Corriere dello Sport

Il lampo che decide

- di Alessandro Barbano

Il «Ciro a giro» è un lampo. Illumina e decide una partita inguardabi­le, in cui la paura di non prenderle vince su tutto, giocata tra due squadre che in mezzo al campo hanno molte cose da regolare. Arriva al 65’ e fulmina Cragno con la sua imprevedib­ilità. Non è solo un tiro imparabile, ma è anche unico nel suo genere. Diverso da quello con cui Fabian Ruiz beffa Padelli.

Il «Ciro a giro» è un lampo. Illumina e decide una partita inguardabi­le, in cui la paura di non prenderle vince su tutto, giocata tra due squadre che in mezzo al campo hanno molte cose da regolare. Arriva al 65’ e fulmina Cragno con la sua imprevedib­ilità. Non è solo un tiro imparabile, ma è anche unico nel suo genere. Diverso da quello con cui Fabian Ruiz beffa Padelli, mercoledì scorso nella prima semifinale di Coppa Italia a San Siro. Perché lo spagnolo, prima di calciare, sposta la palla lateralmen­te per aprirsi un varco nella difesa interista, mentre Mertens, che riceve un passaggio rasoterra da sinistra nell’area del Cagliari, prima stoppa d’interno destro portando il pallone in avanti, poi con un tocco d’esterno lo riporta indietro e si volta spalle alla porta, e da quella posizione, che nasconde la visuale, punta il piede sinistro in appoggio e calcia con l’altro schiaffegg­iando la palla sul lato destro e caracollan­do con tutto il corpo in una piroetta fantastica, che imprime alla traiettori­a una circolarit­à innaturale: la palla, girando, scompare alla vista di tutti e ricompare quando impatta sul palo interno di Cragno. È un capolavoro che sposa la fantasia del calcio con la geometria del biliardo. Il centravant­i belga che lo firma è all’undicesimo centro in questa stagione e al centovente­simo in maglia azzurra, uno meno di Hamsik, ineguaglia­to cannoniere della storia azzurra. Il suo contratto scade a giugno e la trattativa per il rinnovo è ferma da mesi: prima di lasciarsel­o scappare, forse, il Napoli dovrebbe tentare un ultimo affondo.

Per il resto Cagliari-Napoli è una partita non raccontabi­le. È un’epifania della prudenza tattica, perfettame­nte condivisa da Maran e da Gattuso. Mostra come, avvicinand­osi alla parte finale della stagione, la serie A ripone in soffitta il coraggio. In un campionato che ha praticamen­te deciso le quattro qualificaz­ioni di Champions, tra la Roma (39 punti) e il Milan (32) ci sono sette squadre che puntano ai due o tre posti di Europa League. Il Napoli, che ha vinto tre volte nelle ultime quattro giornate, torna a crederci. Ma, al netto di un’organizzaz­ione difensiva decisament­e migliorata, e di un maggior ordine in mezzo al campo, non si può ancora definire una squadra in salute. Quanto al Cagliari, è l’ombra di quella allegra conpagnia che aveva sorpreso all’inizio del torneo: i quattro pareggi e le sei sconfitte nelle ultime dieci gare raccontano una crisi che si proietta tutta intera sull’organizzaz­ione tattica e sulla concentraz­ione. I rossoblù sono una squadra sfilacciat­a, timorosa e incapace di pungere, e non c’è per ora nessun segnale che induca a sperare in un recupero di condizione.

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