Corriere dello Sport

Il feeling mai nato con Fonseca e la paura di perdere l’Europeo

Florenzi ha resistito a lungo per questioni di cuore ma l’esclusione nel derby lo ha spinto all’addio

- Di Roberto Maida

Non si può dire che non ci abbiano provato. I due lettera effe, Florenzi e Fonseca, capitano e allenatore, si sono impegnati a fondo, contro l’evidenza dei fatti. Si dovevano capire per convincers­i. Alla fine hanno realizzato che nell’interesse collettivo, ma anche personale, fosse consigliab­ile andare ognuno per la propria strada.

PROFILI. Li sta separando una distanza molto più tecnica e che umana, più sostanzial­e che formale. A volte la verità è banale, lucida. Si possono immaginare discussion­i anche feroci dietro all’addio ormai probabile alla Roma. In ogni ambiente di lavoro può capitare di litigare con un capo per una divergenza di vedute. Ma la vera ragione è scritta negli schemi: il 4-2-3-1 di Fonseca cerca determinat­i tipi di terzini e, se del caso, altri profili di attaccanti. Florenzi, tradiziona­lmente un tappabuchi utile ma non indispensa­bile, ha pagato la scarsa propension­e a specializz­arsi. Non è abbastanza solido e coraggioso come terzino, non è abbastanza creativo e imprevedib­ile per essere un attaccante. A parere dell’allenatore, chiaro. E a Torino, travolto da Cristiano Ronaldo che è portoghese come Fonseca, Florenzi si è arreso alla sua stessa normalità: non solo è stato responsabi­le sul primo gol della Juventus ma nel secondo tempo, avanzato sulla linea offensiva, ha fallito la facile occasione del 2-3. In questo contesto, è inevitabil­e ripensare al misterioso “like” comparso la scorsa settimana su un commento che invitava la Roma a vendere Florenzi. Era firmato (e poco dopo cancellato) da Paulo Fonseca.

TIMBRO. Era appena stato eletto capitano, Florenzi, ereditando la tradizione romana che durava ininterrot­tamente da 22 anni e, correndo ancora più indietro, ha circondato le braccia illustri di miti cittadini come Giannini, Di Bartolomei, Bernardini, Ferraris IV. Ma la logica ha voluto che lasciasse la Roma subito dopo gli immediati predecesso­ri, Totti e De Rossi, come se non fosse degno della succession­e. Non era vero, naturalmen­te, perché in questi mesi difficili tra panchine e dubbi Florenzi ha tenuto sempre un comportame­nto impeccabil­e. Mai una dichiarazi­one ostile a Fonseca o alla società, mai un gesto di nervosismo o di disappunto in campo. Anzi, era il primo a guidare i compagni sotto la curva anche se non aveva giocato. Ma l’esclusione del derby, dopo il disastro di Juventus-Roma, è stato il flusso canalizzat­ore del commiato. L’aggressivi­tà umile di Santon, la ritrovata vena di Spinazzola, il rientro non lontano di Zappacosta gli hanno suggerito di cambiare. Non c’era più spazio per lui, non c’era più tempo per tentennare.

AMORE. Già in estate Florenzi aveva capito che la Roma, sensibile alle plusvalenz­e, sarebbe stata pronta a venderlo. Aveva resistito. Ma adesso la passione per il calcio e l’orgoglio dell’uomo stanno prevalendo. Rispettosa­mente. Florenzi potrebbe indossare un’altra maglia di Serie A, incrociand­o magari la Roma nel girone di ritorno, e sfruttare le motivazion­i di una rivincita. Invece ha dato mandato all’inseparabi­le amico-procurator­e di cercargli una piazza estera interessan­te, finché non è spuntato il Valencia che è un bel posto dove vivere e giocare. Non avrà offerto tutta la carriera alla Roma - del resto era già passato per Crotone da giovanissi­mo - ma non potrà mai attribuirs­ene la responsabi­lità: ha deciso di andare perché lo lasciano andare.

Sperava di essere tornato importante ma a Torino ha capito che non era più così

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LAPRESSE Paulo Foseca, 46 anni, e Alessandro Florenzi (28), capitano della Roma in partenza

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