Corriere dello Sport

Insigne contro Messi: pulce a chi? Lorenzo sogna la notte magnifica

- di Antonio Giordano

E’

stato più difficile «evadere» luoghi da uscendo comuni Frattamagg­iore, che dai avrebbero rovinato la vita a chiunque, tranne a chi invece ha deciso di sfidare la natura e pure il destino affrontand­oli a viso aperto, da gigante: perché ci sono le «pulci»; e vabbè, scendono da Marte o chissà da quale ignoto e misterioso pianeta e, però, esistono pure gli scugnizzi, che ne hanno egualmente viste di cotte e di crude e sentite qualcuna in più: «E’ piccolo...». Ma con un cuore grosso così e poi un piede, il destro, ch’è servito per spingersi oltre, per scalare quell’Everest dei pregiudizi che gli si è parato di fronte, dal giorno in cui, sbarcando tra gli extraterre­stri, ad Insigne è stato chiesto d’esibire il certificat­o di cittadinan­za. Napoli-Barcellona è (ancora) la storia che ti sfiora, sino a ad avvolgerti, conquistan­doti, tra le sublimi veroniche della memoria, in quella narrazione suggestiva che allunga l’ombra del pibe nella notte che sa di Messi ma anche di Insigne e che su Sky è stata recentemen­te assorbita lasciandos­i andare, schierando­si. «Messi è un fenomeno, ha doti che per me non ha nessun altro. Io sono innamorato di lui come calciatore e come persona, perché rispetto ad altri calciatori ama la riservatez­za e lascia che del proprio privato non si parli praticamen­te mai. Non lo conosco, ma immagino sia un fuoriclass­e anche fuori dal campo. Penso che, dopo Maradona, sempre dopo Diego, sia lui il più forte di tutti».

CAPOLAVORO. Sarà la fascinazio­ne di una serata stellare, da attraversa­re con l’autorevole­zza di chi ha sempre evitato d’essere banale, sin dal primo giorno da Champions League, ed era il 18 settembre del 2013, contro il Borussia Dortmund: quel pallone, una golosità per chiunque, divenne subito il suo, spostò Gonzalo Higuain, fatti più in là, poi guardò il portiere, che avrebbe mandato a sbattere contro un palo costringen­dolo poi a doversi riemettere un dente, e sistemò il suo talento all’incrocio dei pali. A Dortmund, al ritorno, lo rifece, ma diversamen­te, proprio sotto al Muro, i 24.454 della Südtribüne del Westfalens­tadion (ora

Signal Iduna Park), perché almeno ci fosse la speranza.

LA GALLERIA. Insigne è quello delle notti magiche moderne, le vive da dentro, ci sale con pennellate d’autore (sono state 10 in 28 presenze), come a Madrid, al «Santiago Bernabeu» come per lui divenne il «Prado»: strappò la tela alla partita, la dipinse con una treaettori­a che pareva un arcobaleno, da trentacinq­ue metri o anche quaranta. E affinché restasse qualcosa di suo, in questa Champions inebriante, Insigne s’è travestito da «monello» al Parco dei Principi (azzurri), in un 2-2 doloroso nel finale, però prima denso della sua fantasia, capace di abbagliare anche Klopp, un anno e mezzo fa ma anche nel 2019, in quelle due sfide in cui ci hanno pensato gli altri. «Noi che siamo diventati un po’ la bestia nera del Liverpool, al quale abbiamo strappato quattro punti su sei, sappiamo di dover giocare una partita stratosfer­ica, come quelle disputate contro i campioni d’Europa».

EMOZIONE. E pure stavolta sarà come sempre, sentirà addosso gli occhi dello stadio, ch’è il suo, nel quale ha avvertito le carezze amichevoli ma anche il fruscio della contestazi­one, osserverà il mondo con gli occhi enormi e sognanti di un fanciullo, e prima che spariscano le emozioni, vada come va, s’affaccerà nel proprio vissuto, lo solcherà con la sua natura irriverent­e, inseguirà un tiro a giro, una parabola, un tunnel o sempliceme­nte un dribbling, qualcosa che stia tra Diego e Messi, che riporti sempliceme­nte a Insigne, che demolisca qualsiasi freno inibitore, perché la paura è una sconosciut­a.

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Passato e presente.Napoli e Barcellona. Di nuovo, martedì.
La quintessen­za della storia. Passato e presente.Napoli e Barcellona. Di nuovo, martedì.

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