SENZA IBRA È UN PICCOLO DIAVOLO
Il Verona rimane in dieci ma rischia solo nel finale Pioli perde un altro treno Il Milan in emergenza ripiomba nei vecchi difetti, Calhanoglu lo salva dopo la rete di Faraoni
La gara dei rimpianti. Ma solo per il valore che avrebbe avuto una vittoria nella chiave di una clamorosa rimonta Champions, considerando la sconfitta della Roma e il pareggio dell’Atalanta. Non per il risultato. Perché il Verona (sesta gara consecutiva senza sconfitte) ha fermato il Milan con pieno merito. Anzi, prima di ritrovarsi in inferiorità a metà ripresa (inutile fallaccio di Amrabat su Castillejo), gli uomini di Juric avevano appena colto due pali (Pessina e Zaccagni), dando l’impressione di poter colpire da un momento all’altro. Così, il finale è stato tutto di marca rossonera, con quasi gol di Castillejo in pieno recupero: decisiva deviazione di Kumbulla che ha spedito sul palo la conclusione a botta sicura dello spagnolo.
JURIC TATTICO. Sarebbe stata una punizione eccessiva, però. La squadra gialloblù, infatti, non ha mai pensato solo di difendersi. Al contrario, dopo aver sbloccato il risultato in avvio con Faraoni (doppia dormita di Calabria ed Hernandez) ha continuato a giocare. Senza attaccanti di ruolo, Juric ha sfruttato il movimento e la corsa dei suoi giocatori, che così non davano punti di riferimento ai rossoneri. In fase di non possesso, invece, Veloso e soci avevano tutti il loro uomo da marcare e da seguire più o meno a tutto campo. L’esempio più lampante è stato Rrahmani, letteralmente appicciato a Bonaventura, tanto da seguirlo anche quando svariava al centro o a destra.
ALBUIOSENZAIBRA. Al Diavolo, tuttavia, vanno riconosciute le attentuanti. Oltre allo squalificato Bennacer e agli infortunati di lungo corso Biglia e Duarte, l’influenza ha tolto dalla disponibilità di Pioli Ibrahimovic, Kjaer e Krunic, con forfait all’ultimo momento pure di Conti, colpito da tonsillite e seduto in panchina pro forma. L’assenza più pesante è stata, ovviamente, quella dello svedese. E se qualcuno aveva ancora dei dubbi su quanta differenza possa fare in questo Milan ieri se li sarà rimangiati. Né Leao né Rebic sanno occupare l’area e catalizzare la manovra, che, infatti, è risultata spuntata. Prova ne sia che il pareggio è arrivato solo grazie ad una punizione di Calhanoglu deviata in maniera decisiva da Verre. E nel resto della gara sono state ben poche le azioni davvero costruite, mentre il forcing finale è stata conseguenza della superiorità numerica, non certo di quella tecnica.
BUCO IN ATTACCO. Del resto, lo si era già visto anche in Coppa Italia contro il Torino, senza Ibrahimovic il Milan ha gli stessi difetti del girone di andata anche dal punto di vista mentale. Di fronte alle difficoltà – e ieri erano oggettivamente parecchie -, occorre reagire, prendersi responsabilità, nel caso trascinare i compagni. In questo Milan solo lo svedese è in grado di farlo. Ci ha provato Rebic per quasi tutto il primo tempo, con una serie di folate sulla sinistra che hanno aperto varchi nella retroguardia gialloblù. Solo che, poco prima dell’intervallo, dopo aver sprecato malamente un contropiede in superiorità numerica, il croato si è fermato e non è più ripartito. Era accaduto anche con il Toro, dopo un’ottima prima parte. Comprensibile che non abbia tutta questa benzina nelle gambe. Ma allora sarebbe stato il caso di prendere un sostituto di Piatek…
ECCO MALDINI III. Senza Ibra, insomma, si spegne la luce e la zona Champions torna ad essere un miraggio, anche se alla fine il Diavolo ha comunque guadagnato un punto (da 8 a 7) sul quarto posto. Il problema è che domenica ci sarà il derby con l’Inter e allora i rimpianti per il match di ieri potrebbero perfino aumentare. Almeno, la stracittadina, per il Diavolo, è formalmente in trasferta. In casa, infatti, le difficoltà restano, come l’abitudine ad andare sotto per primi: è accaduto 6 volte su 11. A compensare l’amarezza c’è stato almeno l’esordio di Daniel Maldini, terza generazione di una famiglia che fatto la storia del club rossonero.
All’ultimo momento forfait anche di Conti Il rosso ad Amrabat cambia la partita