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Australian Open, Fabio approda agli ottavi: affronterà Sandgren Ok Djokovic, soffre Federer
uestione di centimetri. Anzi, no: di formati. Con il tradizionale punteggio del tie-break - vince chi arriva a 7 punti - Roger Federer a quest’ora sarebbe allungato, il morale probabilmente sotto i tacchi, su un comodo sedile della prima classe Swiss Air, destinazione Zurigo. Invece da quest’anno a Melbourne al quinto set si gioca un super tie-break: vince chi arriva 10 punti. Così, per lo scorno e la delusione di John Millman, il suo avversario al terzo turno degli Australian Open, Il Genio è ancora vivo nel torneo.
Magari un po’ stanchino, viste le quattro ore e tre minuti che ha impiegato per raccogliere la sua vittoria numero 100 a Melbourne, uscendo dalle grinfie di Millman, il pedalatore del Queensland, che magari non ha proprio un braccio d’oro ma sembra fatto di ferro, non si ferma mai. E che soprattutto il Numero 1 Emerito nello Slam lo aveva sorpreso due anni fa a New York. E quindi con qualche ragione sperava, progettava, sognava di rifarlo.
«Sull’8 a 4 per John nel tie-break, onestamente ho pensato che ero pronto a spiegare in conferenza stampa perché avevo perso», ha raccontato Roger, zuppo di sudore, gli occhi ancora fissi sul baratro. «E devo dire grazie al super tie-break, altrimenti sarei fuori. E’ stata dura. Però ho continuato a provarci. Per vincere partite del genere l’esperienza conta molto. Non mi sono fatto prendere dallo stress quando ho perso il primo set, e poi il quarto, nemmeno quando mi sono ritrovato sotto di un break nel quinto (Millman ha avuto anche la chance per il 3-1; ndr). Però sono stato fortunato. John avrebbe meritato di vincere. Io sono solo contento di aver colpito quel diritto sul match-point…». Una saetta in cross planata nel sette del campo alla destra di Millman, una delle poche che Federer è riuscito a piazzare in una giornata alla fine più epica che impeccabile, e che in calce sul suo referto porta 82 errori gratuiti (48 di diritto), contro 62 vincenti, compresi 16 ace. Non una statistica rassicurante.
DOMANDE. Alla vigilia Federer aveva buttato lì che gli servivano tre match per iniziare a giocare bene, ieri è entrato veramente in partita solo dopo il secondo set. «John mi ha dominato per gran parte del match sulle diagonali, sia di diritto, sia di rovescio. Ho cercato delle soluzioni per tutta la partita, alzando la traiettoria dei colpi, usando lo slice di rovescio, ma non funzionava. E’ riuscito a tenermi indietro, solo all’ultimo sono riuscito a mettere i piedi in campo. E lì John ha scelto il lato sbagliato». La dura legge del tennis.
Fino all’8-4 in realtà Millman era stato impeccabile, e si fosse trovato a New York, dove si gioca con il tie-break tradizionale, la partita l’avrebbe portata a casa. A due passi dal replay degli US Open 2018, e davanti al pubblico di casa, invece, si è bloccato. Ha scontato un paio di giocate finalmente degne di Federer - specie una smorzata confezionata con infinita dolcezza da fondocampo dopo uno scambio stracciapolmoni - ha sentito la tensione. Errore imperdonabile, contro un avversario del genere. Ci si può chiedere, Millman sicuramente lo ha già fatto, se ha senso che uno sport che cambia in continuazione superfici, continenti e padroni, si complichi la vita adottando anche quattro formati differenti negli Slam per il quinto set (a Parigi non c’è tie-break, a Wimbledon si gioca a 7 punti ma sui 12 game pari, agli US Open a 6 game pari ma con la formula classica).
Ed è legittimo domandarsi anche quanta strada può ancora fare a Melbourne questo Roger 38enne. Mai rassegnato, certo, ma non brillante come ai bei tempi. Quelli in cui un avversario volenteroso, tonico, uno dei tennisti meglio preparati sul circuito come Millman (n.47, best ranking 33, zero tituli vinti in carriera: qualcosa vorrà pur dire) lo avrebbe congedato serenamente in tre set. Negli ottavi domani gli tocca un altro test simile contro il muscolo educato di Marton Fucsovics, 28 anni, n.67, che al secondo turno ha brutalizzato Sinner. Molto dipenderà da come Roger riuscirà a recuperare. Questione di ore, e di anni di differenza.
Ha impiegato 4h03’ a cogliere la vittoria numero 100 nello Slam australiano