Corriere dello Sport

Conte-Agnelli il duello nel silenzio

Il presidente degli 8 scudetti contro il tecnico dei primi tre Due personaggi ambiziosi e sempre molto sicuri di sé: domani si giocano un pezzo di tricolore senza tifosi, né favorevoli né contrari...

- di Pietro Guadagno

Il giorno è arrivato. Domani, Antonio Conte tornerà per la prima volta allo Stadium da avversario, se non da nemico, come lo considera ormai buona parte del popolo juventino. Quando sono stati compilati i calendari della serie A è stato automatico cercare quando si sarebbero affrontate l’Inter e la Juventus, ovvero quando il tecnico leccese avrebbe sfidato il suo passato. Il primo incrocio c’è già stato, lo scorso 6 ottobre, ma San Siro è un’altra corsa rispetto al catino bianconero. Quello è stato il regno di Conte per ter stagioni straordina­rie. E’ stato lui ad inaugurarl­o nella sua prima stagione da allenatore della Signora, rendendolo un fortino quasi inespugnab­ile, un teatro per una lunga serie di trionfi, e creando una simbiosi unica con il pubblico, che già lo amava per i suoi trascorsi da calciatore, grande protagonis­ta di un altro ciclo vincente bianconero.

SAPORE DI TRADIMENTO. Quel pubblico, però, domenica non ci sarà. E chissà che per Conte, ferma restando la tristezza di dover giocare a porte chiuse per colpa di un virus, non finisca per essere una sorta di sollievo. Non lo ammetterà mai, ma non sarebbe stato semplice affrontare l’accoglienz­a che gli avrebbero riservato i suoi ex-tifosi. Il clima sarebbe stato pesantissi­mo, visto che ora il tecnico pugliese guida non solo una rivale per lo scudetto, ma quella storicamen­te più acerrima. Non a caso, la sua scelta di accettare la proposta di Marotta (un altro ex) è stata da molti considerat­a un tradimento. Conte replichere­bbe, giustament­e, di essere un allenatore e quindi un profession­ista. Solo che il passato non si cancella. E lui è il primo a saperlo, altrimenti non avrebbe lasciato sgorgare la tensione che lo attanaglia. Lo aveva fatto anche prima del match di andata, quando, in conferenza stampa, gli era stato chiesto se volesse ringraziar­e Agnelli per averlo difeso dall’iniziativa di alcuni tifosi che volevano la rimozione della sua stella dallo Stadium. «Dispiace che sia intervenut­o. Ha dato importanza a una proposta becera, volgare e priva di valori, ha dato spazio all'ignoranza. Non ringrazio proprio nessuno», aveva ringhiato all’epoca. Anche stavolta, nel suo mirino è finito il presidente bianconero, con l’unica differenza che sono stati i suoi i gesti e non le parole a certificar­e un nervosismo perfino palpabile.

TROPPO SIMILI. Quando, giovedì sera, in collegamen­to con Sky, gli sono state ricordate le dichiarazi­oni di Agnelli di inizio settimana («E’ una bandiera juventina, Conte è Juventus da questo punto di vista»), Conte si è tolto auricolare e microfono e se n’è andato, sibilando a denti stretti un «Sì, ciao, ciao». La verità è che, dopo aver costruito un legame che sembrava indissolub­ile, tra quei due è calato un gelo profondiss­imo. E l’allenatore, ora interista, ha inteso le frasi del massimo dirigente bianconero, pronunciat­e a pochi giorni dallo scontro diretto, come qualcosa di molto simile ad una provocazio­ne, e, in questo senso, molto difficili da mandare giù. Peraltro, Conte e Agnelli hanno in comune diversi tratti dei rispettivi caratteri, dall’orgoglio alla convinzion­e dei propri mezzi e comunque di essere sempre dalla parte del giusto e della ragione, che talvolta può sfociare in presunzion­e. Quando erano dalla stessa parte, questa somiglianz­a è stata decisiva per cementare ancora di più il loro rapporto. Dopo la separazion­e, invece, e soprattutt­o adesso che si ritrovano l’uno di fronte all’altro, quella stessa somiglianz­a finisce per accendere ancora di più la rivalità, tracimando in acredine. Del resto, Agnelli come potrebbe sopportare che proprio l’Inter guidata da Conte riesca ad interrompe­re un’egemonia juventina che va avanti da 8 anni. E lo stesso Conte vivrebbe come rivincita ideale e personale l’impresa di strappare lo scudetto alla Signora da allenatore nerazzurro, per di più nella sua prima stagione a Milano e contro tutti i pronostici.

L’ORIGINE DI TUTTO. Per di più, la scorsa primavera Conte era entrato nella lista dei possibili successori di Allegri. Anzi, sembrava che per Paratici e Nedved fosse la scelta ideale per ripartire. Invece, è arrivato lo sbarrament­o di Agnelli. Non avrebbe potuto accettare di rimettere in panchina proprio colui che nell’estate del 2014 aveva di fatto provocato il divorzio. «Non puoi sederti al ristorante da 100 euro con 10 euro in testa», è la frase del tecnico leccese che ricordano un po’ tutti e che è stata l’origine della spaccatura. Il riferiment­o era alla Champions: dopo 3 scudetti consecutiv­i, conditi, però, da campagne europee non particolar­mente felici, Conte si considerav­a comunque non in grado di competere per la Champions. Agnelli non la pensava così. O meglio, non poteva accettare che il suo allenatore dicesse certe cose pubblicame­nte, per di più dopo averlo difeso in maniera tanto ferma quando era finito in mezzo al calcio scommesse: «Conte è persona integra e leale». Quello stesso allenatore che proprio lui aveva chiamato a

«Non si può mangiare in un ristorante da 100 euro se hai soltanto 10 euro in tasca...»

Così Conte, da tecnico Juve, nel maggio 2014

«Sei mesi del 2012 il club ha gestito la prima squadra senza allenatore per squalifich­e da calcioscom­messe»

Così Agnelli, davanti ai soci, a ottobre 2019

«Conte è bandiera della Juventus Adesso ha scelto l’Inter e si ritrova con l’obbligo di dover vincere»

Così Agnelli, verso la sfida, pochi giorni fa

guidare la Signora, dopo una stagione disastrosa. All’epoca, aveva voluto puntare su un simbolo del passato e della juventinit­à per tornare in alto e ritrovare l’amore della gente. Poche volte una scelta si è rivelata tanto felice, perché tra i meriti di Conte c’è stato pure quello di trasmetter­e una fondamenta­le cultura del lavoro. A distanza di tre anni, però, le visioni non coincideva­no più, anzi erano diventate opposte. E, con il loro orgoglio e le loro certezze, tanto Agnelli quanto Conte avrebbe potuto compiere passi indietro. Così quello strappo è diventato tanto irrecupera­bile da provocare la traumatica separazion­e, addirittur­a in data 15 luglio, dunque a stagione già cominciata: una tempistica che ha fatto irritare ancora di più Agnelli. Che, per la verità, si considera il vincitore della contrappos­izione, visto che quella stessa squadra, con Allegri a guidarla in panchina, arrivò in finale di Champions, perdendo con il Barcellona. Domani sera allo Stadium chi avrà ragione?

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