Corriere dello Sport

Dalla richiesta di otto anni a zero: così il Tas ha ristabilit­o la verità

«Il materiale prodotto dall’accusa non dimostra che Filippo avesse l’intenzione di doparsi»

- Di Paolo de Laurentiis

«A

Losanna è stata data una lettura complessiv­a dei fatti, partendo da una presunzion­e di innocenza, valutando le cose per quello che erano». Lo spiega l’avvocato Maria Laura Guardamagn­a, del team di legali che ha seguito Magnini nel ricorso al Tas. «Le caratteris­tiche del processo sportivo sono rimaste le stesse ma a Losanna hanno sostanzial­mente stabilito che il materiale prodotto dall’accusa non è sufficient­e per stabilire che Magnini avesse avuto l’intenzione di doparsi. Da qui l’assoluzion­e». Ma il percorso è stato lunghissim­o.

DUE ANNI E MEZZO. Tutto nasce nell’ottobre del 2017: la Procura antidoping apre un fascicolo su Magnini e Santucci partendo dall’inchiesta penale della procura di Pesaro sul medico Guido Porcellini, accusato di commerci di prodotti dopanti, falso e ricettazio­ne. Poco importa che la Procura di Pesaro già a giugno del 2017 abbia accertato che l’ex capitano della Nazionale - pedinato e intercetta­to per sei mesi - fosse completame­nte estraneo alla vicenda. Non solo, nella sentenza Porcellini il magistrato è chiarissim­o: “Il processo si è dilatato enormement­e sul campione di nuoto ma i capi di imputazion­e non riguardano lui”.

«Magnini esempio per il movimento, nonché simbolo dello sport italiano e della lotta al doping nel corso della sua straordina­ria carriera»

OTTO ANNI. Siamo a giugno 2018: Nado (l’organizzaz­ione nazionale antidoping) chiede otto anni per Magnini per consumo o tentato consumo di sostanze dopanti, favoreggia­mento, somministr­azione o tentata somministr­azione di sostanza vietata. Quattro anni invece la richiesta per Santucci.

QUATTRO ANNI. La sentenza di primo grado arriva cinque mesi dopo. Novembre 2018: quattro anni per uso o tentato uso di sostanze dopanti sia per Magnini che per Santucci.

ASSOLTI. L’impianto accusatori­o scricchiol­a già in secondo grado e siamo a maggio del 2019: Michele Santucci viene assolto, mentre a Magnini vengono confermati i quattro anni. Filippo annuncia il ricorso al Tas e, notizia di ieri, vince.

LE “PROVE”. Magnini non è mai stato trovato positivo e non ha mai saltato un controllo antidoping. L’accusa poggiava sui sei mesi di intercetta­zioni e pedinament­i da cui però è emerso che non ha mai ricevuto niente dalle mani di Porcellini e che al telefono ha parlato di “funghi” e “schede”. Intercetta­zioni diffuse solo in parte e interpreta­te nel modo peggiore per l’atleta. Quando in realtà i funghi esistevano davvero (un integrator­e a base di funghi), così come la scheda dei prodotti (tutti leciti) da assumere primo e dopo gli allenament­i. A Losanna hanno accertato questo: Magnini - come tutti gli atleti - faceva uso di integrator­i.

RANDELLO. Nel tritacarne non sono finiti soltanto Magnini e Santucci. Il fisioterap­ista della nazionale, Farnetani, è stato inibito per cinque anni e attende giustizia: il suo soprannone (“Randello”) secondo l’accusa evocava qualcosa di losco. Il suo ruolo è stato quello di aver accompagna­to Magnini in occasione di un controllo antidoping “privato”. Per l’accusa anche quella era una prova di tentato doping. In realtà l’obiettivo era solo quello di avere la certezza di non aver assunto integrator­i contaminat­i. Niente di più. Perché si rischia la squalifica.

«Sempre creduto nella trasparenz­a di Filippo. Questo scandalo stava per colpire uno dei più grandi atleti pesaresi di sempre»

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Paolo Barelli presidente Federnuoto
Filippo Magnini, 38 anni, e Michele Santucci (30) il giorno della sentenza di primo grado arrivata nel mese di novembre del 2018 Paolo Barelli presidente Federnuoto
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