Corriere dello Sport

Regole superate dai tempi

- Di Paolo de Laurentiis

Lo scontro tra Filippo Magnini e la Procura Antidoping ha vissuto in questi mesi momenti durissimi. Si è arrivati anche al duello rusticano tra il due volte campione del mondo e il procurator­e Laviani. Ma il punto non è questo e sarebbe troppo facile ridurre tutto a una sfida tra i due attori principali di questa vicenda. L’argomento vero invece è - o almeno dovrebbe essere - un altro: il sistema della giustizia sportiva mette l’atleta in una condizione di inferiorit­à. Laviani non ce l’aveva con Magnini: ha esercitato un potere stabilito dalle regole. Regole che in ambito sportivo limitano il diritto alla difesa rispetto alla giustizia ordinaria: io accusa posso sostenere che tu stia pensando di doparti e ti squalifico. Sta a te dimostrare il contrario. Questo perché - si dice lo sport ha bisogno di tempi rapidi. Ma i fatti raccontano una realtà diversa: l’ultima parola sulla vicenda Magnini è arrivata quasi due anni e mezzo dopo la prima. Un arco di tempo enorme che basta e avanza per demolire carriere. Magnini si era appena ritirato e ha subìto “solo” un considerev­ole danno di immagine, ma se fosse stato ancora in attività la sua carriera sarebbe finita e nessuno - due anni e mezzo dopo - gliel’avrebbe potuta restituire. Le regole vanno rispettate e in questa vicenda tutti lo hanno fatto. Anche l’accusa. Ma queste regole sostanzial­mente medievali, nel terzo millennio non vanno più bene. Perché lo sport è diventato un lavoro per tutti gli atleti di vertice e una carriera non può essere azzerata in un attimo.

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