera: «E’ finito, altrimenti la Juve non lo avrebbe ceduto». Chiuse al Lugano, a inizio Anni ’80, ma prima si prese qualche soddisfazi­one con l’Ascoli, segnando il centesimo gol in serie A a Torino, alla Juve, di testa con standing ovation del Comunale che non l’aveva dimenticat­o. Con Madama ha giocato otto stagioni, stabilendo un record che ha resistito fino a Ronaldo: 9 reti nelle prime 13 gare (1968-69). Di CR7, diventato opinionist­a tv, già minato dal male, disse: «Meglio di Ronaldo, in bianconero, ho visto Platini, Baggio, Zidane e Del Piero». Ha cercato, con una finta e uno scatto, di mollare il male sul posto ma si trattava di un terzinacci­o troppo forte.

Il suo modello fu Charles, ma lui era una punta completa: era già un falso nove

Litigò con molti allenatori, ebbe una storia complicata anche in Nazionale

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 ?? GIULIANI/CORSPORT ?? Un’acrobazia di Pietro Anastasi in un Roma-Juventus del 1974 allo Stadio Olimpico
GIULIANI/CORSPORT Un’acrobazia di Pietro Anastasi in un Roma-Juventus del 1974 allo Stadio Olimpico
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LAPRESSE Una foto recente di Pietro Anastasi
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CORSPORT Contro la Juve dopo essere passato all’Inter
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CORSPORT Il suo gol contro Haiti al Mondiale 1974
 ?? CORSPORT ?? Con Facchetti e la Coppa Europa nel 1968
CORSPORT Con Facchetti e la Coppa Europa nel 1968
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CORSPORT Con Roberto Bettega ed Helmut Haller
 ?? CORSPORT ?? In compagnia di Chinaglia nel 1974
CORSPORT In compagnia di Chinaglia nel 1974
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CORSPORT Con un giovane Franco Causio, nella Juve

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