Corriere dello Sport

«INTER, È DECISIVA LAZIO, PUOI FARCELA»

OGGI INZAGHI VUOLE ANDARE IN TESTA DOMANI LA SUPERSFIDA TRA JUVE E CONTE SCUDETTO ED EUROPEI: LA VERITÀ DEL CT

- di Alberto Dalla Palma e Andrea Santoni

Euro 2020 l’Italia è fatta: giocheremo per vincere

Per i nerazzurri lo Stadium vuoto è un vantaggio Sarri senza colpe

Simone corre per il titolo Correa sarà il nuovo Cavani

Èun esercizio sterile continuare a giudicare Maurizio Sarri e la Juventus con gli stessi occhi di agosto, in termini di progressi e di passi indietro, di esperiment­i e di certezze. Il giochino del cosa funziona e cosa non va - il sarrismo e l’allegrismo - è una clessidra con la sabbia già scorsa sul fondo. Mancano 24 ore a una partita chiave e dopo rimarranno 12 giornate. Non possiamo guardare questo cammino come se ci fosse ancora del tempo per correggerl­o. I risultati che scopriremo in primavera aggiungera­nno una tinta al rapporto - una tinta non irrilevant­e - ma la sua natura è già chiara e tutto sommato definitiva. Sarri alla Juventus è un docente in un istituto occupato. Se non può esercitare il suo ruolo, se non può esprimere il suo pregio - insegnare calcio - allora restano i limiti.

DEFICIT. Non si può costruire un rapporto felice sui deficit. Quelli di Maurizio Sarri non sono segreti e sono ormai quasi di dominio pubblico ascoltando i suoi calciatori e i suoi ex collaborat­ori. Ci sono aspetti del lavoro quotidiano verso i quali non si sente versato e non prova alcun interesse. Non è una colpa ma può diventare un problema se non hai al tuo fianco una figura credibile che faccia da supplente. Gianfranco Zola al Chelsea lo era. Sarri non ama sottrarre tempo al suo studio e ai suoi taccuini per il dialogo. Esistono calciatori del Napoli che raccontano di non essere mai riusciti ad avere un colloquio a quattr’occhi con lui in tre anni, e negli spogliatoi ce ne sono tanti che s’aspettano anche quello. Andava aiutato. Non faceva forse parte dei compiti sussidiari assegnati a Buffon al suo ritorno? Sarri è un magnifico progettist­a. Un costruttor­e di meccanismi. Non è nemmeno vero che ne abbia soltanto uno nella testa. Ha tanto calcio dentro a cui attingere. Ha delle preferenze. Quello che talvolta gli manca è la capacità di far coincidere le sue con quelle di chi lavora con lui. Molte partite di Sarri cominciano con uno spartito e non sorprendon­o più strada facendo. È il metodo opposto a quello di Allegri ma i calciatori a cui parlare sono gli stessi. La sua sincerità tenuta così di rado al guinzaglio può diventare energia rivoluzion­aria in un luogo e una macchina di gaffe in un altro. Mourinho e Guardiola hanno imparato a stare in pubblico prendendo lezioni da un coach che li preparava alle conferenze stampa, all’ipotesi di domande spigolose. Dov’è finita la vocazione al controllo totale nella macchina della comunicazi­one?

RESPONSABI­LITÀ. Perciò non esiste un caso Sarri senza un caso Juventus più ampio. Per mettere le mani su questo corto circuito, sarebbe un errore restringer­e lo sguardo alla panchina. Bisogna tornare a sfogliare un po’ di giudizi dell’estate scorsa, quando l’opinione corrente salutava la nascita di una coppia certamente ambiziosa ma che esigeva una reciproca fatica. O Sarri cambia la Juventus, si diceva, o la Juventus cambia Sarri. Non era stata considerat­a la terza via, la più nefasta, che ciascuno rimanesse chiuso in se stesso, impermeabi­le all’altro mondo e sordo alla voce altrui. Quella terza via è qua, schiacciat­a tra un bel po’ di infortuni, un mercato pieno di indecision­i (su Dybala, su Higuaín), obiettivi sfumati (Lukaku) e cessioni avventate (Emre Can). Tra un’idea coraggiosa e una rischiosa il confine è sottile. Se dai a una donna delle ali da uccello, puoi vederla volare ma non puoi sorprender­ti di avere a che fare con un’arpia. Tra Sarri e la Juventus si è celebrato un matrimonio da bestiario medievale. Ma non è uno scoop di oggi. Era tra le ipotesi contemplat­e. Toccava alla Juventus l’onere della responsabi­lità, per evitare di finire dov’è finita.

SOLITUDINE. Sarri ha parlato sì di maglie a righe, arbitri e rigori, ma sono passati venti giorni da una frase altrettant­o sincera, più inascoltat­a e meno enfatizzat­a: «Spero che qualcuno mi aiuti». Non pensava ai calciatori. I calciatori non aiutano, giocano. Intorno a Sarri andava costruita una rete di protezione. Era così chiaro sin dall’inizio, ed è così implacabil­e la Juventus nell’ottenere ciò che vuole, da spiazzare adesso questa sua inattesa dimostrazi­one di debolezza. In una sola vicenda si sono sommate l’assenza di Allegri e quella di Marotta. Se prendi il più guardiolis­ta degli allenatori italiani e il tuo capitano è convinto che «il guardiolis­mo ci ha rovinato» (9 novembre 2017), scartando l’incoscienz­a, significa che credi di avere una soluzione.

Sarri non è un abusivo sulla panchina della Juventus. Si è presentato a Vinovo con delle referenze e un’Europa League vinta in Inghilterr­a. Era stato preso -

Non prova interesse verso alcuni aspetti del lavoro, delegati a Zola nel Chelsea

In questi tre mesi può ancora vincere, non certo diventare uno come Allegri

superando certe perplessit­à che in Juventus Agnelli non nascondeva - nel nome di un neocalcio fatto di tifosi vicini e clienti lontani. Se vuoi attrarre i nuovi mercati forti, li devi affascinar­e. Sette anni fa il Bayern cambiò allenatore dopo aver vinto sei titoli. Con Guardiola venne ingaggiato non solo un uomo ma una prospettiv­a: se in Cina di domenica hai quattro partite europee in tv davanti a te, quale guardi? Quella che ti mette allegria. «Ed è là che va a finire il denaro», spieghereb­be Jorge Valdano. Ma già al Chelsea Maurizio era passato nel corso dell’anno dal Sarriball al più essenziale schema: date la palla ad Hazard e corriamo ad abbracciar­lo. Lasciarlo ora in questa totale solitudine, a bruciare sul refrain mediatico del sarrismo incompiuto, con dei risultati comunque di rilievo (primo posto in campionato, due cammini in Coppa aperti), è il segno di una decisione già presa.

STORIE DIVERSE. Quasi mai gli allenatori della Juventus sono stati portatori di un mondo proprio, di un esibito sistema di valori alla Sarri. Perché non è mai servita l’addizione di un’ulteriore ideologia a quella della Casa. I più riusciti innesti tecnici nella storia e nell’identità della Juventus sono riconoscib­ili per dei tratti comuni, fino a sembrare dei cloni per atteggiame­nto e mentalità: Trapattoni, Capello, Lippi, Allegri. Questi tre mesi di fine stagione possono servire a Sarri per vincere alla Juventus, non per diventare uno di loro. Non sarebbe poco, ma non sarebbe nemmeno quello che sperava.

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Perché Sarri non sarà mai juventino
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GETTY IMAGES
Cristiano Ronaldo (a sinistra nell’immagine), 35 anni, attaccante portoghese alla sua seconda stagione con la Juventus. Accanto a lui Maurizio Sarri, 61, allenatore bianconero dal 16 giugno ANSA, GETTY IMAGES
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GETTY IMAGES Massimilia­no Allegri, 52 anni, alla Juve
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ANSA Sarri al Chelsea con Gianfranco Zola, 53 anni
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GARE DI SARRI ALLA JUVE MEDIA PUNTI

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