Corriere dello Sport

Gazidis-Maldini poli opposti

- di Franco Ordine

Per definire l’intervento di Ivan Gazidis tardivo e inefficace basta riascoltar­e le parole scolpite con l’accetta da Paolo Maldini, sabato notte a Firenze. L’ex capitano aveva l’espression­e torva giustifica­ta da quel rigore fischiato nel finale ma l’obiettivo della sua intemerata dinanzi alle telecamere era sicurament­e altrove: «Non ho mai contattato Rangnick e quindi Rangnick non è un profilo adatto per la nostra squadra secondo la mia visione. Io rispondo per quello che so e per quello che faccio». Non è stata una smentita di maniera ma una dichiarazi­one che non ha lasciato spazio a possibilit­à di ricucire il rapporto tra area sportiva e area dirigenzia­le ormai “strappato”. Con conseguenz­e operative per il club dannose che vuol dire vivere da separati in casa Milan, senza la possibilit­à di preparare gli appuntamen­ti futuri, a cominciare dalle trattative per i rinnovi dei contratti in scadenza (il più complicato di tutti è quello di Gigio Donnarumma con Mino Raiola tornato sul sentiero di guerra contro Elliott) per finire alla definizion­e dei prestiti da riscattare, Rebic in primissima fila. Prepariamo­ci all’ennesima rivoluzion­e dei quadri tecnici, presuppost­o per altri ritardi nella costruzion­e di un team di rango.

Che sia stato inefficace anche per la tifoseria, l’intervento a scoppio ritardato di Gazidis, organizzat­o con modalità discutibil­i soltanto perché l’ad sud-africano da 4,5 milioni l’anno di stipendio non è ancora capace di parlare in italiano, è dimostrato dall’ennesimo modello citato per l’occasione, il Liverpool, nel tentativo di blandire la tifoseria rossonera in legittima agitazione. Siamo al secondo tentativo mal riuscito. Qualche mese fa lo stesso Gazidis propose l’Atalanta come riferiment­o provocando più di un mal di pancia. Bergamo ha realizzato un capolavoro grazie al ticket Percassi-Gasperini puntando su calciatori da scoprire, valorizzar­e, rivendere per incassare plus-valenze e con il ricavato ricostruir­e lo stadio fatiscente. È un ciclo virtuoso legato alle capacità imprendito­riali di una famiglia e all’abilità di un allenatore. Può funzionare per il Milan che ha una bacheca piena di scudetti e di Coppe Campioni? Ecco la domanda da porsi. Per il futuro forse sarebbe il caso di citare, come modello, il caro, vecchio Milan di berlusconi­ana memoria che infiniti successi addusse ai milanisti e al calcio italiano.

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