Leggenda Nole ora è il numero 1
Dominic spreca una palla break nel quarto set, il serbo si salva con un serve&volley d’altri tempi
Open d’Australia: Djokovic batte Thiem e sorpassa Nadal
Il dito punta in alto, a indicare un pensiero per Kobe Bryant, l’amico scomparso, il consigliere eccellente che gli spiegava come risalire dagli scantinati della delusione quando gli Slam sembravano un sogno lontano. Ma anche a segnare che in cima, al numero 1 del mondo, adesso, c’è di nuovo lui. Novak Djokovic , il “Re d’Australia” come lo chiama Dominic Thiem, che proprio contro lo sfidante austriaco si è presa l’ottava finale sul Centrale di Melbourne Park, scavalcando Nadal e issandosi a quota 17 Slam: due meno di Rafa, a tre dal record di 20 che il 38enne Federer custodisce ormai con inquietudine crescente.
Stavolta è stata durissima. Quattro ore e 3 minuti di lotta totale contro i top spin palestrati di Thiem, che dopo aver perso il primo set lo ha messo sotto, di brutto, nel secondo e nel terzo. E nel quarto ha avuto una palla break per chiudere i conti, con la partita e con il passato, e diventare il 150º vincitore di Slam. Il primo di una nuova era.
IL SALVATAGGIO. Novak però l’ha salvata con un serve&volley che nel 2008, al tempo del suo primo successo australiano, probabilmente non avrebbe neanche immaginato. Per due set ha patito, ha litigato con l’arbitro («bravo, adesso sei diventato famoso!») è sembrato cotto, sul punto di crollare. E anche uscito dal campo per farsi trattare dal medico, irritando chi considera certe sue pause un mindgame, un tranello mentale per far rosolare gli avversari. Poi è rinato, come sanno fare i grandi, e nel quinto si è seduto sulla sponda del fiume, aspettando che Thiem si soffocasse con la tensione, gli errori, la fretta di chiudere. Con la paura di non essere ancora all’altezza. Quando l’ultimo diritto dell’austriaco è finito largo qualcuno lo ha fischiato come capita spesso al Fuoriclasse Che Non Riesce A Farsi Amare - ma il centrale degli Australian Open è casa sua, e Melbourne è piena di serbi che lo hanno incoraggiato, applaudito, osannato. Lanciato nelle corsa a tre con Federer e Nadal verso il record finale di Slam.
«La Serbia contro il mondo», c’è scritto sulla maglietta di uno dei suoi fan, e la voglia di rivincita è anche la benzina che muove il Djoker. Oggi, come quando ha iniziato a colpire palline da ragazzino, nel mezzo della Guerra dei Balcani. «Io vengo letteralmente dal niente», ha detto. «Da condizioni di vita molto difficili per la mia famiglia, per tutto il mio popolo. Per questo sono capace di trovarmi dentro una marcia in più. Durante la guerra dovevamo fare la fila per tutto, per il pane, l’acqua, il latte. Sono cose che ti rendono più forte, affamato di successo qualsiasi cosa decidi di fare».
GRANDESLAM2020. Vuole diventare il più grande: se non per la maggioranza del popolo del tennis, che stravede per l’eleganza Federer e lo considera un usurpatore, almeno per le statistiche. Il 17º Slam lo ha vinto a 32 anni e 7 mesi, in ritardo di sette mesi su Nadal e di quasi di due anni su Federer, ma ora vede il traguardo prima della curva, teoricamente può raggiungerlo nel 2020 completando il Grande Slam.
Gli inseguitori restano lontanissimi. Thiem è alla sua terza finale persa dopo le ultime due a Parigi contro Rafa, qui ha giocato un torneo fenomenale, come Medvedev a New York, ma come il russo non è riuscito a muovere l’ultimo passo. «Adesso sento solo un senso di vuoto», dice The Dominator, che nei quarti si era già sfinito per battere Nadal. «Penso che vincere uno Slam sia una questione di dettagli, se avessi trasformato quella palla break nel quarto set ora sarei io con la coppa in mano. Il fatto che i tre più grandi di sempre giochino nella stessa epoca però rende tutto più difficile per gli altri. Ma devo lavorare, e darmi un’altra possibilità: il mio primo Slam vorrei vincerlo con loro tre ancora in circolazione, perché varrebbe di più». Come ha ragione.
«La Guerra nei Balcani mi ha reso inarrendevole» Dedicata a Kobe