«RIAPRITE GLI STADI»
CORONAVIRUS, CAOS CALENDARI: IL CALCIO VUOLE TORNARE ALLA NORMALITÀ
Dopo il rinvio di quattro match di A, il Consiglio federale chiederà al governo di ripartire. Ma Conte: «Valuteremo». Le gare europee di Napoli e Inter non a rischio, per San Siro l’ipotesi delle porte chiuse
Una domenica senza calcio. Surreale e inverosimile. L’allarme coronavirus ha fatto chiudere 4 stadi (Bergamo, Torino, Milano e Verona), lasciando aperti solamente il Ferraris e l’Olimpico, dove si è deciso di giocare Genoa-Lazio e Roma-Lecce. Chissà cosa dovremmo aspettarci nei prossimi giorni: in mezzo alla settimana si disputano le partite di coppa (Champions ed Europa League), poi tornerà la Serie A e di nuovo il calcio europeo. Il tour de force internazionale complica qualsiasi rinvio e all’orizzonte ci sono anche le semifinali di ritorno di Coppa Italia, il 4 e 5 marzo. Il calendario è fittissimo, come ha ricordato il presidente del Coni Giovanni Malagò, anche se «Ci sono degli interessi primari, che sono anzitutto quelli della salute».
PAURA. Fermeranno tutto, oppure si tornerà alla normalità? «Forse ci dobbiamo preoccupare davvero» si chiedevano ieri alcuni romanisti mentre varcavano i cancelli dello stadio. “The show must go on”. Lo spettacolo deve andare avanti: la storia dello sport ha insegnato questo, pur nelle tragedie. «Il calcio non l’hanno fermato neppure dopo l’Heysel o dopo la morte di Gabriele Sandri. Secondo me sta succedendo qualcosa di grave» è il timore di Gianni, 60enne abbonato in Tevere da una vita. Alzi la mano chi non l’ha pensato in queste ore così concitate,
in cui gli aggiornamenti tengono tutti col fiato sospeso. La partita Roma-Lecce si è svolta in questo clima di inquietudine. Nelle prime ore del pomeriggio s’era sparsa anche la voce di un possibile rinvio. In fondo, Roma è a due passi da Firenze dove sabato sera 2500 tifosi provenienti da Milano (nel capoluogo lombardo chiuse scuole, università, cinema e teatri) hanno assistito alla sfida tra Fiorentina e Milan. «Per il momento si gioca» dicevano i notiziari a un’ora dal calcio d’inizio. Chi si è recato all'Olimpico, l’ha fatto con l’ansia di dover tornare a casa da un momento all’altro.
GUANTI E MASCHERINE. Sarà per questo che nei pressi del Foro Italico si sono viste decine di mascherine protettive, indossate da italiani e turisti, e soprattutto centinaia di guanti nonostante il clima quasi primaverile della Città Eterna: due strumenti essenziali per difendersi dal contagio, come indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. «Ma tu ci vai allo stadio? Non è rischioso?» si chiedevano i tifosi della Roma, mentre quelli del Lecce erano già in viaggio. Ovviamente l’affluenza è stata ridotta rispetto alla media stagionale. Alla vigilia si parlava di 35 mila spettatori, si sono presentati molti di meno (dato ufficiale 34.293, ma la quota abbonati di 21.796 è stata contata per intero). Parecchi abbonati hanno preferito restare a casa, soprattutto gli anziani che sembrerebbero i più suscettibili alle forme gravi del virus. «Anche mio padre voleva esserci, ma ha preferito non rischiare» ci dice un tifoso abbastanza preoccupato. Sono rimasti vuoti diversi seggiolini nelle tribune e addirittura in Curva Sud, dove c’è il tutto esaurito in ogni gara dei giallorossi. Altri hanno comunque sfidato l’allarme, esercitando il diritto a vivere liberamente la propria passione calcistica. Come Tiziana: «Non toglieteci questo momento di spensieratezza – il suo pensiero – Io non mi faccio trascinare dal vortice della psicosi collettiva».
L'AMBIENTE. Il 23 febbraio passerà alla storia del campionato italiano di calcio come la domenica senza match alle ore 15: nella tradizionale fascia oraria dedicata al pallone non ha giocato nessuno. Su Sky è andata in onda la replica di Spal-Juve, mentre tutti gli altri canali hanno dedicato speciali sull'incubo del coronavirus, ospitando scienziati, politici ed esperti di virologia. Nel prepartita la notizia della terza vittima italiana, la signora di Cremona già ricoverata in ospedale, ha alimentato le sensazioni negative. Ma dopo il fischio d’inizio di Giacomelli l’unico pensiero è andato al campo, dove s'è rivista la Roma bella e pimpante di fine dicembre tra un coro per Peres («Bruno facci un gol») e i fischi riservati a Kolarov.
È la magia del calcio, che almeno per 90 minuti a settimana fa dimenticare i problemi quotidiani. Ad accompagnare le squadre sul terreno di gioco un tramonto romantico, in cui l’arancione del sole s’è mescolato al blu intenso della notte in arrivo. Qualcuno l’ha visto come un rassicurante segno del cielo: la risposta della natura alla paura di questi giorni.
«Forse dobbiamo preoccuparci» «Ma niente ha mai fermato il calcio»
Intorno all’impianto tanta gente con i guanti e la bocca protetta