Dalle maratone al tennis-show Il divin Fognini “spella” Pella
Pallonetti, lob controtempi «E al momento del calo sono rimasto calmo»
Il Fognini “2020 edition” non è Paganini: ama ripetersi. Magari variando lo spartito. Dopo i cinque atti drammatici contro Opelka e Thompson nelle prime due repliche a Melbourne, ecco i tre set leggeri e virtuosistici contro uno sconcertato Guido Pella, pieni di acuti e di invenzioni. Una esibizione di Beltennis, invece che di Belcanto, durata “appena” due ore e dodici minuti. Per il tenore Fognini trattasi del terzo ottavo di finale raggiunto a Melbourne dopo quelli del 2014 e del 2018. Stavolta sulla strada che porta ai quarti - un traguardo che Fabio nello Slam ha raggiunto solo nel 2011 a Parigi, senza peraltro poter onorare il contratto per colpa di un infortunio - è in agguato l’infido Tennys Sandgren, numero 100 Atp (ma è una classifica bugiarda come un baritono), che invece da quelle parti nei quarti è già arrivato due anni fa, e che qualche giorno fa al secondo turno ha pugnalato le speranze di Matteo Berrettini. «Attenti, Federer e Nadal, posso battere chiunque», ha intonato con voce di sfida il biondo del Tennessee, e Fabio, che virtualmente è già risalito al numero 11 e che con un’altra vittoria potrebbe forse rientrare fra i primi 10, non sottovaluta certo l’impegno.
«Se guardiamo la classifica, il favorito sono io, ma lui è un ottimo giocatore, molto pericoloso. Ha già battuto Matteo, e anche a me ha lasciato un brutto ricordo (sconfitta l’anno scorso in tre set a Wimbledon; ndr). Quindi direi che è un match alla pari».
GRANDI COLPI. La grinta e le botte di Tennys - il nome non c’entra nulla con il tennis, credeteci o no - contro i tempi rubati del maestro Fogna, che ieri ha letteralmente ubriacato (spellato?) il povero Guido a colpi di pallonetti. Pella, n.25 del mondo, contro Fabio l’aveva spuntata due volte, rimediando una sconfitta lontana (qualificazioni di Buenos Aires 2010) e una faticatissima in Davis nel 2017. Stavolta ha lottato nel primo set, e ha approfittato di un passaggio a vuoto di Fabio a metà del terzo. Ma non è mai riuscito a prendere in mano il match, e appena metteva il naso nei pressi della rete, voilà una candelina gentile, un lob arricciato di effetto, un controtempo calibrato sulla riga di fondo. Musica, oltre che tennis. Per fortuna non lunga come un’opera wagneriana.
«E’ vero, l’unica cosa che mi sono ripetuto all’inizio del terzo set è stata: Fabio, per favore, stai concentrato per 30-40 minuti. Poi se è bravo lui magari ci divertiamo ancora. Ho servito i primi due set in maniera incredibile, nel terzo è arrivato il calo, sul 5-3 sono stato bravo a rimanere calmo e a pensare solo a quello che dovevo fare». Un Fognini che dopo la seconda paternità sembra piacevolmente più sereno fuori campo, e capace di incanalare nella maniera giusta i momenti di nervosismo durante i match. Recuperare dopo le quasi 8 ore dei primi due turni non è stato facile («Sono andato a letto alle 4 di mattina e svegliato alle 10, non mi sono allenato un granchè»), l’obiettivo quarti, fallito nelle altre due occasioni contro Djokovic e Berdych, stavolta è alla portata. «Fatemi godere ancora un giorno. Poi penso all’americano» A come orchestrare una sinfonia da Slam.
Ora trova Sandgren il giustiziere di Berrettini. E vede di nuovo la Top 10