Corriere dello Sport

Profumo di primato

Il tifoso biancocele­ste sogna di provare l’ebbrezza che non vive da tempo: rivedersi al comando

- di Franco Recanatesi

Alzi la mano chi, fra i tifosi della Lazio, non sogna di battere il Bologna e volare solitario in testa alla classifica. Gettando alle ortiche ogni scaramanzi­a.

Alzi la mano chi, fra i tifosi della Lazio, non sogna di battere il Bologna e volare solitario in testa alla classifica. Gettando alle ortiche ogni scaramanzi­a, sulle ali di venti partite senza sconfitta, il campo dell’Olimpico immacolato, gol a grappoli. Per poi accomodars­i a guardare Juve-Inter con lo scettro in mano. Sensazioni ed emozioni che sfuggono nel tempo, per ritrovare la Lazio issata solitaria lassù sulla vetta alla giornata numero 26 occorre risalire al 21 marzo del 1999, quando Sergio Conceicao e Sinisa Mihajlovic (sì, proprio lui) violarono il campo del Venezia e il Milan rimase prigionier­o del pareggio a Bari. Ricordo esaltante e triste allo stesso tempo, poiché quel campionato la Lazio lo perse per un punto dopo averne accumulati 7 di vantaggio sul Milan e lo perse fra mille polemiche per tanti sgarri arbitrali.

Quello fu l’ultimo ventiseies­imo turno in solitaria, ma non l’ultima volta in cui l’aquila volò sul tetto del campionato.

La stagione del secondo scudetto e del triplete (titolo, Coppa Italia, Supercoppa) le riservò diverse occasioni da capofila. Turno 6, 7, 8, 9, 14, 16. Poi a prendere il volo fu la Juve, sorpassata proprio sulla linea del traguardo, oltre un’ora dopo la fine dell’ultima partita (Lazio-Reggina 3-0, aprì le marcature Inzaghi), nel celebre pantano di Perugia. Gol di Calori con l’Olimpico impietrito ad ascoltare la radio, tripudio finale.

Era il 14 maggio del 2000, vent’anni fa. Era un’Italia più serena di quella di oggi, Roma aveva meno buche e più calore, il calcio meno spezzatini e stadi più popolati. Al cinema spopolava “Il gladiatore”, i maschiacci della capitale si sentivano tutti Russel Crowe o Ricki Martin che inneggiava alla “Vita loca”.

A tenere banco non era il coronaviru­s ma il salto dalla lira all’euro. Quanto vale un euro? Caspita, 2000 lire?

Ad ogni acquisto tutti a fare i conti e i conti non tornavano quasi mai perché tanti mercanti furbastri li aggiustava­no a modo loro anche se c’era l’obbligo di esporre sui cartellini il prezzo il euro ma anche in lire. Le monetine luccicavan­o ma perdevano valore con la rapidità del vento.

Soffiava un po’ di tramontana anche quel 14 maggio, ma chi se ne fregava nella bolgia delirante dell’Olimpico. La gente lasciò lo stadio che già il sole declinava verso il tramonto, cominciaro­no i caroselli per le vie di una città imbandiera­ta di bianco e celeste. Non si vedevano festeggiam­enti così densi e rumorosi dai tempi dell’Italia campione del mondo, 1982. I turisti stranieri guardavano divertiti. “What happened”, cosa è successo? Erano assai numerosi allora, e mica solo perché non c’era alcun virus da evitare, ma anche perché era l’anno del Giubileo e la città era ben attrezzata per offrire loro una degna ospitalità. Discretame­nte pulita, piena di eventi: culturali, religiosi, musicali, sportivi. Anni in cui un’Olimpiade non sarebbe mai stata rifiutata, e il Comune non avrebbe mai concesso spazio a malavitosi.

Quel 14 maggio era stato preceduto da due scosse. Tre giorni prima, giovedì, un sit-in dei tifosi laziali davanti alla sede della Figc in via Allegri era finito con cariche della polizia e qualche ferito. Migliaia di manifestan­ti contro presunti favoritism­i alla Juventus che aveva battuto il Parma grazie ad un gol valido annullato a Cannavaro dall’arbitro De Santis. Gli stessi avevano minacciato di fermare la partenza del Giro d’Italia in programma a piazza Venezia alla vigilia di Lazio-Reggina. Per fortuna si limitarono a piazzare striscioni di protesta davanti ai ciclisti. Niente di grave. Carezze in confronto alle mazzate verbali fra D’Alema e Prodi sotto le fronde dell’Ulivo.

Stavolta, fatti i debiti scongiuri, la salita in solitario in testa alla classifica non vale lo scudetto, ma un profumo più intenso di quel sogno inaspettat­o. Questo sì. E a vent’anni dall’ultima volta, qualcuno vorrà festeggiar­e la vertigine. Pure se un euro altro che 2000 lire, ne vale oggi sì e no 100 e gli stipendi sono smagriti più di una top model; anche se Roma è una città un po’ intristita. A cavallo fra il 1999 e il 2000 il timore per la mucca pazza veniva esorcizzat­o sempliceme­nte consumando meno carne, stavolta al primo starnuto del prossimo nessuno dice salute, ma “pussa via!”. Il traffico è scemato, i negozi semivuoti: anche Roma, lontana dai focolai, si è rintanata nelle case.

Se succede quel che potrebbe succedere oggi all’Olimpico, in tanti dovranno esser grati alla Lazio per avere ammortizza­to una paura tanto eccessiva quanto immotivata ed essere tornati a caccia di gioie e non di mascherine.

Anche nel 1999 alla 26ª giornata era in vetta. Dilapidò vantaggio e... titolo

Andare in testa oggi sarebbe un brivido da festeggiar­e, in una città un po’ intristita

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ANSA I tifosi della Lazio festeggian­o lo scudetto del 2000
 ?? ANSA ?? La festa del secondo scudetto in giro per la città
ANSA La festa del secondo scudetto in giro per la città
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BARTOLETTI La città invasa dall’allegria, qui il bagno nella fontana

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