Cannone, il pezzo di pane è diventato “cattivo”
La seconda linea di Firenze ha bruciato le tappe: dal Bombo al Millennium battendo anche se stesso
Un bel giorno di nove anni fa, babbo Alessandro si presentò al campo del Bombo Rugby a San Bartolo a Cintoia, periferia di Firenze, portando con sé un vitello di 1.80 per 90 kg. «Mio figlio Niccolò vorrebbe giocare». «Certamente. Che età ha?». «13 anni». Lo tesserarono in 24 ore...
Dall’Under 13 del piccolo Bombo (attuale Florentia) al Millennium di Cardiff, quel ragazzo ne ha fatta di strada, canterebbe Adriano Celentano. Niccolò Cannone oggi debutta in Nazionale e nel Sei Nazioni nello stadio più condizionante del mondo del rugby. Contro i diavoli rossi del Galles, campioni in carica. La prova del fuoco per il primo gioiellino della covata del 1998, quella a cui si aggrappa l’Italia, con la precedente e la successiva, per provare a ricostruire una Nazionale, se non vincente, competitiva.
DIETA. «Quando Franco Smith mi ha detto che avrei esordito, ho avvertito una scarica di adrenalina assurda - racconta Niccolò, 21 anni, con le sue belle “c” aspirate - Esordire al Millennium con questa maglia addosso è il sogno di ogni ragazzo che gioca a rugby».
Il vitellino del Bombo negli anni è passato per Accademia federale, Petrarca e Treviso, fino a trasformarsi in un manzo da 1.96 per 125 kg. «Ora 115» precisa, raccontando di una dieta ferrea e tanto lavoro: «Molte proteine e molte verdure, carboidrati pochi e solo il giorno della partita. Ma non mi manca la pasta, mi mancano i fritti». «Quand’è arrivato era un pezzo di pane - racconta il suo primo tecnico - La cattiveria agonistica se l’è costruita col tempo». «Come si fa? Trovando gusto nel darle, sportivamente parlando - ride Cannone - D’altronde nel rugby o le dai o le prendi. Ci vuole la “ghigna”» Ora di ghigna ne ha da vendere. Il suo impatto sul Pro14, lo scorso anno a Treviso, è stato impressionante: tre mete in 190 minuti, da “permit player” in prestito dal Petrarca. I veneti gli hanno fatto firmare subito un biennale.
Il Sei Nazioni però è un’altra cosa. Oggi in seconda linea avrà di fronte Alun-Wyn Jones, capitano del Galles, e Jake Ball, quello col barbone da boscaiolo canadese. In due fanno 185 caps... Non a caso il c.t. gli ha messo accanto il monumento Zanni a far da chioccia. «Bello averlo con me all’esordio, un grandissimo onore. Con Smith ci stiamo focalizzando su due aspetti: lavorare tanto e in serenità. Gli anni di sconfitte non pesano, perché c’è tanta voglia di mettersi in gioco. Il gruppo è molto unito e contiamo di essere imprevedibili.». In attesa di accogliere gli altri gioielli delle generazioni d’oro, quelle finite ottave e none ai Mondiali. «Beh, qualcuno è già nel gruppo: Riccioni, Licata, Fischetti, Rizzi. Ma quella nidiata non ha nulla di speciale. Siamo amici, ci aiutiamo a vicenza. Con tanto lavoro e un po’ di fortuna siamo riusciti ad arrivare. Ora sta a noi rappresentare al meglio l’Italia. Ci manca Michele (Lamaro, l’ex capitano; ndr), un grande giocatore, non vedo l’ora che rientri dall’infortunio».
ROSSI. Niccolò è nato in una famiglia di... calciatori. «Sia papà che nonno giocavano a buoni livelli. Io ho fatto il portiere per otto anni, alla Di Gennaro e alla Lastrigiana, poi la stazza... E’ rimasta la grande passione per la Fiorentina». E per il calcio in costume: «Grazie al mio babbo sono sempre stato nell’ambiente, tanti calciati giocavano a rugby con me alla Florentia. Tifo per i Rossi». Le malelingue dicono che il Cannone buono sia Lorenzo, terza centro, azzurrino classe 2001... «E hanno ragione! Il più forte è lui, niente da dire. Ha tutte le qualità per sfondare». L’Italia lucida l’artiglieria.
«Giocavo portiere, nel rugby ho scoperto la “ghigna”. Ma il più forte è mio fratello»