Conte-Agnelli il duello nel silenzio
Il presidente degli 8 scudetti contro il tecnico dei primi tre Due personaggi ambiziosi e sempre molto sicuri di sé: domani si giocano un pezzo di tricolore senza tifosi, né favorevoli né contrari...
Il giorno è arrivato. Domani, Antonio Conte tornerà per la prima volta allo Stadium da avversario, se non da nemico, come lo considera ormai buona parte del popolo juventino. Quando sono stati compilati i calendari della serie A è stato automatico cercare quando si sarebbero affrontate l’Inter e la Juventus, ovvero quando il tecnico leccese avrebbe sfidato il suo passato. Il primo incrocio c’è già stato, lo scorso 6 ottobre, ma San Siro è un’altra corsa rispetto al catino bianconero. Quello è stato il regno di Conte per ter stagioni straordinarie. E’ stato lui ad inaugurarlo nella sua prima stagione da allenatore della Signora, rendendolo un fortino quasi inespugnabile, un teatro per una lunga serie di trionfi, e creando una simbiosi unica con il pubblico, che già lo amava per i suoi trascorsi da calciatore, grande protagonista di un altro ciclo vincente bianconero.
SAPORE DI TRADIMENTO. Quel pubblico, però, domenica non ci sarà. E chissà che per Conte, ferma restando la tristezza di dover giocare a porte chiuse per colpa di un virus, non finisca per essere una sorta di sollievo. Non lo ammetterà mai, ma non sarebbe stato semplice affrontare l’accoglienza che gli avrebbero riservato i suoi ex-tifosi. Il clima sarebbe stato pesantissimo, visto che ora il tecnico pugliese guida non solo una rivale per lo scudetto, ma quella storicamente più acerrima. Non a caso, la sua scelta di accettare la proposta di Marotta (un altro ex) è stata da molti considerata un tradimento. Conte replicherebbe, giustamente, di essere un allenatore e quindi un professionista. Solo che il passato non si cancella. E lui è il primo a saperlo, altrimenti non avrebbe lasciato sgorgare la tensione che lo attanaglia. Lo aveva fatto anche prima del match di andata, quando, in conferenza stampa, gli era stato chiesto se volesse ringraziare Agnelli per averlo difeso dall’iniziativa di alcuni tifosi che volevano la rimozione della sua stella dallo Stadium. «Dispiace che sia intervenuto. Ha dato importanza a una proposta becera, volgare e priva di valori, ha dato spazio all'ignoranza. Non ringrazio proprio nessuno», aveva ringhiato all’epoca. Anche stavolta, nel suo mirino è finito il presidente bianconero, con l’unica differenza che sono stati i suoi i gesti e non le parole a certificare un nervosismo perfino palpabile.
TROPPO SIMILI. Quando, giovedì sera, in collegamento con Sky, gli sono state ricordate le dichiarazioni di Agnelli di inizio settimana («E’ una bandiera juventina, Conte è Juventus da questo punto di vista»), Conte si è tolto auricolare e microfono e se n’è andato, sibilando a denti stretti un «Sì, ciao, ciao». La verità è che, dopo aver costruito un legame che sembrava indissolubile, tra quei due è calato un gelo profondissimo. E l’allenatore, ora interista, ha inteso le frasi del massimo dirigente bianconero, pronunciate a pochi giorni dallo scontro diretto, come qualcosa di molto simile ad una provocazione, e, in questo senso, molto difficili da mandare giù. Peraltro, Conte e Agnelli hanno in comune diversi tratti dei rispettivi caratteri, dall’orgoglio alla convinzione dei propri mezzi e comunque di essere sempre dalla parte del giusto e della ragione, che talvolta può sfociare in presunzione. Quando erano dalla stessa parte, questa somiglianza è stata decisiva per cementare ancora di più il loro rapporto. Dopo la separazione, invece, e soprattutto adesso che si ritrovano l’uno di fronte all’altro, quella stessa somiglianza finisce per accendere ancora di più la rivalità, tracimando in acredine. Del resto, Agnelli come potrebbe sopportare che proprio l’Inter guidata da Conte riesca ad interrompere un’egemonia juventina che va avanti da 8 anni. E lo stesso Conte vivrebbe come rivincita ideale e personale l’impresa di strappare lo scudetto alla Signora da allenatore nerazzurro, per di più nella sua prima stagione a Milano e contro tutti i pronostici.
L’ORIGINE DI TUTTO. Per di più, la scorsa primavera Conte era entrato nella lista dei possibili successori di Allegri. Anzi, sembrava che per Paratici e Nedved fosse la scelta ideale per ripartire. Invece, è arrivato lo sbarramento di Agnelli. Non avrebbe potuto accettare di rimettere in panchina proprio colui che nell’estate del 2014 aveva di fatto provocato il divorzio. «Non puoi sederti al ristorante da 100 euro con 10 euro in testa», è la frase del tecnico leccese che ricordano un po’ tutti e che è stata l’origine della spaccatura. Il riferimento era alla Champions: dopo 3 scudetti consecutivi, conditi, però, da campagne europee non particolarmente felici, Conte si considerava comunque non in grado di competere per la Champions. Agnelli non la pensava così. O meglio, non poteva accettare che il suo allenatore dicesse certe cose pubblicamente, per di più dopo averlo difeso in maniera tanto ferma quando era finito in mezzo al calcio scommesse: «Conte è persona integra e leale». Quello stesso allenatore che proprio lui aveva chiamato a
«Non si può mangiare in un ristorante da 100 euro se hai soltanto 10 euro in tasca...»
Così Conte, da tecnico Juve, nel maggio 2014
«Sei mesi del 2012 il club ha gestito la prima squadra senza allenatore per squalifiche da calcioscommesse»
Così Agnelli, davanti ai soci, a ottobre 2019
«Conte è bandiera della Juventus Adesso ha scelto l’Inter e si ritrova con l’obbligo di dover vincere»
Così Agnelli, verso la sfida, pochi giorni fa
guidare la Signora, dopo una stagione disastrosa. All’epoca, aveva voluto puntare su un simbolo del passato e della juventinità per tornare in alto e ritrovare l’amore della gente. Poche volte una scelta si è rivelata tanto felice, perché tra i meriti di Conte c’è stato pure quello di trasmettere una fondamentale cultura del lavoro. A distanza di tre anni, però, le visioni non coincidevano più, anzi erano diventate opposte. E, con il loro orgoglio e le loro certezze, tanto Agnelli quanto Conte avrebbe potuto compiere passi indietro. Così quello strappo è diventato tanto irrecuperabile da provocare la traumatica separazione, addirittura in data 15 luglio, dunque a stagione già cominciata: una tempistica che ha fatto irritare ancora di più Agnelli. Che, per la verità, si considera il vincitore della contrapposizione, visto che quella stessa squadra, con Allegri a guidarla in panchina, arrivò in finale di Champions, perdendo con il Barcellona. Domani sera allo Stadium chi avrà ragione?