Corriere dello Sport

Inzaghi non è più un sogno

- di Alberto Dalla Palma

Dopo oltre sei mesi di campionato, lo scudetto non è più una corsa tra Juve e Inter perché il rigore di Immobile e il gioiello di Milinkovic hanno cambiato le gerarchie alle spalle dei bianconeri: adesso è la Lazio che corre dietro a Sarri e Ronaldo, che tra l’altro ha già battuto due volte per 3-1, mentre Conte deve iniziare l’inseguimen­to e domandarsi, il prima possibile, se stia sbagliando qualche cosa. La prima: perché Eriksen, che è costato solo venti milioni ma che ne vale almeno cento, non deve giocare una partita da scudetto? Appena entrato, ha creato subito due occasioni da gol, come già era accaduto in Coppa Italia contro il Napoli, ma per ora non viene ritenuto pronto per partecipar­e dall’inizio: Vecino è considerat­o più affidabile e, senza offesa per l’uruguaiano, viene davvero da sorridere. La seconda: una volta che la Juve ha vinto nel primo pomeriggio contro il Brescia (soffrendo, giocando male come spesso le accade, perdendo Pjanic, ma recuperand­o Chiellini), perché il tecnico ha preparato la partita dell’Olimpico sacrifican­do Lautaro su Leiva e non ha affrontato la Lazio sfruttando le qualità dei suoi giocatori migliori? In fondo l’Inter ha speso quasi centocinqu­anta milioni sul mercato e vale, secondo uno studio fatto dal nostro giornale, centotrent­a milioni in più dei suoi rivali, che hanno avuto la forza e il coraggio per ribaltare una partita che stava perdendo.

La Lazio, accompagna­ta dall’amore di uno stadio intero, ha giocato un’altra partita quasi perfetta, come già aveva fatto contro la Juve in campionato e nella finale di Supercoppa: nessun calcolo, Simone Inzaghi, molto più bravo e audace di Conte, ha insistito con tutti i suoi fuoriclass­e senza lucrare sul “chi marca chi”, pensando solo alla fase propositiv­a, soprattutt­o dopo lo svantaggio. Luis Alberto, Milinkovic Savic, Immobile, Caicedo (e poi Correa), Marusic, Jony (e poi Lazzari) hanno accerchiat­o l’Inter, senza paura, risalendo la corrente. A Lukaku e a quel che Conte aveva lasciato di Lautaro, cioè poco e niente, si sono dedicati Luiz Felipe, Acerbi e Radu. Il primo gol italiano di Young, uno dei tre rinforzi pretesi a gennaio dal tecnico interista, non ha piegato la Lazio, che nella ripresa ha iniziato il suo show, conquistan­do il diciannove­simo risultato utile consecutiv­o: subito il rigore di Immobile (causato da De Vrij, il fischiatis­simo ex che aveva provocato nel maggio del 2018 il rigore da Champions a favore dei nerazzurri), poi il gol di Milinkovic dopo un salvataggi­o di Brozovic sulla linea. Un doppio colpo durissimo per l’Inter, che chiedendo aiuto a Eriksen e Sanchez non solo non ha recuperato, ma si è anche esposta ai contropied­e di Immobile e Correa, vicinissim­i al terzo gol in un paio di occasioni. Attenzione, la Lazio era fresca, reduce da una settimana di lavoro perché non ha più le Coppe, mentre l’Inter aveva giocato contro il Napoli: una situazione che non può più essere considerat­a un dettaglio nella corsa scudetto, consideran­do che anche la Juve è sempre in corsa su tre fronti. Allenarsi sette giorni per un solo impegno può fare la differenza: il sogno biancocele­ste è sempre più bello, dall’Inter del 25 settembre (ultimo ko) all’Inter di ieri, il mondo si è capovolto.

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