Gazidis-Maldini poli opposti
Per definire l’intervento di Ivan Gazidis tardivo e inefficace basta riascoltare le parole scolpite con l’accetta da Paolo Maldini, sabato notte a Firenze. L’ex capitano aveva l’espressione torva giustificata da quel rigore fischiato nel finale ma l’obiettivo della sua intemerata dinanzi alle telecamere era sicuramente altrove: «Non ho mai contattato Rangnick e quindi Rangnick non è un profilo adatto per la nostra squadra secondo la mia visione. Io rispondo per quello che so e per quello che faccio». Non è stata una smentita di maniera ma una dichiarazione che non ha lasciato spazio a possibilità di ricucire il rapporto tra area sportiva e area dirigenziale ormai “strappato”. Con conseguenze operative per il club dannose che vuol dire vivere da separati in casa Milan, senza la possibilità di preparare gli appuntamenti futuri, a cominciare dalle trattative per i rinnovi dei contratti in scadenza (il più complicato di tutti è quello di Gigio Donnarumma con Mino Raiola tornato sul sentiero di guerra contro Elliott) per finire alla definizione dei prestiti da riscattare, Rebic in primissima fila. Prepariamoci all’ennesima rivoluzione dei quadri tecnici, presupposto per altri ritardi nella costruzione di un team di rango.
Che sia stato inefficace anche per la tifoseria, l’intervento a scoppio ritardato di Gazidis, organizzato con modalità discutibili soltanto perché l’ad sud-africano da 4,5 milioni l’anno di stipendio non è ancora capace di parlare in italiano, è dimostrato dall’ennesimo modello citato per l’occasione, il Liverpool, nel tentativo di blandire la tifoseria rossonera in legittima agitazione. Siamo al secondo tentativo mal riuscito. Qualche mese fa lo stesso Gazidis propose l’Atalanta come riferimento provocando più di un mal di pancia. Bergamo ha realizzato un capolavoro grazie al ticket Percassi-Gasperini puntando su calciatori da scoprire, valorizzare, rivendere per incassare plus-valenze e con il ricavato ricostruire lo stadio fatiscente. È un ciclo virtuoso legato alle capacità imprenditoriali di una famiglia e all’abilità di un allenatore. Può funzionare per il Milan che ha una bacheca piena di scudetti e di Coppe Campioni? Ecco la domanda da porsi. Per il futuro forse sarebbe il caso di citare, come modello, il caro, vecchio Milan di berlusconiana memoria che infiniti successi addusse ai milanisti e al calcio italiano.