Il ciclismo prigioniero nel deserto
Negli Emirati cresce la psicosi: in 500 bloccati negli alberghi
Per la prima volta la paura irrompe nel mezzo di una corsa e decide che due massaggiatori con la febbre bastano per isolare più di cinquecento persone e fermare uno sport in pieno svolgimento. Da giovedì sera il ciclismo è entrato in un mondo nuovo, quello che ha trasformato uno dei suoi inarrivabili punti di forza - nessuna distanza fra corridori, direttori sportivi, uomini e donne dello staff, giornalisti e molto spesso appassionati che lo seguono a bordo strada - in un peccato mortale. Vi frequentate, viaggiate insieme, vi spartite i panini, lanciate le borracce? In quarantena, da qui non si può uscire fino a nuovo ordine.
ISOLATI. La psicosi Coronavirus è arrivata fino agli Emirati Arabi. Sembra proprio che dobbiamo abituarci: noi italiani siamo considerati un pericolo pubblico. Succede all’improvviso, giovedì a fine giornata: nell’albergo che ospita le squadre che stanno correndo l’UAE Tour, il Crowne Royal Plaza Abu Dhabi Yas Island, di fianco al Ferrari World (anche quello è Italia), arrivano un’ambulanza e due auto della polizia addetta al rischio chimico e biologico. Quelli che scendono indossano tutti le mascherine. Entrano nella gigantesca hall e bloccano le uscite. Seguono attimi piuttosto concitati, inutile ricordare che nel ciclismo le irruzioni negli alberghi evocano un passato doloroso e mai dimenticato. Cominciano a circolare le prime voci: si parla di Covid-19, si temono positività. La notizia che nessuno si aspettava arriva in fretta: la corsa è sospesa, nessuno è autorizzato a lasciare il Paese. Anzi, per sicurezza non ci si può proprio allontanare dall’albergo. Ai responsabili delle squadre qualcuno spiega che nella notte saranno effettuati i tamponi per verificare eventuali positività al Coronavirus. Dopo il tempo necessario per avere gli esiti (dalle 9 alle 15 ore), i negativi al Covid-19 potranno ripartire. Gli altri dovranno sottoporsi a un periodo di quarantena di 14 giorni. Le stesse procedure, con qualche ritardo, vengono comunicate ai media e agli organizzatori, in un altro hotel. In serata si è saputo che due alberghi di Abu Dhabi - oltre al Crowne anche il Marriott - sono stati posti in «quarantena preventiva» e tutti gli ospiti vengono sottoposti a controlli.
ALLARME. Il provvedimento riguarda più di 500 persone, 200 italiani: l’UAE Tour infatti è organizzato da RCS corse, come la Milano-Sanremo e il Giro d’Italia. Corridori e altri uomini dei 20 team sono stati controllati nella notte, come annunciato, mentre giornalisti e organizzatori sono stati sottoposti ai tamponi nella giornata di ieri. Una giornata caratterizzata da una totale assenza di comunicazioni. Dopo il laconico comunicato che annullava la corsa per «positività confermate» di due membri italiani dello staff di un team straniero, che avrebbero fatto scattare l’allarme per la febbre e la tosse, ieri anche la «positività confermata» sembrava retrocessa a «sospetto».
Un’ulteriore conferma della psicosi generalizzata, in attesa di conoscere i risultati di tutti i test. Non sarebbe strano se il bilancio si aggravasse: come detto, nel ciclismo è normale condividere il viaggio, la fatica, le giornate. Non sarebbe difficile immaginare una corsa come una sorta di «focolaio itinerante». Ma siamo sicuri che un condizionale, o una paura, possano bastare? Nei giorni corsi, proprio negli Emirati, il direttore del Giro Mauro Vegni non aveva nascosto i suoi dubbi sul regolare svolgimento della Milano-Sanremo (21 marzo), se la situazione in Lombardia non dovesse chiarirsi. «Non voglio neanche pensare al Giro. Se saremo ancora in queste condizioni a maggio, non sarà il Giro d’Italia il nostro problema».
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